28 Giugno 2025
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Nuoro - In occasione della loro partecipazione all’evento “Zente Santupredina”, Tonino Cossu, “Cittino”, e Dino Pes, “Velluto”, hanno brevemente visitato Nuoro, città natale del primo.
«La passione per i cavalli non conosce misure, nasce e cresce con te – afferma con gioia Tonino Cossu, ex fantino, oggi rinomato preparatore e allevatore di cavalli da corsa a Siena –, dai primi approcci accarezzandolo fino a sognare per tutta la vita di esserne compagno. È un animale nobile, devo ringraziare gli amici che mi hanno dato la possibilità di montare non avendo cavalli di proprietà e supportandomi moralmente nel perseguire il mio obbiettivo».
«Il cavallo è sempre stato una presenza nella mia famiglia per cui la mia passione è arrivata naturalmente – gli fa eco Pes, fantino reduce dalla vittoria al Palio di Siena e di grandi successi come i pali di Asti, Fucecchio e Legnano -. Ho avuto la fortuna di fare della mia più grande passione un lavoro, e questo è il più grande dono che si possa ricevere».
Gratitudine, perseveranza e umiltà sono le doti che hanno permesso ai due cavalieri di realizzarsi.
«Ho guardato sin da bambino coloro che partecipavano al mondo delle corse con ammirazione, per me erano idoli – racconta il fantino di Silanus –. Ho custodito il desiderio di correre il Palio di Siena fino a realizzarlo e già quello era l’apice, vincerlo è stato inimmaginabile. Mi ritengo molto fortunato e sono grato per questo».
I due hanno poi parlato del mondo delle corse e della condizione che sta attraversando: «La situazione è critica – confessa Cossu –, andrebbe data maggior rilevanza ad una cultura, (non un semplice sport) che viene invece sempre più arginata. L’ippica ha bisogno di una spinta e di un cambiamento, pur facendo tesoro di ciò che gli anziani ci hanno lasciato portandolo avanti con rispetto. Il nostro settore dovrebbe ricevere lo stesso valore di altri nel sociale. Ha una sua economia, essendo un indotto che da tante possibilità di profitto, dal contadino che vende foraggi al maniscalco, i veterinari, i cavalli stessi e tutti i lavoratori dell’ambiente».
Come tanti settori lavorativi in Italia si sta affrontando una forte crisi, per giunta ci si sente sminuiti e trascurati dalle istituzioni ma al contempo costantemente giudicati: «Ad oggi subentrano politiche legate al benessere dell’animale – spiega il nuorese – com’è giusto che sia, ma queste devono portare ad un miglioramento delle condizioni e non alla scomparsa delle corse. Al primo posto c’è la sicurezza del cavallo, di chi ci guarda e di noi che lavoriamo. È un ambiente sano che insegna tanto, dal senso del dovere ai sacrifici da compiere ogni giorno. È veramente un peccato che sempre meno giovani si affaccino a questa realtà».
Il numero delle corse in Italia è in continuo calo, conseguenza delle nuove norme che nella pratica si rivelano di difficile applicazione. Disinteresse da parte dello Stato nell’incentivare un settore che genera lavoro e porta avanti una cultura, montepremi dimezzati che nella maggior parte dei casi non ripagano le spese sostenute dagli allevatori, scoraggiati dal continuare ad investire tempo, denaro, energie e speranze in un settore in decadenza: il mondo dell’ippica non è più considerabile economicamente vantaggioso, per cui un allevatore consapevolmente alleva i suoi cavalli mosso dal piacere nell’attesa di una soddisfazione che ripaghi i sacrifici e gli sforzi fatti. Ma se dopo anni di dedizione, cure e attenzioni non vi è neppure occasione di vedere il proprio cavallo scendere in pista per assenza di corse? Con questa frustrazione l’ippica lentamente muore. «Quando ho iniziato io l’ippica era già sofferente – racconta Pes -, basterebbe che fosse un settore riconosciuto in cui tutti stiano bene. Gli allevatori non lo fanno per guadagnare però sarebbe corretto che non ci perdessero o che per lo meno avessero la possibilità di divertirsi».
L’ippica con le sue manifestazioni si trova sempre più spesso al centro di polemiche, dalla processione di paese al palio. È consuetudine che il mondo dell’allevamento animale sia motivo di dibattito generale ma pare essere il campo in cui tutti sono esperti e liberi di qualsivoglia critica. Le corse di cavalli vengono tacciate di maltrattamento animale, ma cosa c’è veramente dietro quei pochi minuti? «Le persone che esprimono opinioni dovrebbero vedere la gioia con cui creiamo gli spettacoli che vedono in televisione – sottolinea Cossu -. Io amo ogni cavallo, dal più sfortunato al più abile, e lo rispetto, è il mio compagno di vita. Bisognerebbe creare dei centri in cui i giovani che vogliono lavorare con questi animali siano disciplinati e capaci. Ma prima di tutto deve essere trasmessa loro la passione, perché senza di essa questo lavoro non si può fare. È un mestiere che ti stimola quotidianamente e ti migliora come persona. Ti fa sentire vivo ed energico, avendo a che fare ogni giorno con un animale di 6 quintali con un suo cervello pensante: è una sfida continua».
Dino Pes alla lente di ingrandimento popolare sempre pronta a sentenziare risponde: «Per giudicare bisognerebbe conoscere. Se chi critica venisse nelle nostre scuderie a vedere come trattiamo i cavalli, prima di parlare ci penserebbe due volte. Spesso trascuriamo la famiglia per passare più tempo con loro, per noi non sono un mezzo di guadagno ma compagni di vita. Senza il cavallo non potremmo fare niente, lui è il primo attore quindi se non sta bene lui non stiamo bene neanche noi».
Dino Pes e Antonio Cossu sono lodabili per l’amore e la dedizione verso la loro professione e nei confronti di questi animali così preziosi. Conducono una vita in funzione dei cavalli vivono e lavorano con loro e per loro, spinti dalla forza della passione. I due uomini sono l’emblema dell’importanza che la bandiera dei quattro mori ha nell’ippica nazionale. Senza alcun dubbio essa può essere definita dipendente dalla Sardegna, per linee di sangue dei cavalli, provenienza dei fantini, allenatori e allevatori che, nonostante le difficoltà, continuano da generazioni a perseverare.


