Un fotogramma del film La scuola di Daniele Luchetti (1995)
Esame di maturità: andata e ritorno
di Bachisio Porru

20 Novembre 2025

5' di lettura

Dall’esame di Stato all’esame di Maturità: è questo il provvedimento più significativo contenuto nel Decreto Legge approvato dal Senato in via definitiva il 15 ottobre per volere del Ministro Valditara, per l’anno scolastico 2025/’26 denominato Misure urgenti per la Riforma dellesame di Stato del secondo ciclo di Istruzione. Ma non è solo un cambio di nome. Del resto nel linguaggio comune l’esame conclusivo delle scuole superiori continuava ad essere chiamato esame di MaturitàRitorno al passato dunque, come si afferma da più parti? La realtà è sempre più complessa delle semplificazioni. Siamo certo di fronte all’ennesimo intervento ministeriale di ridefinizione delle prove d’esame finale del diploma di studi superiori. Difficile trovare un Ministro che non ci abbia provato. Senza andare troppo indietro, nel 2019 si reintroduce la seconda prova scritta dopo l’eliminazione voluta dal governo Conte. Poi la sospensione di tutte le prove scritte nel periodo pandemico, la loro reintroduzione a pandemia conclusa, sempre oscillando tra colloqui multidisciplinari e scritti disciplinari. Sembra che la scuola italiana, al di là di ogni altra considerazione legata al frangente politico, continui a cercare il suo punto di caduta, il suo modello, per altro molto distante da quello di tante nazioni europee che hanno scelto modelli di valutazione senza standardizzazione delle prove conclusive dei cicli scolastici. 

Queste le novità che riguarderanno i circa 500.000 prossimi candidati della quinta superiore. Le prove scritte saranno due. La prima resta l’immarcescibile tema nazionale, la seconda scelta a gennaio dal Ministero insieme a quattro materie orali su cui verterà il colloquio. Il candidato dovrà svolgere tutte le prove per poter superare l’esame. Il rifiuto di una singola prova comporterà la bocciatura. Non potranno ripetersi dunque i silenzi della prova orale avvenuti lo scorso anno. Viene superato il colloquio pluridisciplinare che aveva messo in secondo piano l’accertamento di conoscenze e competenze disciplinari più specifiche e di indirizzo. Le restanti materie verranno valutate nel credito scolastico del triennio. In presenza di un 5 in condotta non si verrà ammessi all’esame mentre col 6 sarà necessario sostenere una prova aggiuntiva di cittadinanza attiva. Per ottenere il massimo della votazione prevista bisognerà avere 9 in condotta. Si intende così porre l’accento non solo sulla preparazione disciplinare ma anche sul grado di effettiva maturità personale, autonomia e responsabilità del candidato. Viene poi modificata la composizione delle Commissioni che passa da sette a cinque componenti: due interni, due esterni e il presidente. Più che una ratio riformatrice si intravvede il tentativo di porre rimedio alla scarsa disponibilità di docenti nella formazione delle commissioni stesse oltre che la sempiterna necessità di tagliare le spese. Resta nelle competenze delle commissioni la possibilità di attribuire un bonus massimo di 3 punti per i candidati che abbiano raggiunto almeno 97 punti complessivi. Le novità introdotte hanno indotto il Ministero a prevedere una risorsa di 10 milioni di euro per finanziare la formazione specifica dei commissari che dovranno gestire i nuovi esami. Sono questi i punti che hanno maggiormente raccolto l’interesse l’opinione pubblica. 

Ma il decreto contiene altre importanti misure per la vita della scuola. Entra a pieno titolo nell’ordinamento il percorso 4 più 2 della filiera tecnico-professionale. Percorsi autorizzati per il diploma in 4 anni (previsto circa 30 anni fa da Luigi Berlinguer) completato con 2 anni di specializzazione negli Its Accademy in risposta ai fabbisogni del sistema produttivo. Già oggi sono attivi 395 di questi percorsi in tutta Italia e garantiscono i più alti indici di assorbimento di questi diplomati nel processo produttivo. Novità nella formazione dei docenti di sostegno. Avranno titolo alla frequenza dei corsi avviati da Indire oltre che dall’Università coloro che vantano tre anni di servizio negli ultimi otto (anziché cinque). Il Decreto infine prevede 240 milioni di euro per il rinnovo del contrato di lavoro per il personale. Fondi previsti anche per l’edilizia scolastica (annosa la questione della agibilità degli edifici) insieme a risorse per la sicurezza dei trasporti per uscite didattiche e viaggi di istruzione. 

Oltre le buone intenzioni del Ministro per evitare che le norme e i nomi vadano e vengano, sarebbe necessaria una maggiore collaborazione delle forze politiche, di maggioranza e opposizione, per condividere linee di riforma partecipate e emergenti dalla esperienza, sensibilità e necessità del mondo della scuola. Si eviterebbero ritardi e incomprensioni fra istituzioni e Organi di Controllo e garanzia. È di questi giorni la notizia che il Consiglio di Stato sospende il parere sullo schema di regolamento delle nuove Indicazioni Nazionali per la scuola dell’infanzia e del Primo ciclo di Istruzione. Le molte critiche sull’insegnamento della storia, tutta imperniata sull’Occidente, della matematica e del latino non furono ascoltate. Per questo caso le indicazioni sono rimandate a settembre, con inevitabili strascichi polemici.

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