Biazos di Pier Gavino Sedda
Tra poesia e prosa il racconto di un secolo di migrazioni
di Natalino Piras
La copertina del volume
5' di lettura
30 Giugno 2024

Libro prevalentemente in limba sarda. Parallelo, interseco, specchio riflesso, è l’italiano. Poesia e prosa. Trascrizioni e riproduzioni anastatiche. Fotografie. Notevole la bibliografia. Un viaggio continuato nel tempo e nello spazio della sarditudine, quanto nella riproposta della memoria storica è capace ancora di destare emozione. 

La poesia è il filo che lega tutto, tutto sa, tutto comprende, tutto racconta.  

Biazos. Tra poesia e storia locale (Carlo Delfino editore), di Pier Gavino Sedda, sono 262 pagine che si succedono a ritmo serrato nel racconto storico di oltre un secolo di migrazioni e stanzialità, Gavoi, in Barbagia, come centro. «Semus modios dae una poesia», dice Pier Gavino, bibliotecario, scrittore, suonatore di pipiolu in infinite sortillas de tumbarinos, giramondo, organizzatore culturale, «e ch’amus ‘attu torrare cussos emigraos in d’una manera o in s’attera». Il riferimento è a un Convegno fatto a Gavoi il 19 settembre del 1987 quando Mariangela Sedda e Antonello Satta parlarono de «sos disterraos gavoesos in Argentina». Pier Gavino ha recuperato l’intervento di Antonello Satta pubblicato nella rivista “La Grotta della Vipera” nel 1988 e messo a confronto con la registrazione de su contu di Mariangela Sedda. Da qui allarga e qui torna. 

La poesia fa da contesto e istituisce metodo, nello specifico, una serie di ottave di Mitri Urru Deligia, emigrato in Argentina cantore di emigrati, grande poeta – segno identitario è un suo famoso verso: E su fodde lis servit de sonette, raccolta di poesie gavoesi, in un libro del 1986 a cura di Gristolu e dello stesso Pier Gavino, introduzione di Pasquale Maoddi – alvenillabradorpiccaperderisolterobacadivu. Qui tiu Mitri canta, in maniera tutt’altro che gentile, di tre sue sorelle che si sono fatte suore.  

Ricerca meticolosa, per biblioteche, archivi, registri portuali, quella operata da Pier Gavino, capace di descrivere l’afflato totale della poesia, le sue fissità e movimenti. «Biazavana finas sas poesias da una bidda a s’atera». Il tempo narrato procede lineare ma pure per recuperi e proiezioni in avanti, comparazioni e cerca di affinità nell’universo gavoese e fuori. Elencazioni e visionarietà. Tra sincronie e diacronie incontriamo nella folla di massaios e bacadivos in fila per emigrare, Franco Columbu di Ollolai che anni e anni dopo le prime ondate verso l’America del Sud ha fatto fortuna in America del Nord dove è diventato Mister Universo. E, figura carismatica, il missionario bittese don Diego Calvisi, sepolto a Oràn, venerato dai locali come un santo. Viene fuori nel narrato di questi Biazos l’espressione «die de gavoesos», per dire che in quel giorno sono stati registrati molti imbarchi di gente gavoesa. Alcuni partiti alle Americhe prima della grande guerra sono rientrati per combattere nelle trincee del Carso, per senso del dovere, per paura di essere perseguitati e bollati come disertori, perché svanito il sogno di trovare in Argentina pane menzus de tricu. Sono costanti che segnano anche il libro, finora inedito, di Battollianu, Salvatore Sanna, bittese che ha raccontato le ascese e le cadute dei suoi compaesani nelle due principali migrazioni in Argentina: ai primi del Novecento e nell’immediato secondo dopoguerra. 

In Biazos i linguaggi si mescolano ma tutti sono comprensibili. A ogni nome di persona corrisponde quasi sempre un soprannome. In totale, 126 sono sos gavoesos emigrados in Argentina. Una storia notevole intessuta di storie che sono tutte di un paese e di molti. Ci sono nella folla di questi viaggi sos remitanos di Oniferi che richiamano quelli di Bitti, il coro delle voci gavoesi, spesso più laico che religioso nonostante cantino in chiesa, è come quello bittese de sar voches son de Chelleddu e su inari a su probanu. Ricco il vocabolario delle cose da mangiare: paragulas de mandicarepane e mele (lo stesso titolo di un libro di racconti di Giulio Albergoni), su turrione, il pane che si dà ai vicini nel settimo o nono giorno della morte di un familiare come in s’imborvita a Bitti, su pan’ispéli diBaunei, sa pira benosa «chi si ne chistionat vinas in su Don Chisciottein cuffettu in abba ‘e achedu». Ci sono in Biazos l’equilibrio del bilinguismo e la significatività delle coincidenze. Sas carcheras de sos zillonarjos sono tappe in tutti i corsi d’acqua della Sardegna. Tiu Zurru, «su Dante gavoesu», autore di un memorabile S’Iferru, è, lo spiega Antonello Satta, in cuncordu con i poeti de su Connottu. Come dappertutto, a Gavoi, «sos cantadores de poesia non potian cantare» al tempo del fascismo.

A seguire racconti in forma di saggio e racconti come cronaca, il vino di Gigino, il carnevale di Gavoi che anticipa la Passione, lo annotava anche Bonaventura Licheri, le prefiche, sos attitos de carrasasecare che richiamano vidu mi l’ades su para ballende di padre Luca. E tanto altro. Per riprendere il viaggio. 

Condividi
Titolo del podcast in esecuzione
-:--
-:--