9 Ottobre 2023
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Pierangelo Orofino è un dirigente dell’assessorato al Turismo artigianato e commercio della regione Sardegna. Si occupa principalmente, è un informatico, della gestione dei flussi dei dati sul turismo e della loro analisi al fine di ricavare indicatori statistici che permettano di capire e di prevedere il fenomeno del turismo in Sardegna.
Abbandonata la scrivania, il computer e i dati anche lui ha partecipato all’evento “Noi camminiamo in Sardegna” percorrendo la Via dei Santuari. «In realtà – spiega – tutto l’assessorato ha dato la disponibilità a supportare il servizio che ha organizzato l’evento che si chiama Servizio Marketing e Comunicazione e sono loro che si occupano di fare la promozione di tutte le forme di turismo compresa questa dei cammini religiosi su cui si intravedono grandi opportunità. Quest’anno la manifestazione è cresciuta tantissimo, sono 15 cammini, tra cammini e destinazioni, che si muovono in contemporanea, e abbiamo avuto la necessità di portare in ogni delegazione, quindi in ogni cammino, un rappresentante della Regione, in particolare dell’assessorato del turismo. Dal momento che il nostro assessorato non è tanto grande, siamo poco più di 100 dipendenti, anche io ho dato la mia disponibilità e questo in qualche maniera ha stimolato anche i miei dipendenti che sono altre sette persone a partecipare a questa manifestazione. La Regione sta investendo molto, soprattutto in questi ultimi anni, sui cammini».
Si inizia a vedere un ritorno o è solo ancora un momento di semina? Siamo forse un po’ in ritardo rispetto ad altre realtà?
«Sicuramente siamo ancora in una fase di semina. Introdurre i cammini vuol dire intanto organizzare anche le amministrazioni presenti nei territori in cui questi cammini passano, perché per fare un cammino che funziona deve funzionare la logistica, la gente che viene deve sapere da dove si parte e dove si arriva. Un cammino non è un sentiero, è una serie di sentieri che sono collegati tra di loro. Normalmente si cammina tutta la giornata e quindi ci deve essere la possibilità del supporto logistico, quindi dove mangiare e dove dormire. Fino a quando non ci saranno tappe ben definite e ci sarà il supporto, specialmente dove dormire, allora non si può parlare di un turismo che arriva. Il rischio che arrivino adesso e che non trovino le infrastrutture necessarie sarebbe quasi un autogol. Quindi c’è ancora tanto da lavorare e naturalmente questa esperienza dei cammini serve dal punto di vista del turismo per portare persone a fare in Sardegna un certo tipo di turismo che è quello che ci interessa di più in questo momento».
In che senso?
«Noi cerchiamo quasi di “scoraggiare” le persone a venire in alta stagione perché creano un fenomeno di overturism, cioè di incremento antropico che crea problemi. Crea problemi ai comuni che non riescono a gestire la raccolta dei rifiuti o a gestire l’acqua che serve per una popolazione che si decuplica in certi casi. Vogliamo invece lavorare sui mesi che possono essere quelli di spalla: promuovere i cammini vuol dire portare delle persone che verrebbero soprattutto in autunno e in primavera ma anche nei mesi invernali e questo permetterebbe sia di destasgiornalizzare, che è un primo obiettivo, ma anche di far conoscere le zone più interne della Sardegna che non sono a vocazione turistica come le coste».
La Regione, Forestas, le amministrazioni comunali qui insieme alle associazioni e agli attori che si occupano di cammini. Anche questa convergenza è positiva.
«Quando si incontrano gli amministratori locali, quindi i sindaci, sapere che la Regione è presente è importante. Per me personalmente mettermi in gioco e fare una cosa anche abbastanza impegnativa è un modo anche per capire su che cosa possiamo lavorare sul territorio. Tante cose non sono andate bene in questi giorni, però è tutto un bagaglio tecnico che si porta a casa e su cui si può lavorare. Quindi c’è tanto da migliorare sui percorsi e c’è da sensibilizzare i privati: perché questo per funzionare ha bisogno anche dei privati. Penso alle professioni turistiche, ma i privati sono anche quelli che dovrebbero tenere aperto quando normalmente chiudono e naturalmente se noi portiamo delle persone le strutture devono essere aperte».
Le zone interne l’hanno colpita favorevolmente? Si aspettava di vivere questi tre giorni così?
«Sinceramente no. Sono passato come turista per alcune zone ma non avevo mai visto la chiesa di Fonni ad esempio, che è fantastica. Questo turismo lento fa apprezzare tante cose, fa vedere veramente i luoghi che spesso gli occhi non vedono, perché siamo sempre di fretta. Spesso ci si muove in macchina ma è veramente un’esperienza completamente diversa, si arriva nella destinazione senza vedere niente di tutto quello che gravita attorno. Mi ha sorpreso vedere queste zone, per me è stata una scoperta. Come esperienza personale dico che funziona. Funziona perché conoscere questi luoghi è veramente incredibile, a parte la spiritualità anche di questo cammino in particolare che passa nei Novenari».