8 Marzo 2024
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Ogni 8 marzo ci dona ciclicamente la pregevole ed irrinunciabile opportunità di riflettere sulla bellezza della femminilità, sul senso autentico dell’essere donna e su come talvolta la nostra depauperata società si approcci a quest’ultima. La femminilità, infatti, è spesso letalmente confinata tra i torbidi ed ingannevoli eccessi, propri di una visione consumistica ed utilitaristica che serve famelicamente e crudelmente del corpo.
Il 15 agosto, giorno dedicato alla fulgida Solennità dell’Assunzione al Cielo di Maria Santissima, l’indimenticabile pontefice polacco Giovanni Paolo II, dischiude la dolce e tenera lettera apostolica Mulieris dignitatem (1988), la quale custodisce la feconda, appassionata e salda difesa della dignità e della peculiarità femminile.
Una lettera straordinariamente profetica, peraltro, fin dall’introduzione che richiama la necessità di approfondire i fondamenti teologici ed antropologici necessari a risolvere le gravi distorte visioni, incomprensioni e problematiche relative al significato ed alla dignità dell’uomo e della donna, per poter cogliere la profondità vocazione all’amore di questi ultimi.
Il Papa difende coraggiosamente e convintamente la specificità intrinseca della femminilità, focalizzandosi in modo particolare nel ricordare il fondamento biblico dell’uguale dignità che ricolma l’uomo e la donna, poiché l’innata dignità della persona umana consiste anzitutto nell’elevazione soprannaturale.
Nel bellissimo ed eterno racconto della creazione troviamo infatti, le basi fondanti dell’esistenza dell’essere umano creato a sua immagine e somiglianza. La donna viene creata “dalla costola” e viene collocata al suo fianco come l’alterità.
Questa è la realistica narrazione di tutti e ciascuno: il peccato comporta ed infligge tre ferite significative, cioè nella relazione con Dio, nel rapporto con sé stessi e con gli altri (in particolare tra l’uomo e la donna) e nell’essere responsabili nei riguardi della creazione che è stata generosamente affidata a loro, interferendo con la possibilità di costruire una società libera e giusta.
La brillante riflessione antropologica e teologica proposta sulla donna costituisce quindi, l’imprescindibile fondamento di una nuova prospettiva personale ed interpersonale, la medesima di cui è colmo il sacramento del matrimonio, anzitutto in qualità di dimensione primigenia e principale della chiamata alla comunione.
In qualsiasi contesto intercorre il rapporto tra l’uomo e la donna – e quindi non solo nel matrimonio – deve essere basato non sulla sopraffazione discriminatoria bensì sulla libertà feconda e gratuita del dono, ricordando che la donna è scrigno immenso e sublime delle risorse proprie della femminilità ed in particolare di quelle che ha dolcemente ricevuto ed acquisito sin dal primo istante della creazione.
Vorrei ora caldamente invitare a rileggere con estrema cura ed attenzione la già citata ed imperdibile lettera alle donne di Giovanni Paolo II, che nel 1988 con inusuale, attuale e poetico ardore decantò la bellezza ed il dono troppo spesso deformato e dimenticato dell’essere donna nel piano salvifico di Dio, come mostra e dimostra questo magnifico estratto:
Grazie a te, donna-madre, che ti fai grembo dell’essere umano nella gioia e nel travaglio di un’esperienza unica, che ti rende sorriso di Dio per il bimbo che viene alla luce, ti fa guida dei suoi primi passi, sostegno della sua crescita, punto di riferimento nel successivo cammino della vita.
Grazie a te, donna-sposa, che unisci irrevocabilmente il tuo destino a quello di un uomo, in un rapporto di reciproco dono, a servizio della comunione e della vita.
Grazie a te, donna-figlia e donna-sorella, che porti nel nucleo familiare e poi nel complesso della vita sociale le ricchezze della tua sensibilità, della tua intuizione, della tua generosità e della tua costanza.
Grazie a te, donna-lavoratrice, impegnata in tutti gli ambiti della vita sociale, economica, culturale, artistica, politica, per l’indispensabile contributo che dai all’elaborazione di una cultura capace di coniugare ragione e sentimento, ad una concezione della vita sempre aperta al senso del «mistero», alla edificazione di strutture economiche e politiche più ricche di umanità.
Grazie a te, donna-consacrata, che sull’esempio della più grande delle donne, la Madre di Cristo, Verbo incarnato, ti apri con docilità e fedeltà all’amore di Dio, aiutando la Chiesa e l’intera umanità a vivere nei confronti di Dio una risposta «sponsale», che esprime meravigliosamente la comunione che Egli vuole stabilire con la sua creatura.
Grazie a te, donna, per il fatto stesso che sei donna! Con la percezione che è propria della tua femminilità tu arricchisci la comprensione del mondo e contribuisci alla piena verità dei rapporti umani.
Dalla Lettera di Giovanni Paolo II alle donne [1995]