In politica ci sono dettagli difficili da dimenticare perché continuano a pesare nel tempo. Alessandra Todde ha vinto le scorse elezioni regionali grazie al voto disgiunto. Ha ottenuto 334160 voti, 3061 in più di Paolo Truzzu. L’insieme delle liste della coalizione di centro-destra ha ottenuto invece 338240 preferenze risultando la più votata complessivamente. Il nostro sistema elettorale, pensato ed approvato dal centrosinistra e centrodestra per emarginare il terzo incomodo (leggi 5Stelle o Renato Soru) permette simili risultati finali. Di fatto Todde è stata eletta grazie al voto disgiunto arrivato dal centrodestra: è lei la vincitrice decisiva non il campo larghissimo delle liste a suo sostegno.

Questo dato di fatto provoca effetti politici destinati a pesare sull’intera legislatura. E’ ovvio infatti che chi vince, piaccia o meno, faccia pesare il suo ruolo decisivo. Partiti e micropartiti chiedono collegialità nelle decisioni rivendicando la loro fetta di consenso elettorale. Ma senza la Todde starebbero all’opposizione, molti senza rappresentanza in Consiglio. Quando dunque si accusa la Governatrice di essere accentratrice, decisionista in solitaria, restia al confronto, si dice solo una parte di verità. Ha tutto il diritto per esserlo anche se politicamente crea innumerevoli e spiacevoli problemi. Pure chi per caso si trova sul carro del vincitore crede di essere il cocchiere e di poter fare la voce grossa nella spartizione delle poltrone e nell’assegnazione degli infiniti posti del carrozzone regionale. Un deprimente mercato delle vacche al quale da tempo ci siamo abituati.

Anche il migliore dei manuali Cencelli è incapace di lenire la contraddizione che sta alla radice tra il ruolo di chi ha vinto e quello di chi lo ha sostenuto. Se la Governatrice si dimette tornano tutti a casa, cosa che nessuno vuole, neanche tra le fila dell’opposizione. Piaccia o meno, il destino dei consiglieri regionali è nelle mani della Todde che non dimentica certo questo particolare. 

L’elezione diretta dei presidenti delle regioni porta con sé un effetto collaterale non di poco conto: lo svuotamento e la scomparsa pressoché generalizzata delle assemblee legislative. Non a caso il nostro Consiglio Regionale si riunisce col contagocce e per lo più per ratificare decisioni prese dalla Giunta sotto dettatura della Governatrice. Le leggi approvate sono molto poche, gran parte di esse impugnate dal Governo nazionale (accadeva anche con Solinas Presidente) e anche mistificatorie come quella del fine vita. Questo sistema   comprime la dialettica politica e marginalizza le minoranze e gli stessi consiglieri di maggioranza ridotti al “Signor sì Presidente”. 

E accade così che di politica si chiacchiera mentre scelte e decisioni strategiche vengono adottate o rinviate a lume di candela, in separata sede. Non è un caso se in questi quasi due anni di legislatura regionale le frizioni all’interno della maggioranza siano dovute a spartizioni di poltrone, incarichi e deleghe nel circo massimo dal quale non si esce più una volta entrati. Nel frattempo tutto diventa emergenza da affrontare però con calma e continuarne a parlare nei prossimi decenni. Evidentemente, anche a chi fa lamentazioni questo sistema va bene. Piace meno agli elettori che disertano le urne chiamati a votare non su programmi ma su carriere personalistiche.