6 Ottobre 2021
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Negli ultimi vent’anni la provincia di Nuoro ha perso quasi 20mila abitanti. Un trend patologico che vede il capoluogo perdere in totale 1682 abitanti rispetto al 2001. I numeri dei nati residenti a Nuoro spaventano ancora di più se si sottolinea che mentre nel 2001 nascevano 360 bambini, nel 2020 se ne contano solo 166 (90 femmine delle quali 85 italiane e 5 straniere e 76 maschi di cui 73 italiani e 3 stranieri). Una riflessione sulla denatalità la abbiamo fatta con l’esperto Alessandro Palumbo, nuorese classe 1991, che ha pubblicato la monografia “Territori spezzati. Spopolamento e abbandono delle aree interne dell’Italia contemporanea” per il Centro italiano per gli studi storicogeografici ed è anche assegnista di ricerca in UniNuoro in ambito storico-economico sui temi di autonomia, insularità e spopolamento oltre a collaborare con il laboratorio di Geografia dell’università di Siena. «La desertificazione demografica, spinta da una denatalità ormai strutturata, non è più un’immagine astratta da leggersi su una mappa, bensì un’esperienza che ognuno di noi condivide ormai nel proprio quotidiano. D’altronde – spiega Alessandro Palumbo – ciò è abbastanza evidente a partire dallo stato delle nostre scuole, le quali, di anno in anno, vedono diminuire progressivamente il numero dei propri iscritti, il che costringe a chiudere sempre più classi. Mentre, le eccezioni, come il Liceo Scientifico “Enrico Fermi” di Nuoro, sono polarità che vivono e resistono per fattori distributivi (il numero sempre minore di giovani studenti tende a polarizzarsi su pochi punti a discapito della decrescita di tutti gli altri)». L’analisi dei dati: «La parabola che disegna il numero delle nascite nella città di Nuoro va oltre la condizione del preoccupante e corre quasi in parallelo con i dati che provengono dal mondo scolastico: se nel 2001 nascevano infatti 360 bambini, nel 2020 ne contiamo appena 166. Nel mezzo – spiega l’esperto – anni di terribile e costante decrescita che accompagnano il ridimensionamento quantitativo dei servizi per la popolazione giovanile». Nuoro non rappresenta un’eccezione rispetto al calo delle nascite nel Pianeta: «Sbagliamo a pensare che questo siaun problema esclusivamente nostro – dice il ricercatore nuorese –. Gli attuali numeri demografici sono in linea con quanto accadeoltre i confini della nostra città, considerando che in Sardegna il tasso di fecondità totale, ovvero il numero medio di figli per donna in età feconda, si aggira intorno al 1,03, al di sotto della media italiana (1,2) ed europea (1,6), e ben al di sotto della soglia che garantirebbe almeno un equilibrio demografico tra gli individui nati e quelli deceduti (2,1). In Italia, inoltre, è stato l’88% dei capoluoghi di provincia ad assistere nell’ultima decade ad una diminuzione notevole del tasso di natalità». Cosa succederà domani nel capoluogo barbaricino? «ll futuro ci dice che, nel 2050, Nuoro potrebbe registrare un numero di nati pari a quello di quei comuni che oggi sono al rischio di desertificazione demografica». I rischi per la Nuoro del futuro: «La bassa natalità è un problema per tutti, le implicazioni economico-sociali sono enormi e di tipo strutturale. Una popolazione che non ha abbastanza giovani – spiega Alessandro Palumbo – è meno produttiva poiché le generazioni nuove che si susseguono nel tempo sono di per sé portatrici di innovazione, il che alimenta lo sviluppo tecnologico, il mantenimento del capitale umano, le forme qualitative del mercato del lavoro, nonché i livelli dei consumi (i giovani consumano di più degli over 55, contribuendo in maggior misura a mantenere alti i livelli di produzione). Poi c’è tutta una questione che riguarda la sostenibilità dei servizi essenziali. Esperienza condivisa dei territori soggetti a denatalità cronica – conclude – è proprio la riduzione dei plessi scolastici disponibili e il ridimensionamento dei corsi per il calo degli iscritti. La denatalità crea un vero e proprio circolo vizioso contribuendo ad aggravare una situazione già emergenziale e rischiando di depotenziare alla base qualsiasi iniziativa di crescita».
Coste, non sempre è una crescita buona Parlando di spopolamento, nel Nuorese crescono solo le coste mentre sprofondano le zone interne. La maglia nera va a Lodè che perde il 27% della popolazione, cresce invece la fascia costiera dove svetta Posada con un incremento di abitanti pari al 27%. «Su scalaprovinciale, la geografia dello spopolamento conferma l’effetto ciambella che caratterizza il panorama dell’intera Isola – afferma Alessandro Palumbo –. Su 74 comuni, 62 hanno perso popolazione. Attenzione a considerare quella delle coste una crescita buona: lo sviluppo demografico di paesi come Posada, Orosei e Siniscola, è stato trainato principalmente dai saldi migratori interni, ovvero movimenti da zone periferiche a zone più attrattive».