La Casa della salute in Via Demurtas (photo by Asl Nuoro)
Tutela della salute pubblica, torniamo alla Costituzione
di Franco Colomo

12 Ottobre 2023

7' di lettura

Nuoro - “Per una sanità pubblica, accessibile, equa e di qualità”: questo lo slogan scelto dal coordinamento dei comitati sardi per la sanità pubblica per il sit-in del prossimo 14 ottobre alle 10.30 nel piazzale dell’ospedale San Francesco di Nuoro. Che queste non siano semplicemente parole ad effetto lo spiega la dottoressa Battistina Foddai, una delle coordinatrici dei comitati: «Questo è il fine ultimo che perseguiamo, dare a tutti la possibilità di curarsi con i migliori mezzi possibili, vicino casa senza dover dare fondo ai propri beni con la sanità privata». Altra premessa, doverosa vista la prossimità delle elezioni, è che «i comitati non hanno colore politico».

La nascita di un coordinamento è dovuta alla necessità di riunire le varie anime – a partire dalle associazioni dei malati – per mettere insieme tutte le criticità del territorio e sensibilizzare cercando di «coinvolgere e far partecipare». Questo è necessario – dice la dottoressa – specie in un momento nel quale «muovere le persone non è facile: sono ormai scoraggiate, sfiduciate e non partecipano perché sono rassegnate». Dopo le manifestazioni di giugno a Cagliari e quella recentissima a Fonni ora si arriva a Nuoro che nelle intenzioni dei comitati sarebbe dovuta essere la prima tappa. 

Perché una manifestazione a Nuoro?
«Si è scelto Nuoro perché tra tutti i territori della Sardegna è quello con maggiori difficoltà. Tra i distretti di Nuoro, Macomer, Sorgono e Siniscola copre una popolazione di 160mila persone, il solo distretto di Nuoro ne deve servire 90mila. Nuoro è isola nell’Isola, l’ultima degli ultimi».

Eppure la nostra storia dice anche altro. 
«L’ospedale inaugurato nel 1976 ha conosciuto per trent’anni uno stato di grazia per la presenza di professionisti di alto livello ed eccellenze capaci di richiamare pazienti da tutta l’Isola, tra i primi ad avere la Chirurgia robotica. Siamo arrivati ad un passo da diventare il terzo polo sanitario, ad avere cioè livelli ancora superiori di professionalità, strumentazione e servizi.

Poi cos’è successo? 
«C’è stato man mano un declassamento, un impoverimento, hanno tolto fondi, posti letto e siamo arrivati ad avere una scatola vuota. Ormai il San Francesco è diventato un ambulatorio, diciamo così, specializzato. Arrivando a una certa ora non si ha più nessuna certezza. L’ospedale si chiama così perché deve lavorare e fornire gli stessi servizi di emergenza urgenza h24, non si può staccare alle 14».

Dove nasce questo declino?
«Credo che l’origine sia nella conversione del Servizio sanitario nazionale in Azienda. Il nome dice tutto: in ospedale abbiamo sentito un manager dire che per lui “un’azienda sanitaria e una che fa biscotti sono la stessa cosa”. Così abbiamo assistito al depotenziamento del sistema lasciando alla concorrenza privata ampio spazio, anzi aiutandola con soldi pubblici. Questo è un suicidio. Eppure la nostra Costituzione parla chiaro, l’articolo 32 dice che dev’essere tutelata la salute pubblica, cioè della collettività. Anche l’Oms si esprime negli stessi termini. I principi sono quelli dell’universalità, dell’uguaglianza e dell’equità, l’italiano non è un’opinione. Ora invece ci troviamo di fronte ad ospedali mezzo vuoti, pochissimo personale e pochissimi posti letto oltre alle criticità di tutto il territorio».

Non parliamo solo di ospedali.
«Quando dico territorio intendo i poliambulatori, i medici di medicina generale, i pediatri, tutto quello che non è ospedale. Un tempo si diceva dobbiamo arrivare all’integrazione ospedale territorio, l’ospedale per l’emergenza-urgenza e per le persone ricoverate, non dovrebbe fare l’ambulatorio esterno ma siccome nel territorio è il deserto la gente si rivolge al presidio ospedaliero. La politica ha grosse responsabilità e tutte le gestioni di questi anni, a tutti i livelli. Il Covid non ha fatto altro che far “scoprire” ciò che già c’era. Penso a una affermazione dell’agosto 2019 dell’allora sottosegretario Giorgetti, oggi ministro, quando disse (al Meeting di Rimini ndr): “Nei prossimi 5 anni mancheranno 45mila medici di base, ma chi va più dal medico di base, senza offesa per i professionisti qui presenti. Nel mio piccolo paese vanno a farsi fare la ricetta medica, ma chi ha meno di 50 anni va su Internet e cerca lo specialista. Il mondo in cui ci si fidava del medico è finito”. Mancano i medici? La politica lo sapeva benissimo e non ha fatto nulla».

Torniamo al territorio, è stato recentemente completato il trasferimento del Poliambulatorio alla Casa della comunità in via Demurtas.
«Questo discorso è nato almeno 14 anni fa, il Poliambulatorio doveva essere trasferito già dal 2010 come il Consultorio. Ora li hanno messi insieme nella Casa della comunità che prevede la presenza di più specialisti, appunto del Consultorio, del pediatra e del medico di medicina generale H24. A tutt’oggi, in Sardegna, non c’è nessuna casa di comunità funzionante secondo i criteri previsti. A Nuoro la situazione è sconfortante data la carenza di operatori».

Avete una proposta per invertire la rotta?
«Sì, l’abbiamo portata al Prefetto nell’incontro del luglio scorso: occorre bandire le ore della specialistica ambulatoriale. Ogni specialista ambulatoriale ha un contratto a parte, nel senso che non è un dipendente, come i dirigenti medici. Quelli che lavorano in ospedale sono dipendenti con un contratto nazionale di 38 ore. Quelli che sono in poliambulatorio, in guardia medica e anche i medici di medicina generale vengono invece assunti in base a una graduatoria, sono medici a contratto, quindi dei convenzionati. Come fa però l’azienda ad assumerli? Bandisce le ore in proporzione alla popolazione. Questo però non si fa più, o si fa pochissimo, con il conseguente allungamento delle liste d’attesa».

Per questo è necessario protestare.
«La nostra sarà una manifestazione soprattutto di informazione. Io vorrei che la gente venisse informata, perché sui giornali si leggono tante cose ma poi la realtà è diversa. Non si può usare la sanità pubblica come se fosse casa propria facendo ciò che si vuole, bisogna sentire la popolazione, le esigenze che ci sono, il 20% delle persone sta rinunciando alle cure! Far sentire la propria voce è un diritto sancito dalla Costituzione, non dimentichiamolo».


Focus.
I numeri del Poliambulatorio di Nuoro

Nel Poliambulatorio di Nuoro, stando ai dati presentati al Prefetto Giancarlo Dionisi lo scorso luglio, effettuano le loro prestazioni 23 medici specialisti per 15 specialità. Il problema – come ha sottolineato la dottoressa Foddai a nome del coordinamento dei comitati per la Sanità pubblica nell’incontro convocato in Prefettura – è che pochi specialisti sono ad orario completo, offrono servizi diversi e completano le ore in altri centri del Distretto.

Oculistica ha 4 specialisti (erano 7), Ortopedia ne ha 2 (erano 4), Neurologia ne ha 3 di cui solo uno ad orario completo, un altro ha 20 ore a Sorgono e 7 a Nuoro; Pneumologia ha 2 specialisti di cui uno ha solo un turno a Nuoro e gli altri a Macomer e Siniscola.

Quanto alle singole unità; Odontoiatria ha un solo medico (prima erano 2 a orario completo) per 20 ore settimanali e ogni 15 giorni ha un turno in carcere; Dermatologia un medico per 20 ore settimanali (prima erano due); il Proctologo ha 38 ore ma a turni anche a Bitti; Ecografia uno specialista per 20 ore settimanali; Chirurgia vascolare uno ad orario completo con due turni a Nuoro e altri a Macomer, Siniscola, carcere e visite domiciliari; Cardiologia ha uno specialista (prima erano 4); Urologia uno con 10 ore settimanali; Ginecologia uno con 20 ore settimanali. I servizi di Ortottica e Terapia antalgica non si effettuano più dal pensionamento delle dipendenti, non è più presente neppure Medicina dello sport. 

Quanto al personale infermieristico, nel Poliambulatorio sono presenti solo 10 infermiere e 3 Oss che lavorano quotidianamente in due o tre ambulatori in contemporanea.

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