
14 Novembre 2025
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Svolge la sua attività dolciaria nel centro storico di Nuoro da soli cinque anni e per questa ragione, con modestia e rispetto per i colleghi, Elena Ganga preferisce condividere non tanto le proprie competenze professionali, quanto l’esperienza di una santupredina nata e cresciuta in un contesto familiare legato alle tradizioni. Per lungo tempo ella ha lavorato nella ristorazione e di recente ha scelto di avventurarsi nella creazione di prodotti tipici nel ricordo grato della madre Paolina, la quale le ha insegnato come i dolci scandiscono i tempi e la vita. In questo calendario, la ricorrenza della commemorazione dei fedeli defunti segna un momento speciale nell’assoluta semplicità: «Tra fine ottobre e per il mese corrente devo provvedere alle richieste dei clienti i quali attendono il papassino, così chiamato in virtù dell’uva passa e del pane, associato al pensiero per i morti». Un prodotto che non presenta niente di straordinario e che riporta alla mente di Ganga le abitudini di quando era bambina: «Su papassinu è il dolce dei poveri, tutti dal proprio cunzau disponevano di frutta secca ed era facile produrne in casa (mia nonna addirittura partiva a Orune per fare dei fichi merce di scambio); e poi si recuperava l’impasto che avanzava dalla creazione del pane». L’essenzialità comunque non toglie la nobiltà del cibo: «Con soli 14 ingredienti essenziali, nell’Isola si producono almeno 2000 dolci sempre con lo stesso principio: con il poco che si ha, fare il meglio e farlo bene».
Questo vale specialmente per il papassino, che originariamente nasce senza glassa anche perché nell’estetica richiamasse il sentimento del lutto: «A differenza di altri prodotti, non si mostra particolarmente colorato, quasi a trasmettere vivacità; tale sensibilità diveniva linguaggio anche nell’abbigliamento, non esuberante, nell’intento di voler dimostrare solidarietà verso chi attraversava momenti bui a causa della dipartita di una persona cara». Ganga tiene conto di questo aspetto anche nel confezionamento: «Preferisco chiudere i miei pacchi non con nastri che richiamino l’allegria, piuttosto utilizzo un filo di rafia e un vassoio neutro». Oltre che a un gesto di cortesia nell’accogliere gli ospiti o di carità nel far visita per le condoglianze, diventava strumento di preghiera, secondo una mentalità innocente e buona della gente: «Tra l’1 e il 2 novembre nemmeno si sparecchiava la tavola sperando che le anime dei morti ritornassero in casa; e per loro si lasciavano i papassini».
Lungo l’anno, anche i biscotti, associati allo zucchero e al caffè, erano espressione di una vicinanza capace di avvalorare il suffragio: «Preparare su pistoccu richiede una lavorazione più attenta, soprattutto prestando attenzione al grado di umidità; ma anch’esso si annovera tra sos durches de cada die e gli anziani ancora apprezzano tanto questi gesti». Ci sono anche i bambini, i quali ancora mantengono viva l’identità di un popolo, in questi giorni con su mortu mortu: «Ci sono certamente delle evoluzioni, perché nel loro sacchetto si aspettano anche le caramelle; oppure è fondamentale considerare allergie e/o intolleranze… Però quando mi dicono “Dolcetto o scherzetto?” gioco con loro e simpaticamente faccio finta di non capire».
Elena Ganga, pur con orari sacrificanti, confida la grande soddisfazione che trova in questo campo grazie a una storia che si rinnova tra le generazioni.

