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L’Ortobene
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Autorizzazione del Tribunale
di Nuoro n. 35/2017 V.G.
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Direttore Responsabile:
Francesco Mariani
Il mondo in cui viviamo è contraddistinto dall’imperfezione, e così lo sono tutte le sue creature. Tutti gli esseri viventi e non viventi che lo ospitano sono limitati, sia dal punto di vista dello spazio che del tempo, e alla fine sono destinati alla morte e alla distruzione. La morte è inevitabile per noi, finché esisterà la vita esisterà anche la morte, sono le due facce opposte di una stessa moneta. Esistono tuttavia cose che però vanno ben oltre la morte, che non conoscono limiti: la memoria e i sentimenti. Per quante persone possano morire, finché esisterà anche un solo essere umano sulla terra, i ricordi delle persone e l’amore verso i propri cari resteranno sempre e mai smetteranno di esistere. I ricordi e i sentimenti difatti, anche se in svariate occasioni sono causa di dolore per noi, possono anche essere un appoggio fondamentale per andare avanti nei momenti più duri, uno stimolo per non arrendersi, un impulso per aiutare le persone e fare le cose meglio, un incitamento ad imparare dai nostri errori e da quelli dagli altri, ed un incentivo a non dimenticare le cose importanti. Sono ciò che rende il nostro mondo imperfetto perfetto. Più forte della morte è l’amore, bisogno primario per ogni essere umano, senza il quale ognuno sarebbe incompleto, incapace di crescere, maturare, e scoprire la sua vera natura.
L’amore è sempre stato presente sin dalle origini nella storia dell’uomo, il quale proprio come Eros tende verso questo costantemente. È una forza alla quale nessuno può sottrarsi.
«La presenza dell’amore presuppone uno stato di ordine, a differenza dell’odio, il quale provoca uno stato di caos; per far sì che all’interno della Terra si stabilisca un equilibrio però, le due forze devono coesistere, così facendo garantiscono la presenza di un inizio e di una fine per l’eternità».Empedocle afferma questo, ponendo in evidenza il fatto che per poter vivere bene c’èbisogno di un equilibrio tra le parti, tra le forze. Amore, grazie al ricordo, alla memoria continua a palpitare tra i vivi anche e soprattutto dopo la perdita delle persone che sono state significative per noi. Prima di raggiungere questo status l’individuo ha bisogno di tempo per metabolizzare l’accaduto e per iniziare ad abituarsi a questa mancanza, la quale sembra appartenere al presente, invece ha il sapore dell’eternità. Nella Bibbia si riconosce la morte come colei che tutto divora, che vince anche la vita, ma che trova nell’amore un nemico capace di resisterle, fino a sconfiggerla. L’amore è un sentimento così forte e puro che nulla può batterlo, nemmeno la morte.
Nel Carme 96 di Catullo non può passare inosservata la presenza di un legame tra amore e morte. Il poeta dedica il carme all’amico Calvo, che aveva perso da poco la moglie Quintilia, spiegandogli come, nonostante “i sepolcri” non possano parlare, forse possono giungergli le nostre parole. Catullo sceglie di rivolgersi all’amico e alla moglie con la poesia, che lui definisce come un’entità positiva scaturita dal dolore, e che non è solo sofferenza, ma anzi, è simbolo dell’affetto per la defunta, che non è andato via con lei, ma perdura. Dal punto di vista lessicale, amor significa “amore, affetto, desiderio”, mentre mors viene tradotto come “morte, cadavere, uccisore, assassino”: sembrerebbero due parole aliene l’una dall’altra, ma se si presta maggiore attenzione, si può trovare ciò che le accomuna. Infatti, secondo alcune interpretazioni, amore potrebbe derivare da a – mors, assumendo così il significato di “lontano dalla morte, senza morte”. Questa teoria, perciò, sembra quasi rimarcare il fatto che l’amore sia un sentimento così profondo e immenso da non essere soggetto alla morte e alla conseguente corruzione: l’amore vince e sconfigge la morte. Nel carme suddetto Catullo rincuora l’amico Calvo, assicurandogli che il suo amore per la moglie era assolutamente corrisposto e ricambiato con pari intensità: infatti afferma che sicuramente in Quintilia era e sarebbe sempre prevalso l’amore e l’affetto nei suoi confronti sul dolore arrecatole dalla morte prematura: Quintilia soffre per la perdita ma non tanto quanto gioisce dell’amore che riceve. In questo modo l’epigramma commovente di Catullo assume una valenza estremamente contemporanea e sempre efficace.
Nel carme il poeta afferma che le tombe, dunque i defunti – poiché usa una metonimia – non parlano. Si tratta di una differenza importante con i vivi, infatti questi ultimi non sono muti, ma anzi, sentono il bisogno di rivolgersi a coloro che non ci sono più. Ed anche la poesia può andare oltre la morte, può superare quella barriera e unire le persone. Catullo rappresenta perfettamente questo concetto nel Carme 101, dedicato al fratello morto. La tomba è un mezzo per ricordare chi non c’è più ma continua a vivere nel cuore di chi lo ha amato.
Ugo Foscolo nel componimento In morte del fratello Giovanni si rivolge al fratello e cerca di mantenere il legame che avevano in vita, di ritornare alla complicità ormai perduta. Emerge il senso di tristezza del poeta e la visione della morte come possibilità di riavvicinarsi al fratello, come una sensazione di quiete. Ancora una volta la grande lezione degli antichi diventa per noi motivo di riflessione ma anche di conforto per la nostra vita.
A cura degli alunni della classe III C del Liceo Classico “G. Asproni” di Nuoro: Sofia Cabitza, Chiara Concu, Lucianna Delogu, Maria Grazia Rita Goddi, Mariantonietta Lai, Beatrice Loi, Lucia Tola, Yuliana Usai.
Coordinamento didattico: Venturella Frogheri