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L’Ortobene
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Il miglior ritratto di Pasquale Riga, inviato speciale dell’Avanti, quotidiano del Partito Socialista Italiano, lo dà Giovanni Mundanu in un pezzo qui sull’Ortobene del 7 novembre 2023 a proposito di «maestri itineranti» che facevano opera di alfabetizzazione nelle campagne di Orune: «Mi piace ricordare l’inviato dell’Avanti, Pasquale Riga, che si stupì alquanto, e scrisse dell’abbandono da parte dello Stato di tutta la Sardegna e in particolare di quella nostra zona interna, dei gravi disagi e del miracolo di sopravvivenza delle nostre popolazioni, che riuscivano a strappare redditi persino da quelle inospitali pietraie». Correva il 1959, 65 anni fa, e Pasquale Riga scrisse due pezzi magistrali, da giornalista che sa come mettere insieme la cronaca e il coraggio della denuncia, il fascino del racconto come stile. Non tutti gli inviati in Barbagia negli anni difficili che vanno dal secondo dopoguerra sino alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso, il tempo della «rinascita fallita» e del «banditismo caldo», sono stati all’altezza del compito.
I cinque pezzi del paese portatile incentrati sulla figura di questi giornalisti della carta stampata e pure della radio e della televisione, li devo al ricercatore Giovanni Puggioni che molto materiale ha messo a disposizione. Gli inviati speciali nella Barbagia «società del malessere», così il titolo di un ottimo libro di Giuseppe Fiori, furono molti, la maggior parte incapaci a comprendere, stereotipanti, stereotipi loro stessi, a priori. «Un giorno – è sempre mastru Mundanu che ricorda di quando era anche lui itinerante negli ovili de Su Cumonale – quasi per caso, decidemmo di far conoscere tramite la stampa la nostra situazione al grande pubblico. Ed ecco materializzarsi, quasi per incanto, in mezzo a noi gli inviati speciali di giornali e rotocalchi, pronti a scoprire la Sardegna e questi suoi strani abitanti». Pochi degli inviati, pure di quotidiani, settimanali e periodici prestigiosi, seppero leggere geograficamente e storicamente, letterariamente e antropologicamente, la «stranezza» dei sardi. La pletora ebbe come modello l’infame Ricciardetto di cui diremo in una delle puntate.
I due pezzi di Pasquale Riga sull’Avanti, edizione romana, sono Orune: a venti chilometri dal XX secolo e Un anno rovente a Orune dove la vendetta è l’unica legge. Furono pubblicati rispettivamente il 22 e il 26 novembre 1959, domenica e giovedì. L’articolo iniziale sta tra un richiamo in prima pagina, dove domina il titolo La Francia isolata all’Onu, sulla questione algerina, e la terza. Nelle pagine interne troviamo come cose rilevanti Quando si approverà il piccolo divorzio, Roma e Inter per il primato, pure un Migliorati i rapporti tra Mosca e Belgrado, a 11 anni dello strappo di Tito dal Cominform di Stalin.
Il secondo articolo è a pagina due del giornale. Accosto spicca un altro titolo significativo: È stata l’Azione Cattolica a dire “no” al film di Franco Rossi. Il riferimento è al veto di censura per Morte di un amico ambientato nel degrado delle borgate romane, le stesse dei romanzi e dei film di Pasolini. Tutte cose del XX secolo che per Orune, nell’interpretazione di Pasquale Riga, è qui rappresentato da Nuoro, dalla sua modernità rispetto all’arcaico in cui sono immersi molti paesi del circondario. «Da Nuoro per andare a Orune vi sono 27 chilometri che non vanno intesi però come distanza geografica, quanto invece vanno intesi come un salto improvviso che si compie da un mondo ad un altro, un salto che di colpo ti porta da una concezione di vita ad un’altra, completamente diversa». Una constatazione che è la verità visibile ma tanta altra ne nasconde. Pasquale Riga coglie un aspetto della storia e della geografia della Barbagia: una forte cultura formante uomini duri, la pietra come segno, dove la necessità del vivere e del sopravvivere tutto sovrasta.
Oltre i paragoni giornalistici, letterari, antropologici – nel 1959 viene pubblicato il fondamentale La vendetta barbaricina come ordinamento giuridico di Antonio Pigliaru e di lì a poco, nel 1962, Tutto il miele è finito di Carlo Levi a dire della contraddizione tra tempo fermo e modernità di Orune, la memoria di Margerita Sanna, sindaco donna, al centro – la cronaca di Pasquale Riga rende appieno il senso della morte, l’attesa della morte violenta, in un paese di seimila anime. C’è il vento che sale dalla vallata e invade il paese a fare da controcanto. Bisogna saper cogliere il sentire della gente, i suoni, il paesaggio. Per poter poi elencare con la necessaria spietatezza i dati: 470 pecore sgozzate, il bestiame sgarrettato, gli abigei, i ladri di cavalli, di vacche, di gioghi di buoi. Il richiamo al tempo della guerra dice di quando il bestiame veniva macellato per approvvigionare l’esercito. C’è la memoria di una faida del 1955 fermatasi prima del tredicesimo omicidio. Perché la famiglia di uno dei coinvolti ebbe il coraggio di emigrare. Scrive Pasquale Riga: «L’emigrazione con le greggi in continente, qui equivale ad una diserzione e l’ultimo atto che un pastore di Orune può compiere. Pertanto restare per difendersi o per offendere è un punto d’onore». Quanto perdura per chi rimane in paese, dove pure si forma un Comitato di pacificazione, dove esiste sa paradura, dove di forte valenza etica è essere homine, è lo stato d’assedio, l’unica risposta che lo Stato sa dare, iniqua, inutile, incapace di cogliere tutto quanto forma la cultura plurimillenaria – lo dice Riga senza nessuna fascinazione esotica – di un «gentilissimo popolo».