Gli amici di Emilio
A proposito del volume di Graziella Monni, edito da Mondadori
di Venturella Frogheri
Emilio Lussu (ph Wikimedia commons)
5' di lettura
22 Dicembre 2022

Gli amici di Emilio (edito da Mondadori nel 2020) è il titolo del romanzo con il quale fa il suo esordio sulla scena letteraria Graziella Monni, nuorese, già docente di Storia e Filosofia ed ora Dirigente scolastica. Vincitrice del premio “FiuggiStoria” 2020  nella sezione romanzo storico, con quest’opera l’autrice palesa un indubbio apprezzabilissimo talento nell’arte della narrazione, trasportando il lettore in uno dei periodi più bui della storia della nostra nazione, l’avvento e la successiva affermazione del fascismo, fatto di ingiustizia e brutalità, una dittatura liberticida connotata da intollerabili misure repressive e azioni di violenza contro i dissidenti, per cui non era permessa alcuna forma di critica al governo, allo Stato e ai loro rappresentanti. Questa epoca drammatica e tragica rivive nelle pagine del libro raccontata da una prospettiva molto particolare: un piccolo paese della Sardegna, Corilè, fa da sfondo alle vicende dei personaggi, creature di fantasia, che animano il racconto. Il “piccolo paese abbarbicato sulle montagne, fatto di tante bocche affamate e parlanti”, è un luogo immaginario ma forse più reale di quanto si pensi. E reali sono i riferimenti storici, ricostruiti con puntuale accuratezza e precisione dall’autrice, con le ripercussioni e i contraccolpi che la grande storia ha sulla ferialità della vita del paese, sulle piccole esistenze dei suoi abitanti: basti pensare alle leggi razziali o alle guerre coloniali volute dal regime per la conquista del suo impero. E’ particolarmente interessante e riuscito l’attento intreccio di eventi e personaggi di fantasia con fatti reali nella loro drammaticità.

Corilè è un piccolo microcosmo di vita, in cui tutti conoscono tutti, in cui i giorni si susseguono ai giorni seguendo il ritmo delle stagioni, e in cui non mancano i drammi della povertà, delle discriminazioni, tra fatica e speranza, piccole gioie, grandi dolori, ingiustizie e tentativi di riscatto. Giovanni Lai è il podestà del paese: rigidamente fedele al suo dovere istituzionale di rappresentante del potere di Mussolini, assolve il suo dovere convinto del suo credo, più per una spinta ideale che per opportunismo. “Ha dato il cuore al regime – si dice nel corso del romanzo – si è votato al duce nella conquista del potere, lui che non ha mai dubbi sulle decisioni da prendere”. Suo figlio Filippo è un giovane sensibile e intelligente, sempre più insofferente al clima di oppressione e di prevaricazione instaurato dalla dittatura fascista. “Idealista, dallo sguardo fiero, mai entusiasta per il duce”, animato da slanci di generosità e di altruismo, nel suo ruolo di professore di filosofia  “instillava nei suoi studenti il seme del dubbio” Evidente la sua personalità carismatica e l’indubbio ascendente che sa esercitare su un gruppo di amici, riuniti nel motto “Tutti per uno, uno per tutti”,  che si riconoscono negli ideali di libertà e democrazia rappresentati da Emilio Lussu, orgoglioso antifascista, fiero combattente che guida dalla Francia il movimento Giustizia e Libertà,  al quale indirizzano le loro lettere vibranti di nobili ideali  ed aneliti di cambiamento. Giovanni e Filippo, padre e figlio: sono molto simili nella ferma difesa dei propri convincimenti e nella leale osservanza dei propri ideali, ma l’adesione a ideologie assolutamente dicotomiche determina tra loro una serie di sempre più gravi e laceranti incomprensioni, che porta irrimediabilmente alla frattura e al distacco. Si può quindi affermare che una delle chiavi interpretative più interessanti del romanzo sia proprio il tormentato rapporto tra un padre ed un figlio, tanto più drammatico ed inconciliabile se inserito nello sfondo storico sopra descritto. E da questo punto di vista appare chiara la connotazione dell’opera come un vero e proprio romanzo di formazione. La vicenda del giovane Filippo è infatti perfettamente rappresentabile come un itinerario, tanto doloroso a tratti quanto esaltante, di costruzione di sé, un percorso (allegoricamente rappresentato dal mito della caverna di Platone, evocato nel corso dell’opera nella descrizione di una lezione tenuta da Filippo ai suoi studenti) di liberazione dalle catene, simbolo dell’ ignoranza e delle passioni che inchiodano alle cose false, fugaci e illusorie, verso la libertà, rappresentata dalla conoscenza della verità e dal raggiungimento di una più autentica consapevolezza di sé.

Con Gli amici di Emilio l’autrice ricostruisce brillantemente e con una narrazione immediata, affidata ad uno stile fluido e coinvolgente, il clima di un’epoca.  Le scelte espressive aderiscono perfettamente ed efficacemente al tessuto narrativo, attraverso l’utilizzo di una lingua duttile, tra espressioni infarcite della vuota retorica di propaganda del regime ed espressioni vivide nella loro icasticità, legate al parlato popolare. Graziella Monni ricrea efficacemente, con dovizia di particolari, atmosfere, ambienti, situazioni che permettono al lettore di immergersi in un periodo storico impregnato di fatti luttuosi e violenti ma anche di slanci, di speranze e di scelte coraggiose e sofferte dalle quali è nata la nostra democrazia. Sotto tale aspetto non sfugge il carattere profondamente paideutico dell’opera, che può costituire soprattutto per i più giovani una chiave di accesso alla conoscenza e allo studio di eventi storici che è doveroso non dimenticare.

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