28 Ottobre 2023
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Don Salvatore Lecca, nuorese, è un presbitero neocatecumenale dal 1999 e da più di trent’anni offre il suo ministero per l’evangelizzazione in India. Ogni volta che rientra nella sua diocesi di origine ha sempre il piacere di condividere la sua testimonianza; ora parla ancora in queste colonne, per raccontare il suo servizio a quasi 7mila chilometri da noi.
Don Salvatore, ci spieghi la sua missione e quali sono i campi di azione.
«La mia non è una missione “classica” o comunemente intesa dove si parte per fondare istituti, scuole, chiese… Il mio operato è legato al Cammino neocatecumenale, che mi ha formato e mi ha portato in India dove mi trovo per il mio 32° anno, in comunione con la diocesi di Karwar. Le nuove leggi del governo limitano la mia presenza: attualmente il mio soggiorno è ridotto a 180 giorni all’anno e quindi periodicamente sono obbligato a rinnovare il visto; negli altri mesi vengo inviato in Sri Lanka e in Nepal, appartenenti alla medesima giurisdizione e diretta da un responsabile dell’evangelizzazione. Abbiamo in tutto una ventina di comunità a nostro carico, le quali sono accompagnate nell’iniziazione cristiana e nella riscoperta del sacramento del Battesimo: visitiamo le famiglie e con loro seguiamo le tappe del catecumenato in una nuova forma, perché parliamo di cristiani in “cammino” verso la “maturità della fede”. Poi, con gli stessi fratelli e sorelle, ci impegniamo in una “missio ad gentes” tra i musulmani o i buddhisti oppure gli induisti, come nella prima comunità cristiana nei confronti dei pagani. Purtroppo lo Stato proibisce il “proselitismo” e vieta che altri testimoni vengano da fuori per proporre il proprio credo».
Con chi condivide il suo lavoro pastorale e quali sono le nuove sfide rispetto a quando ha iniziato il suo ministero?
«Faccio parte di tre equipe, sostenuto da fratelli e sorelle e dai seminaristi in formazione che si alternano circa ogni due anni. In una di queste, da 22 anni sono affiancato da una collaboratrice ora settantenne. In generale, comunque, c’è grande intesa e reciprocità con le altre equipe.
Negli ultimi anni notiamo come le chiese non siano più gremite come prima; agli inizi ricordo grande partecipazione alle catechesi, ad esempio… Ora si subiscono ancora gli effetti del Covid19 e, piuttosto, l’influenza di una pesante secolarizzazione, la quale attacca pure le altre religioni. Le prime vittime sono i giovani, attratti dall’illusione della fama, del successo, del guadagno. Per diventare qualcuno, lasciano i villaggi per andare in città (se non all’estero) e si ritrovano risucchiati da mille provocazioni. Tutto poi si rivela come un’illusione, si sentono molto soli, disorientati, senza speranza… È infatti altissimo il tasso di Aids – perché il sesso diventa una fuga dalle delusioni – e dunque impressionante il numero degli aborti; infine, tantissimi sono i suicidi. Di conseguenza, c’è la solitudine degli anziani, quei genitori lasciati in casa ai quali manca anche solo una telefonata: troppi di loro sono stati ritrovati morti in casa dopo giorni. Resiste, però, l’appuntamento mensile della “scrutatio” delle Scritture e l’Adorazione eucaristica per i giovani, dove poter lanciare un messaggio di speranza e assicurare loro un punto di riferimento nell’amicizia; ogni incontro, per questo, si conclude con una cena comunitaria».
Come potrebbe venire incontro la sua diocesi di origine, cosa potremmo fare come nuoresi per sostenervi?
«Come sacerdote itinerante, a differenza dei sacerdoti assegnati a una parrocchia, non ho una paga mensile, vivo solamente della generosità della gente, specialmente dall’Italia. Il Signore ha sempre provveduto e questo mi consente di poter viaggiare nelle zone molto vaste del Gujrat e di Bombay, spostandomi necessariamente in aereo con altri confratelli itineranti o missionari. Non è possibile inviare pacchi con viveri o beni di prima necessità, perché spariscono lungo la spedizione; per cui si sovviene alle necessità economicamente. Nuoro è sempre stata molto attenta e chi aiuta lo fa perché si sente coinvolto: sono abbastanza puntuale nel condividere gli aggiornamenti e le novità del mio percorso».
Che suggerimento darebbe ai lettori per vivere al meglio questo mese missionario?
«Porto solo la mia esperienza. Quello che facciamo non è facile: evangelizzare in modo diretto, dalle piazze alle case, ci espone ad attacchi e quasi a persecuzioni, seppur incruente. La nostra forza viene dalla riscoperta del Battesimo, avere sempre più consapevolezza di essere amati, salvati. Questo è il segreto per ogni credente. E con questa identità sapere di essere Chiesa, avere fratelli e sorelle che si prendono cura vicendevolmente, con i quali si raccontano gioie e paure… La compagnia, già nella quitidianità, è un’alta espressione di missionarietà».