Insegnamento, a proposito di maestro e allievo
di V A Liceo Classico
Marco Fabio Quintiliano
8' di lettura
29 Maggio 2022

“Come scrittore e poeta io suppongo sempre avanti a me un pubblico di fanciulli e fanciulle, e questa immaginata corona di uditori innocenti dà a ciò che dico quella verecondia che non è virtù del mio animo, sì necessità del mio compito, gli dà non sol qual persuasiva dolcezza”. Così scrive Giovanni Pascoli nel suo discorso Ai maestri elementari, nel quale questa attenzione verso i bambini, che da sempre si cimentano nello studio delle sue poesie, ci colpisce positivamente.

Infatti prima dell’‘800 i bambini sono stati spesso dimenticati dalla letteratura, anche se nel mondo latino troviamo l’importante figura di Quintiliano (nato tra il 30 e il 40 d.C), la cui opera più importante, l’Institutio oratoria, avendo come fine la formazione del perfetto oratore, ( vir bonus dicendi peritus, cioè un uomo retto ed onesto esperto nell’arte del parlare) non può che avere al centro il tema dell’educazione a partire dalla prima infanzia. Saper parlare bene, saper pensare bene, possedere qualità morali, sentire il senso della missione di uomo e cittadino: queste le finalità e gli obiettivi della missione del maestro per i suoi allievi. L’autore mostra nei suoi scritti delle posizioni che potremmo definire quasi illuministe, basti pensare ad esempio al fatto che si dice contrario alle punizioni corporali, che ledono la dignità di qualsiasi essere umano a prescindere dall’età, e ciò molto prima della pubblicazione del trattato Dei delitti e delle pene ad opera di Cesare Beccaria pubblicato nel 1764. Egli afferma: «Nessuno deve poter troppo nei confronti di un’età ancora insicura ed esposta alle offese». Poi delinea come il maestro (termine che deriva dal latino magister, da magis, più, col significato di superiore), non debba essere visto come una figura oppressiva e dispotica ma al pari di un padre, in grado di bilanciare benevolenza e autorità. Se educare deriva dal latino educere, ossia “ trarre fuori”, il maestro è colui che è in grado di far emergere le più alte potenzialità, il meglio dal proprio allievo, esaltandone le attitudini e guidandolo nel suo percorso di crescita, scacciando gli errori puerili senza opprimere l’entusiasmo dei ragazzi. I bambini sono come delle tabulae rasae, assorbono e recepiscono tutto ciò che vedono o sentono. Per questo non è certo semplice educare un fanciullo, ancora meno se il soggetto in questione non può vantare di avere dei modelli di riferimento da seguire (padre o precettore) durante il suo percorso di crescita e formazione. La stessa parola insegnante, d’altra parte, deriva dal latino e ci trasmette pienamente il modo classico di pensare l’educazione: essa risulta composta da in + signare e letteralmente significa quindi segnare dentro, ossia lasciare il segno in colui al quale vengono trasmessi determinati precetti. Un buon insegnante deve essere dotato di μετριότης, equilibrio e misura, con la capacità di lasciare un’impronta indelebile nell’animo del discepolo. Inoltre, molto prima che gli studi psicoanalitici e pedagogici lo confermassero, Quintiliano aveva intuito l’importanza delle pause e del gioco, che non toglie tempo all’apprendimento e anzi, in molti casi lo facilita. E a questo proposito scrive che «lo studio si basa sul desiderio di imparare, che non può essere fatto oggetto di costrizioni».

Se Quintiliano rappresenta nel mondo latino forse il più significativo esponente della pedagogia, nel mondo greco spicca la posizione di Plutarco che afferma simili importanti posizioni in ambito educativo specialmente nel testo De liberis educandis, incluso poi da Massimo Planude nei Moralia, nonostante gli ultimi critici pongano in dubbio la paternità dell’opera. Essa è comunque particolarmente interessante per comprendere al meglio concetti chiave propri della paideia del mondo greco. I destinatari dell’opera sono i padri e vengono dati importanti precetti in merito a infanzia, età scolare e alle tappe successive; l’obiettivo finale dell’educazione viene inoltre individuato nella ricerca filosofica. È particolarmente pregnante il suo pensiero di assoluta modernità e di forte efficacia quale emerge nella frase seguente: «Prima di ogni altra cosa è indispensabile che i padri, comportandosi in modo irreprensibile e adempiendo a tutti i loro doveri, si offrano ai figli come un luminoso esempio, perché guardando alla loro vita come in uno specchio essi rinuncino ad agire e parlare in modo vergognoso. Quei genitori che rimproverano ai figli le medesime colpe in cui cadono anche loro, finiscono inconsapevolmente per accusare sé stessi sotto il nome dei figli… Dove i vecchi sono impudenti, è inevitabile che anche i giovani siano privi di ogni ritegno».

Per una corretta educazione dei figli si devono dunque impiegare tutti i mezzi opportuni, prendendo a modello Euridice che, pur essendo illirica e tre volte barbara, si mise a studiare in età avanzata per seguire i figli nello studio. Altre espressioni, divenute oltremodo proverbiali, che vale la pena citare, presentate in quest’opera, sono le seguenti: «I giovani non sono vasi da riempire ma fiaccole da accendere», «Occorre un’educazione seria e un’istruzione corretta. La mente non ha bisogno, come un vaso, di essere riempita, ma di una scintilla, che la accenda, che vi infonda l’impulso alla ricerca e il desiderio della verità. Bisogna assegnare un ruolo preminente alla filosofia».
Le conoscenze che vengono trasmesse non devono consistere nel proporre sterili concetti ma, al contrario, l’educazione deve essere un lento processo di graduale apprendimento che sia soprattutto capace di stimolare alla ricerca.

Che cosa ci resta in un 2022 in crisi di questi insegnamenti? Che cosa diventa per noi l’arte retorica? E l’educazione? Si tratta di un tema ancora oggi molto dibattuto, in un’epoca in cui le scuole soffrono sempre più del fenomeno dell’abbandono scolastico e gli studenti soffrono della frequente disumanizzazione della scuola quando essa si allontana da quei valori di civitas e humanitas che ne sono la matrice più profonda.

Possiamo suggerire alcuni spunti di riflessione. Intanto siamo convinti che la formazione è l’unica arma a nostra disposizione in un sistema che sfrutta i mass media per la diffusione di informazioni, spesso date per vere senza alcun fondamento. La capacità di danzare nel turbinio di notizie dateci senza mai perdersi, discernendo correttamente ciò che davvero ha un valore e riflettendo con autonomia in una società sempre più anonima e omologata.
Impariamo dai grandi retori antichi ciò che significa il vero sapere: non solo l’abbondanza enciclopedica, ma soprattutto la capacità applicativa di ciò che si conosce.

È questa una riflessione molto moderna; infatti con l’avvento dei social network, i giovani che non si sanno muovere a dovere all’interno delle piattaforme digitali proposte, rischiano di farsi condizionare dai “modelli ideali” di vita delle altre persone, che in realtà mostrano solo ciò che intendono mostrare e sicuramente non a molti piace condividere anche l’altra faccia della realtà. Possedere un’adeguata preparazione fa sì che si abbiano le armi per difenderci ad esempio dalle così dette fake news e per essere in grado di sviluppare un giudizio personale, senza rischiare di essere omologati al pensiero che ci viene imposto. L’educazione, sosteneva Plutarco, è l’unico bene appartenente all’uomo che può essere definito incorruttibile e divino, legato alla saggezza e alla cultura, a differenza della bellezza, della gloria o della salute, che sono beni instabili e precari, soggetti al deterioramento.

È per questo motivo che fin dalla giovane età i fanciulli dovrebbero pensare a curare la propria educazione in maniera efficace, piuttosto che preoccuparsi della propria apparenza e del proprio status sociale. E naturalmente questo chiama in causa il ruolo e la responsabilità dei maestri e la loro capacità di favorire processi autentici di istruzione e soprattutto di formazione per la vita.


Gli autori
A cura degli alunni della classe V A del Liceo Classico “G. Asproni” di Nuoro: Alessandro Canu, Giovanna Corraine, Eleonora Costa, Giovanni Curreli, Pietro Falconi, Rachele Farris, Marta Ghisu, Chiara Mazzette, Francesca Melis, Giovanna Maria Piga, Paolo Piredda, Margherita Pisanu, Francesco Podda, Eleonora Pullano, Amedeo Sale, Roberta Soro, Benedetta Spanu, Claudia Tuveri.
Coordinamento didattico: Venturella Frogheri

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