I giovani sempre più isolati e lontani dalla politica
di Franco Colomo
14 Febbraio 2025

Una condizione diffusa di malessere e di isolamento, la preoccupazione per il futuro, il disinteresse per la politica. È il ritratto dei giovani tra i 16 e i 24 secondo una ricerca realizzata da Noto sondaggi per Il Sole 24 Ore, presentata lunedì. Dalle risposte emergono alcune contraddizioni, si riaffermano tendenze già abbastanza chiare per chi sa guardare ai ragazzi, soprattutto nascono domande per gli adulti e in particolare per la politica. Già, la politica: è la grande assente dall’orizzonte degli under 25 se è vero – come dice il sondaggio – che il 96% degli intervistati dichiara di non essere impegnato in politica. Se domani ci fossero le lezioni il 52% non andrebbe a votare. Significativo anche il dato dell’80% dei giovani non impegnato in attività di volontariato. 

La nostra classe politica dovrebbe anche interrogarsi sui temi che maggiormente preoccupano i ragazzi: al primo posto c’è la crisi economica (49%), poi il lavoro (46%), l’ambiente e la crisi climatica (44%), le guerre (32%), la mancanza di sicurezza (28%). Ci sarebbe di che stravolgere l’agenda del Governo e del Parlamento ma alcune di queste voci o sono negate o semplicemente non esistono.

Per quanto riguarda la dimensione personale emerge dal sondaggio un sentimento diffuso di esclusione sociale, un giovane su cinque si stente tagliato fuori dalla società. Negli ultimi 12 mesi la metà del campione si è sentito depresso o senza speranza a fasi alterne, il 20% quasi ogni giorno, il 23% molto raramente, il 7% mai. Nell’ultimo anno è capitato a oltre la metà degli intervistati di non volere vedere amici e preferire rimanere a casa; chi decide di non vedere gli amici resta a casa perché si sente più felice che non in compagnia (62%) o perché essere in compagnia non lo fa sentire bene (38%).

La famiglia, al contrario di quanto si potrebbe pensare, riesce a salvarsi: il 54% dei ragazzi dichiara di non aver perso interesse nei confronti dei rapporti familiari a scapito però della vita sociale e di relazione (55%) e dei rapporti scolastici e lavorativi (52%).

Il tema del disagio psicologico è sentito, l’81% degli intervistati ritiene che il malessere sia un problema reale e una condizione diffusa mentre il 19% ritiene sia una esagerazione mediatica. Alla domanda sulla necessità di rivolgersi ad uno psicologo il 18% ha risposto sì e di averlo fatto, il 40% sì ma di non averlo fatto, il 42% afferma di non averne bisogno. 

Nel pensare al futuro il 42% dei ragazzi si sete ottimista, il 32% è pessimista, il 26% non sa.

La ricerca sfata anche il mito di una generazione iperconnessa, il 17% trascorre momenti di isolamento sui social, il 25% preferisce la tv, il 23% la musica, il 20% la Playstation, il 14% studia o legge. Anche le fonti di informazione sono oggetto del sondaggio: i social media sono la fonte principale di informazione (per il 32%), seguono televisione (29%), giornali online e siti web (23%), giornali su carta stampata si attestano al 7%, l’8% del campione dichiara di non informarsi sull’attualità.

Nella sua analisi il sondaggista si sofferma sul tema dell’isolamento: «Dalle risposte di chi lo sceglie – scrive Antonio Noto – non risulta un senso di tristezza, né un sentimento di rancore, quanto la volontà di ritrovare serenità “rinchiudendosi”. L’isolamento sembra quindi essere una scelta di difesa, un rifugio, un’incapacità a socializzare, una resa sociale. (…) È qualcosa di diverso dal malessere psicologico, forse più complesso in quanto ancora inesplorato, che pure emerge come un problema reale e diffuso. Sembra assomigliare più a uno stile di vita che a un0espressione di angoscia. Chi si isola sembra trovare un certo equilibrio nella solitudine, anche se questo non lo rende più felice, ma forse più sereno». Cosa produca questo isolamento – scrive ancora Noto – è ancora da capire, «è di certo una devianza rispetto al fulcro stesso della società, basata sulle relazioni e sul concetto di comunità». 

Lo psicoterapeuta Matteo Lancini, sempre dalle colonne del Sole, chiama invece in causa gli adulti: «Da almeno dieci anni sottrazione dalla società e attacco al corpo sono diventate le modalità con cui le nuove generazioni esprimono il disagio e il ritiro è l’equivalente maschile dei disturbi alimentari femminili. Esprimono la sofferenza che nasce dal terribile mix fra vuoto identitaria e assenza di prospettive future. È il vuoto – continua Lancini – di chi ha dovuto intercettare i bisogni di adulti (genitori e scuola) che dicono di fare tutto per te ma in realtà non lasciano esprimere le emozioni che li disturbano. Fin dalla tenera età rabbi, paura e tristezza sono state negate come se i ragazzi non dovessero provarle: sono esprimibili solo le emozioni che vanno bene agli adulti. L’assenza di prospettive non dipende solamente da questioni politiche o ambientali ma da questa negazione». Gli adulti allora «dovrebbero mettersi in un ascolto profondo e scomodo, costruire relazioni autentiche».

Molti sono gli spunti di riflessione anche per il mondo ecclesiale. 

Condividi
Titolo del podcast in esecuzione
-:--
-:--