Ugo Mulas, Giovanni Pintori alla mostra AGI a Milano (1961), Man
Giovanni Pintori, l’arte della grafica
di Franco Colomo

2 Aprile 2025

5' di lettura

Nuoro - C’è un momento dell’esperienza umana e artistica di Giovanni Pintori apparentemente marginale eppure significativo, specie se letto con i nostri occhi di Nuoresi. Ricordarlo non significa riproporre il solito sterile esercizio di campanilismo caro alle nostre latitudini, quanto semmai rendere giustizia al bagaglio dell’artista. E al suo cuore. Lo scrive il grafico e architetto Mario Piazza in uno dei testi che arricchiscono il catalogo della mostra appena inaugurata al museo Man di Nuoro: «Nella testa e nelle mani di Pintori a Monza e poi all’Olivetti oltre al moderno, al funzionale e al razionale ci saranno sempre queste tre cose: “la pietra ballerina”, “la tancamanna” e “la Chiesa delle Grazie”». Lo testimonia l’artista stesso – in quella che è anche una delle sezioni della mostra, “l’ultimo periodo: l’espressione pittorica” – attraverso quattro opere di una collezione privata. Tre raffigurano il rione di Seuna, una l’antica chiesa delle Grazie che in un dattiloscritto Pintori così raccontava: «La chiesa delle Grazie era ancora aperta al culto, con la inconfondibile bellissima facciata rosa, gli affreschi di gusto primitivo della sagrestia con rappresentazioni del paradiso terrestre, con Adamo ed Eva fra tanti animali fantastici». 

Giovanni Pintori, Rione Seuna, Nuoro (1990)
Giovanni Pintori, Chiesa delle Grazie (1990)

Si tratta di opere del 1990, realizzate pochi anni prima della morte sopraggiunta nel 1999, ed è bello pensare siano il segno di un legame rimasto intatto con la città e che evidentemente non è mai scemato considerando quanto, di grande, c’è prima di quella data. C’è un percorso ricchissimo, partito da Nuoro dove Pintori muove i primi passi sotto l’ala di Giovanni Ciusa Romagna e Piero Pirari, proseguito a Monza – dove all’Isia stringe amicizia con Salvatore Fancello e Costantino Nivola – e poi negli anni del sodalizio con Adriano Olivetti. A questo periodo e ai “tre sardi”, come venivano chiamati a Monza, il Man aveva già dedicato una mostra del novembre del 2023. 

Giovanni Pintori, Allestimento per negozio (1950 ca), Man

La nuova esposizione inaugurata il 21 marzo scorso abbraccia l’intera carriera di Giovanni Pintori e i vari periodi che hanno caratterizzato lo stile che porta il suo nome. Tra il 1937 e il ’39 iniziano a emergere alcuni tratti dominanti, come l’uso della tipografia e della fotografia. Il decennio successivo, tra il’41 e il ’50 è legato alla campagna dello Studio 42. Gli anni Cinquanta lo consacrano come uno dei maggiori grafici italiani, è Art Director di Olivetti, di questo periodo sono la campagna per la Lettera 22 e il celebre manifesto per Tetractys con le sue frecce e sovrapposizioni. Dopo la morte di Olivetti nel 1960 il “quarto periodo” è caratterizzato da una forte geometrizzazione e dell’uso di colori piatti oltre all’interesse per il “moto perpetuo” e gli ingranaggi. Al tramonto dei Sessanta finisce l’entusiasmante avventura in Olivetti, Pintori lavora in proprio collaborando con aziende come Pirelli e Merzario affinando la sua ricerca.

Giovanni Pintori, Olivetti Lettera 22 (1954), Archivio Paolo Pintori
Giovanni Pintori, Olivetti Tetractys (1956), Archivio Paolo Pintor

«Pintori – scrive Nicoletta Ossanna Cavadini, direttrice del m.a.x. museo di Chiasso – è sempre riuscito a trasformare la comunicazione in un messaggio grafico chiaro, fantasioso e poetico, con un segno calligrafico leggero e minimalista, aspetto questo che lo rese unico. La sua ineguagliabile rappresentazione grafica gli conferisce una modernità che lo qualifica in senso temporale». Ed è una fortuna constatarlo dal vivo nel percorso della mostra, di fronte a lavori che mantengono una straordinaria capacità di penetrazione nella contemporaneità. Una lezione sempre valida per cui “complicare è facile, semplificare è difficile” (Munari) lo porta a lavorare per sottrazione unendo – scrive ancora Cavadini – «il concetto del prodotto e l’immagine in una sintesi iconica».

L’esposizione, organizzata con un progetto integrato tra il Man e il m.a.x. museo di Chiasso è – come afferma la direttrice del museo nuorese Chiara Gatti – in definitiva un “racconto grafico” lungo il quale è bello immergersi. 

L’esposizione, a cura di Gatti e Cavadini con il coordinamento di Rita Moro, si potrà visitare fino al 15 giugno.


L’altra esposizione/ Gregorio Botta

La grande sala al pian terreno del museo nuorese ospita la mostra personale di Gregorio Botta dal titolo Il silenzio è cosi accurato. Un percorso affascinante tra vuoti e pieni, una riflessione sul tempo e il suo scorrere con disegni di luce e acqua, ma anche sullo spazio raffigurato idealmente in una mappa scaturita dal movimento di un compasso. Elementi naturali per una poesia a più dimensioni, da assaporare in silenzio. Cura di Chiara Gatti ed Elisabetta Masala.

Condividi
Titolo del podcast in esecuzione
-:--
-:--