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L’Ortobene
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di Nuoro n. 35/2017 V.G.
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Direttore Responsabile:
Francesco Mariani
Franco Cagnetta (Bari 3 aprile 1926 – Roma 7 aprile 1999) meridionale, una stirpe di medici, antifascista sin da ragazzo. A 17 anni era stato arrestato, su segnalazione dell’Ovra, la polizia segreta di Mussolini, come sovversivo. Si laureò a vent’anni con una tesi su Karl Marx. Ricercatore, giornalista, scrittore, antropologo, insegnante universitario, sempre coerente con le sue idee. La Sardegna è per Franco Cagnetta un polo di attrazione, Orgosolo al centro. Indaga, nell’immediato secondo dopoguerra, sul banditismo come fenomeno storico e sociale. Nessuna romantica mistificazione. Nel corso delle sue venute in Sardegna, Franco Cagnetta, si accompagnerà specialmente con i ricercatori, antropologi e etnografi Ernesto De Martino e Diego Carpitella, con i fotografi Franco Pinna e Pablo Volta. Per la maniera di cogliere i segni ed esplicarli, saperli raccontare, Franco Cagnetta è fonte indispensabile per gli inviati speciali, quelli seri, che verranno in Barbagia durante il periodo del banditismo caldo, negli anni Sessanta del Novecento. Prima ancora dei giornalisti, diversa gente ha viaggiato in Sardegna, scrittori e poeti, avventurieri e cercatori dell’esotico, molti con gli occhi bendati a priori, pervasi di stereotipi, geografi e mappatori: da Balzac a D’Annunzio, passando per von Maltzan, Lamarmora, Valéry. Il numero dei viaggiatori cresce nel Novecento. Più che scendere in profondità, nel cuore di tenebra, molti hanno viaggiato la superficie e basta, in buona e malafede, «nipotini di padre Bresciani» li chiama Gramsci.
Punto nodale delle inchieste di Franco Cagnetta è il saggio pubblicato su Nuovi Argomenti, numero 4, settembre-ottobre 1953, autentico libro mastro. Questo il titolo: La Barbagia e due biografie di barbaricini. Vita di Samuele Stochino, brigante di Sardegna, raccontata da sua sorella Genesia. Vita di Costantino Zunnui, pastore di Fonni, scritta da lui medesimo. Sono 96 pagine. L’autore sa vedere e ascoltare, imprimere taglio di visione e dare voce. «La Barbagia, la estesa regione di montagne sui mille metri – al centro orientale della Sardegna – disposta a corona intorno al massiccio del Gennargentu, è il territorio più impervio e isolato di tutta Italia. Per chi si avventura nel suo territorio – giungendo da Macomer a Nuoro, con un trenino che ha locomotive del 1888 o da Cagliari a Sorgono con un trenino che ha locomotive del 1895 – uno spettacolo insospettato, strano e prepotente si presenta alla vista. Una enorme distesa di pietra erosa, brecciosa, si estende per tutto l’orizzonte, senza un solo albero, una sola abitazione, senza un solo segno di vita che sia vegetale, animale, umano, e non soltanto minerale». Il paesaggio si popolerà gradualmente di diversa gente connaturata al territorio. La geografia umana dà l’input alla narrazione, pure qualche lapsus, della storia della Sardegna, dai cartaginesi ai sabaudi, attraverso le dominazioni vandala e bizantina, le incursioni moresche, i Giudicati come sogno fallito di autonomia riverberato dopo la dominazione spagnola in era sabauda e età contemporanea, nell’Isola parte ultima dell’Italia repubblicana. Una feroce, continuata rapina di tutti i poteri succedutesi. E indiscriminata, altrettanto feroce repressione. Assedi. Militari in assetto di guerra invece che riforme. Come non continuare a diventare banditi?
Franco Cagnetta è acuto osservatore, compartecipe. Coglie il dettaglio nella vasta campitura. Dice delle donne di Orgosolo: «Hanno visi quasi sempre belli, scuri e delicati… Lo sguardo è cupo, intenso, ardente… Di statura alquanto più alta della media delle donne sarde, le orgolesi, hanno corpo slanciato, agile nel sedersi e nell’alzarsi da terra senza l’aiuto delle mani». In appendice alla cronaca da Orgosolo il mito di Stochino di Arzana, «la tigre dell’Ogliastra» che fu eroe durante la grande guerra del 15-18, e la vicenda del fonnese Costantino Zunnui, comunista quando era pericoloso esserlo, «pastore, antifascista, esule in Francia» scriviamo, prendendo da Cagnetta, in Pitzinnos Pastores Partigianos eravamo insieme sbandati.
Scrive Nicola Rubanu, orgolese, bibliotecario alla Satta, in un suo quaderno di appunti: «Cagnetta riproponeva tutta l’attualità della “Questione meridionale” evidenziando la sistematicità dell’azione repressiva e violenta dello Stato nell’area barbaricina e il tentativo di manipolazione ed espropriazione culturale da parte delle classi dominanti ai danni delle classi sfruttate».
Due i tipi di risposta seguiti alla pubblicazione dell’inchiesta, tradotta anche in francese, russo, tedesco, cinese. Dall’inchiesta di Franco Cagnetta venne fuori il film Banditi a Orgosolo (1961) di Vittorio De Seta, da questi sceneggiato insieme alla moglie Vera Gherarducci. Banditi a Orgosolo come libro verrà invece pubblicato in Italia solo nel 1975, dall’editore Guaraldi. Avverte la quarta di copertina: «Questo lavoro ha avuto finora vita assai difficile e travagliata e solo ora, dopo più di vent’anni dalla sua parziale comparsa sulla rivista Nuovi Argomenti, ne viene offerta al lettore italiano una versione integrale. Il 9 novembre 1954, all’uscita dell’inchiesta su Orgosolo, l’allora ministro dell’Interno Scelba denunciò all’autorità giudiziaria Franco Cagnetta con i direttori della rivista, Alberto Moravia e Alberto Carocci “per reato di vilipendio delle forze armate e pubblicazione di notizie atte a turbare l’ordine pubblico”». Era tempo di guerra fredda, feroce contrapposizione tra blocco occidentale, i paesi Nato, e l’Urss con le sue nazioni satellite.