Scuola: settembre, è tempo di ripartire
di Bachisio Porru

17 Settembre 2024

7' di lettura

Il 16 settembre il Presidente Mattarella e il Ministro Valditara hanno inaugurato a Cagliari il nuovo anno scolastico che, a seconda dei calendari regionali, inizia tra il 5 e il 16 in tutta Italia. Un vero e proprio capodanno di ripresa delle attività, non solo scolastico, poiché interessa 8 milioni di alunni, circa 900 mila docenti e 200 mila unità di personale non docente. Non c’è famiglia che non sia direttamente o indirettamente interessata dall’avvio della poderosa macchina dell’istruzione. E come ogni anno è l’occasione per riflettere sul futuro dei ragazzi e sul nostro. La riflessione sulle possibili novità che interessano la scuola è stata avviata, in piena estate, dal Sole 24ore, dallo stesso Ministro, da numerosi esperti e riviste specializzate. È dunque importante capire quali riforme, tra quelle annunciate, potranno interessare la scuola quest’anno scolastico. 

L’Educazione civica
L’attuale maggioranza governativa ha dettato delle nuove Linee Guida per lo studio dell’Educazione civica, evidenziando lo stretto legame tra senso civico e sentimento di appartenenza alla comunità nazionale. Per avere consapevolezza della cultura e della storia nazionale. Concetto compendiato nel termine Patria. Se pensiamo ai milioni di ore che sono previsti nei piani di studio, in ogni anno scolastico, per l’insegnamento, spesso infruttuoso dell’Educazione Civica, possiamo immaginare quanto il Ministero si attenda da questo provvedimento. 

Gli smartphone in classe
Già a luglio l’opinione pubblica è stata interessata dalla circolare con cui il Ministro imponeva il tassativo divieto di utilizzo degli smartphone nel primo ciclo di istruzione. La decisione sarebbe scaturita dalle tante ricerche che dimostrerebbero come l’uso di tali dispositivi nuocerebbe gravemente nello sviluppo cognitivo dei preadolescenti. Oltre 4,5 milioni nella nostra scuola. Ricordo che tale divieto, per altro esteso sino alle scuole superiori, fu adottato per primo nel 2007 dal Ministro Fioroni. Con quali risultati è sotto gli occhi di tutti. Vero è che le singole scuole possono regolamentarne l’uso ai soli fini didattici. D’altro lato vi sono le direttive europee che, orientando anche gli istituti educativi verso una società digitale, spingono verso la mappatura delle competenze digitali del cittadino. Tra favorevoli e contrari le singole scuole avranno il loro bel daffare per districarsi tra la Scilla del Ministero e la Cariddi della Digital Economy della UE. 

La riforma degli Istituti Tecnici
La novità più attesa riguarda la riforma degli Istituti Tecnici e Professionali. È entrato infatti a far parte dell’ordinamento il modello cosiddetto 4+2. In tal percorso verrà conseguito un diploma in 4 anni, assolutamente equivalente al percorso quinquennale ma con il vantaggio di agganciarsi subito alla filiera ITS (Istruzione tecnica superiore). In questo biennio ci sarà la diretta partecipazione del mondo delle imprese che contribuirà a preparare e certificare le competenze necessarie per un immediato inserimento nel mondo del lavoro. Tale percorso aprirà un canale alternativo a quello prevalente licei/università. Hanno fatto questa scelta circa 2100 alunni e sulla riuscita della loro formazione si concentrano molte attese. 

Novità annunciate
Non ha avuto invece il gradimento atteso il Liceo del Made in Italy. Ha infatti avuto solo 500 iscrizioni in tutta Italia, forse perché un nuovo indirizzo considerato più legato all’ideologia che alla formazione vera e propria. Altra novità interesserà i la prossima sessione di maturità. I 500 mila candidati potranno presentare alla Commissione “…un prodotto (?) di qualsivoglia tipologia, tecnica e mezzi realizzativi… creato anche al di fuori della scuola…”. Secondo il Ministero, un’occasione in più per evidenziare le capacità dei maturandi. Personalmente vedo richiamata l’esperienza delle tesine che vengono presentate a conclusione del percorso del primo ciclo di istruzione. 

Non vedranno invece la luce alcune delle innovazioni su cui il Ministro aveva invece puntato e che verosimilmente saranno rimandate al prossimo anno, in attesa in conclusione dell’iter legislativo. Riguardano il ripristino dei giudizi sintetici nella primaria, il voto di condotta e le lezioni extra di italiano per alunni stranieri. La riforma che reintroduceva per l’ennesima volta i giudizi sintetici (sufficiente, buono, ottimo etc.), non è stata approvata dalla Camera prima delle ferie e ben difficilmente, anche approvata in autunno, potrebbe essere applicata nell’anno scolastico che si sta avviando. La mancata approvazione della riforma confermerà anche per quest’anno le valutazioni analitiche vigenti e che tanto hanno fatto discutere le famiglie nelle primarie. Una volta approvata la riforma, anche nella scuola secondaria di primo grado il voto di condotta non sarà espresso in forma collegiale e con giudizio sintetico. Si tornerà ai numeri e, oltre che entrare a far parte della valutazione al pari delle altre discipline, col 5 si dovrà ripetere l’anno. Non si procederà neppure all’insegnamento integrativo della lingua italiana ai cittadini stranieri iscritti in percorsi scolastici e privi di adeguata conoscenza della lingua nazionale. Anche tale misura attende che venga concluso l’iter legislativo. 

Quello che manca
Sembra di capire che in questo orizzonte riformatore non siano per ora considerati alcuni grandi argomenti che interessano, con ben altra caratura, il mondo della scuola. Mi riferisco al tema dell’Intelligenza artificiale, al grande tema dell’integrazione, quale quello dello ius scholae, per non dire di quello dell’autonomia differenziata che rischia di dissolvere non solo il sistema nazionale di istruzione ma anche la solidarietà istituzionale e sociale tra le regioni italiane. Non per nulla la stessa Cei si è espressa al riguardo con grande preoccupazione. Quando e come l’Intelligenza artificiale entrerà nelle nostre scuole? Nella didattica? E come potrà migliorare la qualità dei nostri sistemi educativi? Ad oggi non si ha notizia di iniziative specifiche da parte del Ministero per preparare la scuola a questa grandissima sfida. 

Il tema dello ius scholae piuttosto che come riflessione per mettere a punto efficaci strumenti di integrazione, nell’estate è diventato tema di scontro politico. Eppure la dimensione del fenomeno avrebbe dovuto consigliare molta prudenza. Un recente studio ha dimostrato che il completamento di un regolare ciclo di istruzione potrebbe interessare un grandissimo numero di giovani. Vengono stimati 50.000 ragazzi a Milano, 23.000 a Roma, 15.000 a Bologna, 13.000 a Torino. A fine ciclo si potrebbero integrare non meno di 100.000 giovani. E Dio sa quanto bisogno ne ha il paese. Ma sino ad ora non sono valsi tanti richiami autorevoli a togliere le riflessioni dalle secche della politica/politicante. Neppure quello recentissimo del Governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta quando affermava: «… il calo demografico rischia di avere effetti negativi sulla tenuta pensionistica, sul sistema sanitario, sulla sostenibilità del debito pubblico». Per contrastarlo sono necessarie «…misure che favoriscano un afflusso di lavoratori stranieri regolari, indipendentemente da valutazioni di altra natura». L’anno che verrà, sembra un anno di transizione. L’auspicio è che il tempo, anche per la scuola, porti consiglio per il miglioramento. Ve ne è tanto bisogno.

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