Mario Pes, Cagliari, porto (post 1929)
La Sardegna dall’arcaico alla modernità
Mostre. Inaugurata allo Spazio Ilisso di Nuoro l’esposizione dedicata all’opera del fotografo Mario Pes
di Franco Colomo

24 Novembre 2024

4' di lettura

Le contraddizioni che hanno accompagnato l’ingresso dell’Isola nella modernità fissate su pellicola tra gli anni Venti e Trenta del Novecento. È l’occhio di Mario Pes (1887-1963) a restituire una Sardegna nella quale convivono tradizione e progresso, quasi mai in armonia spesso in contraddizione, come ancora vediamo e sperimentiamo.
Pes documenta l’Isola dell’interno dove un uomo in costume è intento ad arare il proprio campo con un aratro di legno – questa la prima immagine del percorso espositivo -, ci sono poi i paesi con le loro povere case, le famiglie numerose e i bambini, il lavoro delle donne, la povertà e la miseria in tutte le sue forme, ma anche i momenti di festa nei santuari campestri. Il contrasto, evidenziato anche dal differente colore delle pareti scelto in fase di allestimento, è nel passaggio alle immagini di grandi navi in una Cagliari prebombardata, a quelle delle bonifiche, della costruzione di grandi infrastrutture come dighe o ferrovie. «Si tratta – ha detto Vanna Fois in sede di presentazione – di scatti dalla grande rilevanza documentale. La modernizzazione avviene grazie all’azione di uomini, donne e ragazzi che Mario Pes ritrae con intensa partecipazione. E se la committenza esigeva immagini che restituissero le grandi opere che all’epoca venivano realizzate, la sensibilità del fotografo restituisce e fissa, dando anche un’enorme dignità, a un’altra idea di progresso, quella espressa dalla dall’armonia dei gesti, dal sudore dei corpi, dalla posa, dagli sguardi che vengono anche fermati da Pes con attrezzature fotografiche di non facile trasporto e gestione. Questo il fotografo lo fa con una qualità tecnica ed estetica che rende ancora più rilevante il suo lavoro».


La mostra, ha ricordato Vanna Fois, è interamente autoprodotta e ha richiesto un lungo e complesso lavoro di ricerca che è confluito nei tanti materiali distribuiti nelle teche lungo il percorso espositivo.
Il processo di «ricerca e disseppellimento» – ha sottolineato Fois – è merito in particolare di Enrico Pinna, fotografo, giornalista e documentarista. Ad una sua intuizione, dopo il ritrovamento quasi casuale avvenuto nel 2011 di un album con fotografie di Pes, si deve la ricerca che ha coinvolto non solo la famiglia del fotografo ma vari archivi pubblici e privati oltre che collezionisti. A rendere giustizia a questo prezioso lavoro durato anni anche il docufilm, firmato da Pinna, che arricchisce la mostra. A completare il percorso anche una monografia con testi di Giacomo Daniele Fragapane, Maria Luisa Di Felice, Enrico Pinna, Sylvie Cocco, Giuseppina Cuccu.
Ad Antonello Cuccu, che si è avvalso della collaborazione di Artigianato e Design di Pietro Fois, si deve l’allestimento della mostra. 
Cuccu ha ricordato come Pes abbia negli anni costruito una serie di relazioni con artisti, editori e come abbia pagato scelte personali molto chiare. Un episodio su tutti per comprendere la sua personalità e la dirittura morale: «Nel 1935 – ha raccontato Cuccu – arriva Mussolini e diversi professionisti vengono chiamati per realizzare il servizio fotografico; si chiede rigorosamente a tutti di indossare la camicia nera. Pes va a fotografare ma usa la camicia bianca, naturalmente viene scacciato dal sindacato fotografico, perde il lavoro, si deve riorganizzare l’esistenza».
A ricordare quell’episodio una camicia bianca, esposta insieme alle sue fotografie. La mostra – terza esposizione fotografica allo Spazio Ilisso dopo quelle dedicate a Marianne Sin-Pfältzer nel 2020 e a Toni Schneiders nel 2023 – si potrà visitare fino al 30 marzo 2025.

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