Tra negotium e otium
Due concetti possono essere ritrovati anche nella vita contemporanea
di IV C Liceo Classico Nuoro
Henry Siddons Mowbray, Idle Hours (1895), Smithsonian American Art Museum, Washington
6' di lettura
28 Aprile 2024

Il negotium rappresentava per gli antichi Romani la vita pubblica in cui il cittadino si occupava solo delle attività dello Stato, compiendo il proprio dovere in quanto civis. Per molto tempo il negotium prevalse sull’otium e stava al centro della società romana, nella quale lo Stato veniva prima di qualunque altra cosa. Faceva riferimento alle varie attività, il lavoro, gli affari pubblici e gli impegni sociali, ed era considerato importante per la vita civica e politica. Con il tempo, l’aggravarsi della situazione politica e la presenza delle guerre portarono i cittadini a staccarsi sempre di più dalla vita pubblica, perdendone l’interesse. Inizia allora ad essere prediletto maggiormente l’otium, termine che può assumere diversi significati: si può intendere come “tempo libero”, “riposo”, con una connotazione positiva, o come “pace”, “calma”, “tranquillità”; ma può essere tradotto anche, assumendo un senso negativo, come “ozio”, come lo intendiamo oggi noi, “inattività”. L’otium era originariamente lo svago, il tempo libero, che i cittadini romani sfruttavano per dedicarsi alla vita privata. L’espressione ciceroniana referre se in otium vale ad indicare il “ritirarsi a vita privata”. Ed ancora Cicerone scrive: «in portum confugere deberet non inertiae neque desidiae, sed oti moderatii atque honesti» (rifugiarsi nel porto non dell’ozio né della pigrizia, ma del riposo ragionevole e dignitoso), che ha effetti benefici sulla vita dell’uomo. Pertanto, anche solo partendo da una semplice analisi del lemma, si deve riconoscere e ammettere la varietà e la pluralità di accezioni con cui esso può essere utilizzato. Gli antichi romani, soprattutto nell’età repubblicana, consideravano lecito l’otium soltanto se inteso come allontanamento temporaneo dal cosiddetto negotium, ovvero dall’attività pubblica. Durante questo breve periodo di pausa, il cittadino romano aveva la possibilità di dedicarsi allo studio e alla letteratura, senza mai dimenticarsi, però, del proprio dovere da assolvere nei confronti della res publica. Rappresentava un momento di equilibrio nella vita tra il lavoro (negotium) e il tempo libero. Per i Romani, dedicarsi all’otium significava prendersi cura di se stessi, coltivare interessi culturali, artistici e filosofici, e riflettere sulle questioni più profonde della vita. L’otium era considerato un momento di rigenerazione e di arricchimento personale, in cui si poteva sviluppare la propria mente, coltivare le proprie passioni ed entrare in contatto con la propria interiorità. Era anche un momento per socializzare con amici e familiari, per godere della bellezza della natura e per apprezzare le arti. Inoltre, l’otium era visto come un’opportunità per allontanarsi dalle preoccupazioni e dagli affanni della vita quotidiana, per ristabilire l’equilibrio interiore e per trovare ispirazione e creatività. È interessante notare che il corrispondente greco del termine è σχολή, dal quale deriva la nostra parola “scuola”, da intendersi dunque come luogo di formazione e di cura di sé. In questo senso l’otium era particolarmente valorizzato dalle élite romane come un momento prezioso per coltivare interessi culturali, partecipare a conversazioni filosofiche, praticare le arti e godere della bellezza della vita. È associato con la ricerca della sapienza, della conoscenza e del piacere intellettuale, essenziale per una vita equilibrata e piena, in contrasto con l’attività frenetica, il caos e le preoccupazioni quotidiane.

Durante l’età di Augusto, con lo sviluppo della poetica elegiaca, l’otium venne inteso da diversi poeti come l’etica del disimpegno: ciò li faceva entrare in conflitto con gli ideali del princeps, che promuoveva invece l’impegno nella politica, il negotium, gli ideali fondati sulla restaurazione dei valori del mos maiorum. Il poeta elegiaco vive invece all’insegna di alcuni principi, tra cui la celebrazione dell’amore ed il rifiuto dell’impegno.  Segue quindi uno stile di vita epicureo, secondo il principio del “λάθε βιώσας”, «vivi nascosto, senza preoccuparti della vita politica». L’otium elegiaco riguarda in particolare la riscoperta della campagna, non come luogo di lavoro ma come ideale cornice in cui trovare pax e amore, quest’ultimo tema centrale dell’elegia. La vita del poeta non poteva quindi essere turbata da passioni civili, politiche e militari, ma, anzi, doveva essere portata avanti rigorosamente in campagna secondo la paupertas, per immergersi nella natura, in una dimensione contemplativa, legata al piacere estetico, alla lettura, alla scrittura, entro un luogo tranquillo e sicuro, a differenza del mondo della città caratterizzato dalle sanguinose guerre di conquista. Il poeta Ovidio definisce con l’espressione otia nostra le sue poesie. 

Dunque l’otium assume il significato non solo di svago momentaneo e di riposo, ma rappresenta una vera e propria “fuga” dalla realtà: isolarsi da una situazione esterna che provoca turbamento e una certa inquietudine interna è un modo per staccarsi da quella realtà che potrebbe sopraffarci, soffocarci, se ci rimaniamo troppo immersi. La parola “ozio”, ai giorni nostri, ha acquisito un’accezione negativa, si parla di ozio, infatti, quando si fa riferimento a una situazione in cui la persona sceglie di non fare nulla di produttivo. Molti romani, anche allora, non vedevano di buon occhio tale scelta di vita, ritenendo che il negotium fosse una scelta più dignitosa, perché rappresentava un dovere che il cittadino aveva verso la sua patria. Ma lo stile di vita “ozioso” veniva molto apprezzato da scrittori e poeti, come, ad esempio, Seneca, che scrisse un’opera intitolata De otio, o Cicerone, che parlò di «otium cum dignitate»

Otium: tempo libero dalle occupazioni politiche e dagli affari pubblici. Negotium: tempo e attività dedicati alla politica, al commercio etc… Questi concetti possono essere ritrovati anche nella vita contemporanea. Tutti noi dividiamo le nostre giornate e le nostre vite proprio come gli antichi e per ognuno di noi ci sono delle priorità personali o sociali che possono essere identificate nell’otium e negotium del mondo latino.ù


A cura degli alunni della classe IV C:
Chiara Concu, Lucianna Delogu, Clara Ena, Maria Grazia Rita Goddi, Mariantonietta Lai, Beatrice Loi, Lucia Tola, Yuliana Usai
Coordinamento didattico: Venturella Frogheri

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