Le storie di Martina, Maria Antonietta e di chi come loro ha realizzato se stesso anche grazie ai cavalli. Parla l’istruttrice Federica Olmo
Cavalcare la libertà, oltre ogni ostacolo
di Antonella Poggiu

16 Ottobre 2025

5' di lettura

Si chiama Martina Mura la diciasettenne Nuorese che durante l’ultimo campionato nazionale Fisdir di equitazione si è distinta per le sue capacità in sella, aggiudicandosi l’oro nella disciplina del dressage e l’argento nel salto ostacoli. La competizione disputata a Torgnon (Ao), arriva per la giovane in seguito a due primi posti in entrambe le categorie al campionato regionale e anni di lavoro e dedizione.

Oggi campionessa paralimpica, Martina inizia il suo percorso di ippoterapia a 3 anni e da quel momento con passione e costanza non si è mai fermata. Sotto l’ala della sua istruttrice Federica Olmo, referente nazionale Fisdir (Federazione Italiana Sport Paralimpici degli Intellettivo Relazionali) la ragazza si allena tre volte a settimana, due a Oristano presso il circolo “La Golena ASD” e una al centro ippico Equiturs a Orgosolo, gestito dal signor Giovanni (Banne) Corria, che con il suo incomparabile affetto fa sentire a casa tutti i suoi visitatori.

Fondamentale nell’allenamento quotidiano le ore passate a montare il cavallo “Ti giuro” di Davide Deiana, a cui la famiglia è estremamente grata, e tutti gli altri esemplari che facendosi guidare da Martina, le hanno dato la possibilità di vivere il suo sogno.

«I cavalli mi trasmettono tranquillità e calore», ci racconta Martina, dalla personalità estremamente introversa ma che quando si trova in sella, come par magia, compare sicura di sé, decisa e serena.

«Prima di passare all’agonismo, abbiamo inizialmente lavorato su diversi aspetti: equilibrio, coordinazione motoria, forza resistente e manualità fini, essenziali non solo a cavallo ma nella vita di tutti i giorni – spiega Federica Olmo -. Man mano abbiamo lavorato sull’autostima, la consapevolezza di avere il controllo su un animale enorme e di essere in grado di guidarlo, è fondamentale dal punto di vista dell’autodeterminazione. Oltre ad essere un’allieva, Martina è anche un’aiutante, per cui questo ruolo la aiuta ad essere propositiva verso gli altri, combattendo la timidezza».

Martina è un grande esempio dei benefici che la riabilitazione equestre ha su chi la pratica, una vera e propria “cura” per anima e corpo. Un messaggio di incoraggiamento per le famiglie che diffidano da questo tipo di attività che, al contrario, sono uno strumento di espressione del potenziale che ogni singolo, indipendentemente dalla diverse difficoltà, custodisce.

Durante le lezioni si crea uno spaccato di società in cui il termine “inclusione” trova una reale applicazione, nessuno è escluso, prende forma una rete di interscambio e coesione nella quale ognuno è indispensabile e ha un ruolo nell’insieme fondamentale. Come Maria Franca amabilmente al servizio del prossimo e Maria Antonietta Bua che con orgoglio parla delle sue diciotto medaglie e tanti altri, tra giovanissimi e adulti che ogni giorno affrontano gli ostacoli che la vita ha interposto nel loro cammino, dedicandosi con gioia a questi animali così nobili e sensibili, senza cui tutto questo non potrebbe avvenire. I cavalli non conoscono discriminazione, leggono l’anima delle persone e, con grandissima intelligenza emotiva, si comportano di conseguenza.

«La differenza è che non ci sono differenze – afferma ancora Olmo –, spero che questo concetto si rilevi all’interno della società. Abbiamo solo da imparare da chi, malgrado le difficoltà che una disabilità comporta, come la dipendenza da un genitore e la frustrazione di non poter avere un’autonomia totale, affronta ogni giorno con allegria per le piccole cose vissute a pieno. A differenza di chi vive perennemente proiettato nel futuro e non si gode il qui e ora. Ci insegnano a rallentare, a fermarci e dire: “Quanto sono fortunata”».

Federica non è solo un tecnico che insegna una disciplina. Per i suoi allievi e le loro famiglie è un punto di riferimento, qualcuno la definisce “fata madrina”. Un faro che con generosità guida in un percorso non solo riabilitativo ma estremamente personale e umano.

«La prima volta che conobbi un mio allievo di 28 anni, affetto da una rara sindrome – racconta l’istruttrice -, mi raccontò della passione che aveva per i cavalli e gli animali in generale, alimentata dalla visione di documentari. Per cui mi disse che voleva iniziare a praticare equitazione. Poi aggiunse che, per essere sincero, doveva ammettere che nella sua vita non aveva amici, e sperava che il maneggio gli desse l’opportunità di conoscere delle persone che restassero al suo fianco, perché tutti correvano, lui non poteva, la sua vita scorreva lenta e nessuno lo aspettava».

È così che col cuore colmo di emozione Federica Olmo parla dei suoi allievi, ai quali l’equitazione ha regalato un sorriso e una nuova vita.

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