Tempus fugit
di Angelo Sirca
5 Aprile 2025

Siamo un involucro di fragilità, Icaro pretese troppo e le sue ali le sciolse il sole. È di questi giorni la notizia della forte depressione di cui soffre Vittorio Sgarbi. Personaggio controverso, amato e odiato come pochi altri, dissacratore e amante del sacro a un tempo, spesso geniale, delle volte volgare. Dissipatore di vita, in una ne ha vissuto mille. Da quando Dostoevskij, ne L’idiota, ha affermato: «La bellezza salverà il mondo», molti si sono illusi di poter domare la sofferenza e dare un senso all’esistenza ripetendo questa frase. Chi più di Sgarbi è stato a contatto con la bellezza dei grandi capolavori dell’arte di fronte ai quali il cuore si commuove? Eppure ciò non è bastato a “salvarlo”, la bellezza aiuta ma non basta. La vita e il suo senso profondo rimangono un mistero insondabile. Ci avverte l’Ecclesiaste: «Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo». Tempo che pare non basti mai, poi capita non si sappia come ammazzarlo. Anche l’infanzia è schiava del cronometro, in anni non molto lontani la giornata di giochi finiva quando iniziava a calare il sole o quando la madre chiamava perché la cena era pronta. Non si vuol essere banalmente nostalgici per il periodo della fanciullezza, ma ora i giorni già dai primi anni sono scanditi da mille, non di rado inutili, impegni. 

C’è un’età nella quale tutto pare possibile: «Ricordo la mia gioventù (…) la sensazione di poter durare in eterno, (…) la sensazione ingannevole che ci alletta alle gioie, ai pericoli, all’amore, agli sforzi vani, alla morte; la trionfante convinzione della forza, il calore della vita nel pugno di polvere». (Tifone, J. Conrad). Ma poi «Verso la maturità s’impara che la propria vita è un breve tratto e si sa di essere il viandante il cui passaggio e la cui scomparsa non eccitano granché l’attenzione del mondo» (Peter Camenzind, H. Hesse).

Ambizione umana è stata da sempre quella di farsi dio, tanto da metterne in croce il Figlio, ambizione che si è scontrata con la finitezza e la caducità, l’uomo non può essere eterno finché vive. L’Intelligenza artificiale potrà renderci immortali? Potrà mai liberarci dalla malinconia e dal dolore? Ma un essere siffatto, se mai dovesse esistere, lo potremo ancora chiamare uomo? Gli scienziati, più o meno pazzi del nostro tempo, riusciranno a creare il paradiso su Marte? Può essere tutto deciso da un algoritmo? Crediamo con B. Pascal: «Il cuore conosce ragioni che la ragione non conosce».

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