8 Settembre 2021
4' di lettura
«Pro sa familia ‘e sos Portolos de Nugoro fin arribbande dies de cuntentesa: a urtimos de aprile deppiat ghirare Elias dae presone, e in estiu, a s’incunzada, si depiata cojubare Predu su frade mannu…». Sono le parole con cui inizia il romanzo Elias Portolu di Grazia Deledda nella traduzione in lingua sarda – nuorese che del racconto ha fatto Serafino Spiggia. Venne pubblicata nel 1982 ed ebbe il patrocinio dell’Istituto Regionale Etnografico, Isre. A Massimo Pittau era dovuta l’introduzione e ci fu anche il coinvolgimento di Leonardo Sole. Forse Spiggia poteva, sotto alcuni aspetti, vedere se stesso nella vicenda che parla di una famiglia di pastori, essendo stato tale lui stesso da giovane. Era nato a Orgosolo nel 1924, era vissuto per anni in campagna dietro un gregge, avendo però in se sempre la passione per la lettura e la scrittura. Finalmente poté studiare e diventare maestro presso l’Istituto Magistrale nuorese. Insegnò così nelle scuole primarie di tanti paesi della Sardegna. Mentre insegnava, nel tempo libero, scriveva, racconti e poesie, studiava quelle tradizioni popolari a cui era culturalmente legato. Sulla tessitura, praticata anche a Orgosolo, da lui ben conosciuta e vista nella pratica, scrive Su telarzu de oro. Collabora per anni nella organizzazione di eventi culturali con di Dionigi Panedda. Un rapporto di amicizia e una condivisione di interessi che dura nel tempo lo legava a Bachisio Bandinu. Negli anni sessanta Serafino si trasferisce a Olbia e in quella città vive fino al 2010 quando la sua vita si conclude. Durante lo scorso mese di giugno la città gallurese gli ha dedicato una serata, per iniziativa dell’associazione Amistade: parole, musica, immagini per ricordarlo. La musica veniva dal gruppo “Cordas e Cannas”, le parole dagli scritti di Serafino. E le immagini? Alla serata ha presenziato Salvatore Mereu, il regista. Lo ha fatto perché nel suo film Sonetaula, tratto dal romanzo di Giuseppe Fiori, Spiggia recita nel ruolo del nonno Cicerone, personaggio fondamentale nella storia che viene raccontata. Ha avuto un ruolo anche nel film di Piero Livi Sos Laribiancos. Affascinava il pubblico quando, con suo forte coinvolgimento emotivo, leggeva le poesie di Montanaru. Torniamo al romanzo Elias Portolu, in questo anno di celebrazioni dedicate a Grazia, in occasione dei centocinquanta anni dalla sua nascita. Sorge una domanda: cosa avrebbe detto lei se avesse potuto leggere la versione in limba fatta da Spiggia. Il sardo – nuorese era quello che lei premiata col Nobel aveva appreso da bambina, che parlava in casa, con i vicini, i coetanei. Cosa avrebbe detto nel leggere, continuando nel primo capitolo della storia, dove si dice che: «Como chi sa malesagura fit finia, sos parentes fin isettande a Elias chind una punta ‘e braga, comente chi esseret ghirande dae s’universidade». Avrebbe dato, con molte probabilità un giudizio positivo, avrebbe approvato. Lei stessa avrebbe potuto scrivere Elias Portolu in sardo senza differenze da quello di Spiggia. Abbiamo già ricordato la serata tenuta a Olbia in ricordo di quest’uomo creativo nato a Orgosolo. Perché non organizzarne una simile a Nuoro, curata dall’Isre, coinvolgendo l’associazione Murales di Orgosolo? Ci sono valide ragioni per farlo. © riproduzione riservata