Un fotogramma dal film Banditi a Orgosolo di Vittorio De Seta, 1961
La cultura del dispetto dietro gli attentati
di Francesco Mariani

26 Febbraio 2025

3' di lettura

Come leggere i tanti atti incendiari effettuati verso automobili, camion e mezzi di lavoro in città e nei paesi della nostra Diocesi? Domanda impegnativa e ancor più lo è una possibile risposta

Le mutazioni sociali sono cosa ben diversa dai cambiamenti sociali. Le prime avvenivano nel tempo, nel trascorrere di secoli ed anni; i secondi avvengono nell’oggi, nel breve susseguirsi di settimane e stagioni. Mutazioni e cambiamenti sociali oggi avvengono in contemporanea, hanno il brivido e l’ansia dell’immediatezza. Parlando degli attentati incendiari si potrebbe dire che assistiamo al passaggio dalla vendetta al dispetto. 

Nel codice barbaricino era considerata offesa grave, tanto ma meritare la morte dell’autore, lo sgarrettamento di un paio di buoi ammansiti. Questi infatti erano essenziali al lavoro e al sostentamento di una famiglia: servivano per trainare i carri, per arare, per pulire le vigne ecc. Per la Chiesa lo sgarrettamento di tali buoi era peccato talmente grave da rientrare in quelli riservati al Vescovo per l’assoluzione. Chi infatti lo compiva stava compromettendo la sopravvivenza di una famiglia. Ecco perché rientrava nella tipologia della vendetta.

Oggi, incendiare un camion, un mezzo da lavoro, un’automobile non è considerato un atto tale da richiedere una punizione esemplare. È un gesto che rientra nella categoria dei dispetti che per quanto disgustosi vengono ritenuti sopportabili. Alla base vi sono le motivazioni più svariate, note ed il più delle volte ignote, ma il filo conduttore resta quello avversativo della ripicca. Un modo di pensare a ed agire che sta permeando i rapporti sociali.   

Pensiamo ai coniugi separati che ingaggiano aspre battaglie legali e che mettono in atto comportamenti distruttivi non solo per l’ora odiato ex-coniuge, ma per tutti. Pur di colpire l’ex si arriva a danneggiare i figli, a compromettere la propria relazione con loro, ad usarli come arma impropria. Pensiamo a quanti sono quotidianamente impegnati nell’intentare continuamente cause, con conseguenti guai finanziari, incredibili perdite di tempo ed energie, oltre a fare terra bruciata attorno a sé. Pensiamo a quante ripicche, dispetti e sospetti ci sono dietro delibere della Pubblica amministrazione, concorsi ed assunzioni nel pubblico impiego, risoluzioni di contratti economici e societari. Comportamenti di questo tipo sfociano in gravi azioni criminali, bullismo, stalking, dispetti “condominiali”, campagne denigratorie e diffamatorie.

La ripicca è dannosa per tutti. Essa non risolve mai una controversia, anzi, la esaspera. Non trova un punto di mediazione anzi accresce relazioni imbevute di comportamenti aggressivi e sentimenti negativi. Si è disposti a perdere pur di arrecare danno all’altro. Questo modo di fare e di pensare lo possiamo riassumere con un aneddoto sardo il cui protagonista cambia da paese a paese. Un pastore si imbatte con un fantasma che gli dice: «Chiedimi qualunque cosa vuoi ed io te la darò ma tieni presente che al tuo nemico darò il doppio. Se dunque chiedi cento pecore lui ne avrà duecento». Il pastore, dopo averci pensato un poco, risponde: «Cavami un occhio». Della serie, io non ci guadagno ma al mio nemico accade di peggio. 

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