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L’Ortobene
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Autorizzazione del Tribunale
di Nuoro n. 35/2017 V.G.
CRON. 107/2017 del 27/01/2017
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Direttore Responsabile:
Francesco Mariani
Proponiamo all’attenzione dei lettori alcuni brevi profili di personaggi mitici greci, protagonisti del grande teatro tragico, le cui vicende suggeriscono spunti di universale attualità: un invito a leggere ancora una volta i classici alla luce della loro perenne modernità.
Aiace è un personaggio che colpisce profondamente per la sua complessità tragica e la sua vulnerabilità umana. La sua vicenda di valoroso guerriero, secondo solo ad Achille, che cade nella follia e nell’autodistruzione, riflette potentemente le fragilità della natura umana. La disperazione di Aiace, derivata dall’ingiustizia percepita per non aver ricevuto l’armatura di Achille, evidenzia il delicato equilibrio tra onore e disperazione. La sua lotta interiore e la conseguente caduta sono emblematiche della tragedia greca, dove il conflitto tra aspettative sociali e sentimenti personali porta inevitabilmente alla rovina. La sua scelta finale di suicidarsi, vista come un atto di estremo onore secondo il suo codice, mostra una forma di eroismo distorta ma comprensibile, rivelando quanto possano essere distruttivi l’orgoglio e l’incapacità di adattarsi ai cambiamenti. Aiace, nel suo dolore e nella sua solitudine, incarna l’essenza della tragedia umana: l’impossibilità di sfuggire ai propri demoni interiori e al destino. La sua storia spinge a riflettere sull’importanza di affrontare le proprie vulnerabilità e sulla necessità di adattarsi, trovando forza anche nei momenti più difficili.
Pietro della Vecchia, Aiace (1625-1678), Musée des Beaux-Arts Bordeaux
Antigone: sorella amorevole, da sola ha contrastato il grande Creonte per amore del fratello Polinice, considerato traditore della patria, a cui il tiranno aveva proibito degna sepoltura. Appellandosi alle leggi non scritte degli dei incarna i valori della famiglia, che per lei significa tutto. Personaggio molto complesso e affascinante, vero simbolo di lotta e ribellione, è estremamente coraggiosa per essersi contrapposta al Re in nome dei suoi convincimenti, nonostante la sua posizione nettamente inferiore e il suo essere donna. Questo coraggio è sia fisico che morale perché è disposta a morire per questo, per aver tenuto in alto i suoi valori e le sue credenze, ribellandosi quando le regole non sono giuste. È un bel personaggio perché la sua complessità offre un carattere completamente umano nel quale il lettore e l’ascoltatore si può immedesimare.
Frederic Leighton, Antigone (1882), collezione provata
Deianira. È per causa sua che l’opera di cui è protagonista, Trachinie di Sofocle, si traduce perfettamente in tragedia, sia per la sua ingenuità, ma anche per la condizione in cui si trova: infatti non è la prima volta che suo marito Eracle torna a casa con una nuova donna, facendo quindi intuire facilmente il poco rispetto e attenzione che riserva a sua moglie. È qui che Deianira cerca di risolvere il problema e di mettersi in gioco per la prima volta, infatti vuole dare a suo marito una pozione speciale che dovrebbe farlo innamorare di lei; questo non avviene e purtroppo Eracle appena la beve muore soffrendo. Il particolare di questa tragedia è che viene messa in luce la debolezza di una donna che per anni ha dovuto subire torti e umiliazioni, non ha potuto mai prendere particolari decisioni e appena ci prova finisce per uccidere gli altri e se stessa.
Evelyn De Morgan, Deianira (1878 ca), collezione privata
Eracle. Un semidio colpito dall’ira di Era, rappresenta la vittima dei capricci divini. Dopo aver ucciso i figli e la moglie a causa del sortilegio di Iris e Lissa, inviate dalla dea, egli cade nell’afflizione, meditando il suicidio. Nonostante la consapevolezza dell’atto compiuto l’eroe trova la forza di affrontare la vita e le prove che troverà lungo il suo cammino. Eracle è il simbolo della forza morale e trasmette un bellissimo messaggio: l’uomo non deve mai cadere preda della tristezza e deve affrontare con coraggio le avversità della vita. Eracle infatti dimostra grande forza di volontà, una qualità grazie alla quale l’uomo riesce a perseguire i suoi obiettivi superando i propri limiti.
Francisco de Zurbarán, Eracle lotta con il leone di Nemea (1634), Museo del Prado, Madrid
Filottete è una figura della mitologia greca, noto soprattutto per il suo ruolo nell’assedio di Troia e per il suo arco, dono di Eracle. La sua tragedia inizia con un morso di serpente che lo lascia in preda a dolori insopportabili e con una ferita fetida, costringendo i suoi compagni ad abbandonarlo su un’isola deserta. La solitudine e il tradimento subito rendono Filottete un personaggio profondamente umano, il cui dolore fisico si intreccia con quello emotivo. Il personaggio tragico suscita una profonda empatia verso chi è lasciato ai margini, verso chi soffre ingiustamente e riesce a farsi forza nella disperazione, incarnando la capacità di sopravvivere nonostante l’abbandono e l’ingiustizia. La sua eventuale reintegrazione nell’esercito greco, grazie all’intervento di Neottolemo, simboleggia il potere del perdono e della redenzione. Questa storia rammenta che la sofferenza può essere trasformata in forza, e che anche nei momenti di maggiore solitudine, aiuto e comprensione possono arrivare dal personaggio a noi più estraneo e sconosciuto.
Vincenzo Baldacci, Filottete (1807), Pinacoteca Comunale, Cesena
Alcesti, nel teatro greco, incarna il tema dell’altruismo e del sacrificio estremo per l’altro. Il suo coinvolgimento è profondo perché rappresenta il culmine dell’amore coniugale e della dedizione: è disposta a sacrificare la propria vita per salvare quella del marito, Admeto. Questo atto di sacrificio mette in luce la complessità dei rapporti umani, mostrando come il vero amore e il rispetto possano spingere una persona a compiere gesti straordinari. Inoltre, la sua storia solleva importanti riflessioni su quanto siamo disposti a fare per coloro che amiamo e su come il nostro senso di identità si intreccia con il benessere dell’altro. Alcesti ci coinvolge perché ci costringe a confrontarci con le nostre capacità di sacrificio e devozione, stimolando una profonda introspezione.
Heinrich Friedrich Füger, Alcesti (1803-1805) Museo di Vienna
Medea: il suo animo così ambivalente, impetuoso, il suo agire così deciso dinnanzi al dolore sono incredibili e portano ad una grande curiosità di conoscerla più da vicino. Non si tratta di un’ammirazione per le sue scelte (tradita dal marito si vendica uccidendo i suoi figli), quanto piuttosto una disinteressata contemplazione del suo mondo interiore che appare straordinario nella sua varietà, nella sua complessità, nella sua labirintica grandezza. Non vedendola la si può solo immaginare: magari mora, di capelli e di carnagione, vestita dei colori più scuri che esprimano quanto la guerra che avviene dentro di sé sia nettamente separata dal mondo circostante illuminato dal sole. Suggerisce un tono di voce sicuro, forte, salda e scattante nei gesti. È come una forza della natura e non la si può non ammirare per la forza con la quale si immagini preme i piedi sulla terra. È un esempio di donna piena di carattere, di voce e pensiero, un personaggio finito a tutto tondo che ha segnato un grande marchio su tutta la storia della tragedia Greca.
Frederick Sandys, Medea (1866-68), Birmingham Museum and Art Gallery
Prometeo: è un personaggio universalmente pregnante, nel suo stesso nome risiede la sua caratteristica principale, significa infatti “colui che riflette prima”. Colpisce per il suo coraggio di andare contro le aspettative e contro le leggi imposte per qualcosa di più forte, cioè i principi morali. Ha deciso di andare contro il volere di Zeus donando il fuoco agli uomini, consapevole delle conseguenze, ha accettato e affrontato la punizione inflittagli da quest’ultimo e non è mai andato contro i suoi principi nonostante l’ira degli dei. È sempre un passo avanti agli altri, molte volte anche agli dei, e utilizza il suo ingegno per aiutare gli uomini. È quindi generoso ed empatico, antepone il bene degli altri, dei più deboli, al suo ed è coraggioso nello sfidare gli dei. Suscita ammirazione perché il coraggio e il difendere i propri valori sono un aspetto fondamentale che dovrebbe essere presente nell’animo di ogni essere umano.
Jan Cossiers, Prometeo ruba il fuoco (1637 ca), Museo del Prado, Madrid
Edipo. Nella tragedia omonima Edipo scopre inaspettatamente che le sue azioni, anche quelle più ordinarie, avevano avuto sugli altri un eco più grande di quanto si sarebbe aspettato. Lo strazio di veder sparire dalle proprie mani, da un giorno all’altro, ciò che si ha di più caro al mondo. Le certezze andate in frantumi e un solo senso di solitudine a riempire le proprie giornate. I sensi di colpa, la disperazione nel vedere tutto il proprio mondo crollare quando le verità più infide, nascoste persino al proprio io, vengono a galla. La difficoltà nell’accettare quella nuova vita che ti attende, ormai vuota, nella quale si è ormai rimasti soli e, rimuginando il passato e le proprie azioni, nella tormentata ricerca della causa scatenante delle proprie disgrazie, abbandonati al proprio sciagurato destino ci si domanda «perché, tra tutti gli uomini, è dovuto capitare proprio a me?».
Fulchran-Jean Harriet, Edipo a Colono (1798), Cleveland Museum of Art
Dioniso: «Dio dell’estasi, della follia e del vino, dell’ebbrezza e degli estremi, soave e crudele, gioioso e furente, divinità vagabonda e senza patria, che è ovunque senza appartenere a nessun luogo» (cit. dalla trasmissione “Cronache dal Mito”, Rai). Dioniso rappresenta la molteplicità, un vulcano di emozioni dalle forze inesauribili, una mente ricca di idee, elementi caratteristici che determinano il suo instancabile desiderio nel rincorrere le passioni e nell’affermare la sua figura, orgogliosa ed entusiasta. Arcaicamente era legato alla linfa vitale, che scorreva nei vegetali, in seguito identificato come dio dell’estasi, del vino e della liberazione dei sensi: uno spirito libero che viveva in una propria realtà smisurata, caricata dall’agitazione suggestiva del suo animo. I suoi mutamenti erano divini, umani e animali, maschili e femminili, connotazioni di una misticità trascendente, spesso percepibile in sfumature anche nella mente umana. Ecco cosa lascia: un’eredità confusa, errante e plurima, da esaminare e da intendere come un totale distacco dalla dimensione attuale.
Caravaggio, Bacco (1598 ca), Galleria degli Uffizi, Firenze
Elena. È una donna che ha sofferto tantissimo, ha fatto i suoi errori ma ha avuto il coraggio di ammettere i suoi sbagli, nonostante sia la cosa più difficile. Il suo carattere coraggioso, il suo essere forte, il suo voler essere tanto oltre che bella, possono costituire una grande fonte di ispirazione.
Evelyn De Morgan, Elena (1898), De Morgan Centre, Londra
A cura degli alunni della classe IV B del Liceo Classico “G. Asproni” di Nuoro:
Nicola Alpigiano, Francesca Capurso, Fabiola Carta, Stefano Deriu, Marta Dessena, Rosella Fronteddu, Giuseppe Obinu, Emanuele Pinna, Marisa Piras, Pasquina Salis, Komil Teresa Singh, Paola Vilia, Angelica Zanda
Coordinamento didattico: Venturella Frogheri