
8 Marzo 2025
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Ricorrendo nel 2025 centoquarant’anni dalla sua nascita ed essendone ormai trascorsi oltre quaranta dalla morte, sembrava inesorabilmente consegnarsi ad un inaccettabile oblìo la vita esemplare della nostra concittadina di adozione – ebbe infatti i suoi natali a Sassari il 18 novembre 1885, ma presto si trasferì a Nuoro al seguito del padre Salvatore nominato cancelliere nel locale Tribunale ai primi del secolo XX – Adelasia Cocco.
Si deve quindi riconoscere alla professoressa Eugenia Tognotti – storica della Medicina ed editorialista, nonché coordinatore del Centro Studi “CSPAS” presso il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università degli Studi di Sassari, ma più in generale studiosa appassionata di storia sanitaria della nostra Isola, dal diffondersi dell’epidemia di colera all’eradicazione della malaria – l’indiscutibile merito di avere riportato alla luce «l’affascinante storia di Adelasia Cocco» mediante un’accurata monografia. Il volume non presenta solo i caratteri di un accattivante affresco biografico che passa naturalmente in rassegna le tappe fondamentali della sua vita e della sua opera di medico e scienziato facendo nel contempo da questi trasparire i tratti salienti della sua personalità, ma diviene un pregevole saggio storico-scientifico, allorché lo sguardo dell’autrice si allarga fino a ricomprendere il contesto storico e socio-culturale in cui ella ha operato con i suoi paradigmi ma anche le sue contraddizioni ed i suoi limiti. Da questi Adelasia seppe però ben presto emanciparsi mostrando fin dall’adolescenza non solo una mentalità particolarmente aperta e evoluta, ma anche una passione e un coraggio non comuni che le hanno per l’appunto consentito di superare molti tabù e di abbattere quel fantomatico soffitto di cristallo per il quale ancora oggi si pretenderebbe di inibire l’intelligenza e l’azione delle donne in ogni campo della umana esistenza. Tra tutti, quello per cui la donna avrebbe dovuto essere «relegata tra i fornelli di casa», come la stessa dottoressa Cocco ebbe a sottolineare in un’intervista al quotidiano sassarese La Nuova Sardegna citata nel saggio e risalente al 1978. Così la giovane Adelasia, incoraggiata dal padre, una volta conseguito il diploma liceale a Cagliari ed unitasi nel 1905 in matrimonio al giovane possidente nuorese Giovannico Floris, ebbe l’ardire di lasciare due anni dopo il “piccolo mondo antico” della sua Nuoro – un’enclave nell’enclave, nota l’autrice nella introduzione – e di varcare il mare per recarsi a Pisa dove si era nel frattempo iscritta alla Facoltà di Medicina della locale Università, accompagnata e sostenuta dal suo sposo che era nel frattempo stato ammesso alla prestigiosa Scuola Superiore di Veterinaria. Ritornata poi nell’isola nel 1911, riprese gli studi all’Università di Sassari, laureandosi due anni dopo sotto l’egida dell’illustre patologo Luigi Zoja e del suo assistente Tomaso Casoni per poi stabilirsi a Nuoro dove nel 1914 iniziò – non senza incontrare resistenze e difficoltà – il suo percorso di medico condotto.

Come nota anche l’ex ministro della Sanità Rosi Bindi nella interessante prefazione che accompagna il volume, vi erano allora, distribuiti nei diversi comuni del Regno d’Italia, ben 11.554 medici condotti, tutti appartenenti al sesso maschile, sicché l’iscrizione della dottoressa Cocco avvenuta proprio in quell’anno le ha consentito di conseguire un innegabile primato, sia pure messo in dubbio da un’ampia pubblicistica “continentale” che ha invece preferito attribuirlo al medico romagnolo Isotta Gervasi, al quale nel 1965 la celebre società farmaceutica “Carlo Erba” aveva per questo conferito il “Premio missione del medico”.
Non fu del resto l’unico traguardo che la Cocco avrebbe potuto vantare nella sua lunga vita conclusasi a Nuoro il 22 febbraio 1983 quando era ormai quasi centenaria, giacché, solo qualche anno dopo la laurea, e proprio per fare fronte ai doveri di cura dei pazienti a lei affidati che richiedevano frequenti spostamenti resi difficoltosi da una rete viaria particolarmente lacunosa, fu anche la prima donna a conseguire nell’isola la patente di guida.
Emblematica delle resistenze che si frapponevano all’esercizio della professione medica da parte delle donne è poi la travagliata vicenda conclusasi con l’affidamento alla giovane medico della condotta del quartiere nuorese di Seuna – i vari passaggi del “braccio di ferro” tra la volenterosa Dr.ssa Cocco da una parte e l’ostracismo dell’amministrazione comunale di Nuoro e del prefetto di Sassari dall’altra sono ricostruiti nel dettaglio dalla autrice nelle pagine del libro – che si perfezionò solo a seguito dell’improvvisa uccisione del suo predecessore Andrea Romagna avvenuta nell’Ottobre 1914.
Fu così che la giovane «medica-amazzone», incurante delle insidie nascoste nelle aspre campagne della Barbagia, si lasciava ogni giorno alle spalle il palazzetto signorile di Piazza Cavallotti per recarsi in sella al suo cavallo nel piccolo villaggio di Lollove dove, «scortata dall’assessore Pedru Ferru, guadando un fiume, e correndo in aperta campagna tra rovi e macchioni, porta il conforto dell’assistenza e della cura ad una popolazione abbandonata a sé stessa». Si era alla vigilia della Grande Guerra durante la quale Adelasia si trovò in prima linea a lottare contro la penuria di beni essenziali come pane, latte e zucchero da assicurare ai bambini, ai vecchi e ai malati arrivando poi a prendere in carico i pazienti di un collega medico condotto presto chiamato alle armi.
Il conflitto bellico venne quindi seguito dall’avvento in Italia della dittatura fascista con la quale la giovane dottoressa si trovò presto ad avere a che fare, come racconta l’autrice facendo riferimento al certificato medico rilasciato nel Novembre 1923 alla maestra Angela Maccioni nella quale la Cocco attestava “astutamente” che la stessa non avrebbe potuto prendere parte alle celebrazioni per l’anniversario della Marcia su Roma «a causa delle sue condizioni di salute» che le impedivano di «partecipare a cerimonie emotive». Ha tra l’altro annotato la Tognotti come fosse non a caso discesa una discreta cortina di “silenzio” sulla meritoria opera da lei prestata a partire dal 1934 presso la sezione medico-micrografica del laboratorio di Igiene e Profilassi di Nuoro, dal quale fu in effetti “dimissionata” dopo sei mesi per decisione dei vertici dell’amministrazione provinciale e poi reintegrata nella primavera del 1935 grazie all’intervento del profetto “illuminato” Michele Chiaromonte, restituendo quindi con dovizia di particolari i dettagli della controversia. Risale proprio a questa fase del suo percorso professionale anche il singolare episodio rievocato in un’apposita sezione del libro, allorché la Cocco venne incaricata, nell’ambito di un processo svoltosi in Corte d’Assise per un orribile fatto di sangue, e tuttavia non infrequente a quell’epoca – omicidio a seguito di violenza carnale -, consumatosi nelle campagne di Nuoro, di svolgere le “analisi microchimiche” sul materiale spermatico prelevato dagli organi genitali della vittima. Pur conoscendo la scarsa affidabilità di tali analisi, dal momento che l’assenza di nemaspermi nel corpo della vittima non poteva escludere la violenza carnale, il perito diede un responso negativo sulla base degli esiti dell’esame chimico il che tuttavia non impedì la successiva condanna dell’imputato.

Nel volume, corredato anche da un serie di foto tratte dall’archivio familiare che ritraggono la Cocco nelle diverse fasi della sua vita e del suo percorso professionale, la Tognotti non trascura poi di mettere in risalto le qualità fisiche e la grazia nell’abbigliamento e nel portamento della giovane studentessa e poi dottoressa osservando, proprio a commento della foto dell’immatricolazione all’ateneo pisano, che la dottoressa Cocco «ha un bel volto bruno, folti capelli neri acconciati secondo la moda del tempo, e indossa un elegante abito bianco» e riprendendo poi una pagina delle cronache de La Nuova Sardegna che, dando conto della sua partecipazione ad un evento mondano, la definiva come «la signora dalle squisite eleganze e l’austera cultrice delle ardue scienze mediche».
Non manca l’autrice di fare ampi riferimenti alla vita privata di Adelasia, ricordando eventi infausti, come la scomparsa a soli cinque anni dell’unico figlio maschio Nanni, a causa di una delle patologie che lei stessa si era trovata a fronteggiare nei suoi pazienti, la scarlattina, e per la quale nella citata intervista ebbe a rimproverarsi lamentando “la povertà della medicina del passato”, ma anche eventi lieti, quali le frequenti trasferte anche in tarda età per partecipare a convegni e congressi di interesse medico e scientifico e i periodi di riposo trascorsi tra la villa in riva al mare di Cala Liberotto in compagnia delle figlie e dei numerosi nipoti e il buen ritiro della magione in cima al Monte Ortobene.
Volendo tracciare un bilancio conclusivo della esperienza umana e professionale della Dr. Cocco, la Professoressa Tognotti non esita a prendere a prestito un termine oggi fin troppo abusato per additare la Cocco come esempio di “resilienza” per il coraggio con cui seppe affrontare senza mai desistere i numerosi ostacoli che le venivano frapposti rispetto ai tanti obiettivi ch’ella di volta in volta si era prefissa – gli studi universitari fuori dai confini dell’isola, la professione di medico condotto, quella di ufficiale sanitario, la direzione della Sezione medico-micrografica dell’Ufficio provinciale di Igiene e Profilassi, per tacere di tutti gli altri non strettamente professionali dalla stessa perseguiti – e che ebbe alfine a raggiungere. Un percorso in cui Adelasia ebbe oltretutto ad attraversare un difficilissimo periodo lungo oltre quattro decenni e caratterizzato da due sanguinose guerre mondiali e dalla dittatura fascista e ad incrociare le profonde trasformazioni legate particolarmente al progresso della scienza medica e farmacologica, con la comparsa sulla scena della penicillina e degli antibiotici.
Una vita esemplare, quella di Adelasia Cocco, che sarebbe utile far conoscere anche alle nuove generazioni e che potrebbe costituire un valido esempio di riscatto per i tanti uomini e donne che anche oggi si trovano in ogni contesto a lottare contro ingiustizie e discriminazioni.
Lorenzo Sanna