Se i migliori sono i più anziani la gara è già persa in partenza
di Francesco Mariani

6 Ottobre 2021

3' di lettura

Tanto di cappello per gli anziani, termine variamente inteso a seconda dei criteri adottati per la demoscopia. Tutti sappiamo che nella stragrande maggioranza dei comuni sardi la sopravvivenza e l’economia si regge sui loro risparmi e le loro pensioni; per composizione demografica sono la fetta più consistente della popolazione isolana; a loro si deve gratitudine per i sacrifici che hanno contribuito al nostro relativo benessere; in ogni caso, riconoscenza per quanto ci hanno trasmesso. Detto questo, non significa condividere le scelte gerontocratiche diffuse e preminenti. Da un lato si fanno proclami per trattenere nell’Isola giovani risorse e dall’altro conta, come criterio di promozione, l’anzianità. Si vuole innovare ma nello stesso tempo lo sguardo è rivolto, ancorato, al passato. Un esempio da manuale sono le scelte fatte da Solinas per i ruoli apicali, strategici, nell’Amministrazione regionale. Alcuni esempi: Giovanni Caria, classe 1937, anni 84, Commissario di Forestas; Roberto Neroni, classe 1947, 74 anni, Amministratore unico Arst; Michele Camoglio, classe 1951, anni 70, Presidente Ersu; Gabriele Asunis, classe 1951, anni 70, Commissario Area; Gerolamo Solinas, classe 1951, anni 70, Commissario Laore; Francesco Baule, classe 1952, 69 anni, Commissario Agris; Giorgio Steri, classe 1953, anni 68, Commissario Assl Oristano. Lasciamo perdere se ci sia un cumulo inaccettabile tra la pensione ed altri introiti pubblici; un intreccio tra età e merito; favori da restituire nella consorteria dei loggiati cantori; compromessi derivanti dal passato o ingegnatiper il futuro. Il problema è capire perché nell’Amministrazione Regionale, quando si trattadi nominare un commissario (pro tempore, ossia puntualmente a vita), un dirigente di prima fascia, un primario piuttosto che un delegato facente funzioni, non si esca dal campo del già visto, conosciuto, trito e ritrito. Possibile che nessun giovane (esclusi quelli meritevoli per dinastia, eredità, comparaggio ed intrecci vari) abbia possibilità? Da decenni si dice che la classe dirigente isolana (ma anche nazionale) ha come preoccupazione quella di occupare spazi di potere non di aprirli, confonde la democrazia con la successione monarchica, ereditaria; il ricambio con la vischiosità tra l’élite di governo e sottogoverno. Un orto chiuso dove chi vuole introdursi paga dazio. Da qui la prostituzione politica, il cambio di casacche, la rivoltante confusione tra carriera personale e bene pubblico. Fino ad arrivare al paradosso del Psd’Az: è il gruppo più numeroso in consiglio regionale ma solo un paio dei suoi componenti è stato prima sardista. La riduzione della politica al “particulare”, alla comparia, loggia. Dentro queste regole del gioco ci sono troppi che si rassegnano capendo di aver già comunque perso ed altri che cercano altrove occasioni migliori. Nel piccolo, nei paesini dell’interno, restano gli eroi o i bucanieri, i dannati della terra ed i profittatori. Per selezionare una classe dirigente, il criterio dell’anzianità va bene ma non può essere quello prevalente. I famosi “giovani turchi” (li ha avuti ogni partito) diventati oggi stravecchi ma sempre turchi non sono il futuro. La gerontocrazia è la stagnazione, la negazione della partecipazione democratica, la morte della politica. © riproduzione riservata L’immagine: Eritreo Cazzulati, il protagonista di un fumetto di © Enzo Lunari  

Condividi
Titolo del podcast in esecuzione
-:--
-:--