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L’Ortobene
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Direttore Responsabile:
Francesco Mariani
La parola “giustizia” fa riferimento ad un concetto fondamentale nella vita dei singoli e delle comunità, è legata infatti al pieno riconoscimento e al rispetto dei diritti secondo ragione e legge. Si tratta di un termine ancora una volta derivante dal latino, precisamente da ius che indica proprio il diritto e la ragione, ciò che attribuisce a ciascuno il suo. Nella forma avverbiale iuste significa propriamente “in modo giusto”, “equamente”, “secondo giustizia”. Attraverso lo studio della letteratura classica greca e latina possiamo comprendere come diversi autori esplicano questo importantissimo concetto spesso non attraverso teorie astratte ma mediante racconti che sono finalizzati ad avvincere il pubblico al quale si rivolgono, permettendo così che i lettori possano apprendere autenticamente il significato di tale virtù e in tal modo anche applicarlo nella propria vita quotidiana, nelle scelte e nei comportamenti. In questo breve contributo portiamo alla attenzione dei lettori degli esempi atti a comprendere come due autori, il latino Livio e il greco Senofonte, trattano il tema della giustizia: attraverso le loro figure eroiche costruiscono delle narrazioni che hanno anche e particolarmente un valore emblematico.
Nell’opera storica Ab urbe condita libri l’autore di età augustea Livio tratta della figura di Furio Camillo, uomo politico e condottiero. Definito «il secondo fondatore di Roma» egli ricopre diverse cariche civili al servizio dello Stato e con le sue imprese militari contribuisce ad accrescere il territorio di Roma. Furio Camillo incarna la giustizia come principio civico e pubblico, illustra la lealtà e il servizio alla comunità romana. La giustizia quindi riguarda il rapporto tra il singolo e la comunità, si esplica in una dimensione collettiva.
Lo storico greco Senofonte, ateniese (430-354 a. C. circa), in un famosissimo brano tratto dalla Ciropedia racconta una storia molto commovente, che ha come protagonisti Abradàta, re persiano, e sua moglie Pàntea, donna che si distingue per un profondissimo senso di pudicizia e per la sua virtù. Il re Abradata assicura al Grande Re, Ciro II, la sua amicizia e gli promette che sarà disposto a combattere per lui. Nel corso di un drammatico scontro con l’esercito degli Egiziani cadrà da eroe sul campo di battaglia. Disperata e convinta di dover essere fedele al marito per sempre Pantea decide di uccidersi. Attraverso il racconto di Abradata e Pantea Senofonte dimostra come la giustizia si manifesti nelle relazioni personali e nell’onore individuale, sottolinea quindi il concetto della virtù e l’integrità morale sia dell’uomo che sacrifica la sua vita per il sovrano, sia della donna che concepisce la sua esistenza nella fedeltà totale al marito.
Entrambi gli autori utilizzano le vite dei loro eroi per esplorare e trasmettere i valori fondamentali della loro cultura, offrendo modelli di comportamento virtuoso che trascendono il tempo e lo spazio. Così, i racconti di Livio e Senofonte, seppur diversi per focus e stile, mirano al fine di celebrare la giustizia come pilastro essenziale della vita sia pubblica che privata. È interessante notare come gli esempi sopra riportati richiamino una particolare idea di grandezza, propria come è evidente di veri e propri eroi che non temono di sacrificare la propria esistenza, le proprie esigenze personali, i propri interessi individuali per un ideale più grande che li anima e li fa ricordare per sempre.
A cura degli alunni della classe IV B del Liceo Classico “G. Asproni” di Nuoro
Nicola Alpigiano, Francesca Capurso, Fabiola Carta, Stefano Deriu, Marta Dessena, Rosella Fronteddu, Giuseppe Obinu, Emanuele Pinna, Marisa Piras, Pasquina Salis, Komil Teresa Singh, Paola Vilia, Angelica Zanda
Coordinamento didattico: Venturella Frogheri