
30 Gennaio 2025
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In un’intervista rilasciata a un quotidiano il Ministro Valditara ha manifestato l’intenzione di modificare le Indicazioni nazionali per il primo ciclo di istruzione. Intervista che ha immediatamente animato un partecipato dibattito come sempre accade quando si tratta di metter mano al grande edificio della scuola. Il Ministro informa che il documento viene elaborato da un’autorevole commissione, presieduta da Loredana Perla, pedagogista dell’Università di Bari e da esperti quali l’autorevole storico Galli della Loggia. La discussione di questi giorni riguarda perciò le anticipazioni che nell’intervista si è voluto dare. È quindi discutibile entrare nel merito delle Nuove Indicazioni basandoci solo su dichiarazioni, seppur autorevoli, alla stampa. È bene aspettare il documento finale che andrà sottoposto all’attenzione di tutti i portatori di interesse, famiglie, parti politiche, sindacali, sociali e religiose del paese, in un confronto che si spera fruttuoso, partecipato e proficuo, posto che le prime anticipazioni hanno già creato interesse e preoccupazione. Secondo le intenzioni ministeriali le Nuove Indicazioni andrebbero a regime nell’anno 2026/27. Le maggiori novità riguarderebbero lo studio della letteratura e della grammatica: «Dobbiamo riprendere la scuola della memoria con testi semplici quali filastrocche, scioglilingua e altro. Già dalle elementari con primi accenni all’epica classica… senza perdere per strada la grammatica e lo studio della regola. La cultura della regola inizia dallo studio della grammatica» dice Valditara. Una seconda novità riguarderebbe la Storia. Intanto si supererebbe la cosiddetta geostoria, recuperando meritevolmente, alle superiori, lo studio separato delle due discipline, Geografia e Storia. Si darebbe nuovo impulso allo studio della storia d’Italia, della civiltà greca e romana e delle origini del cristianesimo, oltre le ideologie e con una visione critica e oggettiva del passato. Concetto sintetizzato con l’espressione Ritorno al futuro.
La novità che ha catalizzato il maggiore interesse è stata la reintroduzione del latino a partire dalla seconda e terza secondaria di primo grado, seppure in forma opzionale, a significare il profondo legame con la lingua italiana e con le radici della cultura occidentale. In generale bisogna tener conto che le Indicazioni per il curriculum di Istruzione nel primo e nel secondo ciclo sono delle linee guida di massima che poi ogni singola Autonomia Scolastica deve discutere, metabolizzare e introdurre, con sapienza didattica, nel proprio Piano dell’Offerta Formativa. Non sono Programmi veri e propri come scrivono erroneamente alcuni giornali. Niente impedisce già da oggi che lo studio della grammatica e della Storia sia proposto e attuato come vuole il ministro. Mi risulta in prima persona che in alcune scuole primarie di Cagliari si proceda in questo modo. Lo stesso studio del latino, in forma opzionale, può essere liberamente introdotto seppure le esperienze in tal senso sono rarissime. Il fatto che lo stesso Ministro abbia parlato di possibilità opzionale ha creato molte perplessità. Da sempre l’insegnamento del latino nella scuola italiana ha provocato importanti dibattiti. Fu Concetto Marchesi già nella Costituente, per non riandare allo stesso Gramsci, a farsi autorevole capofila dei fautori del suo insegnamento convinto che «la grammatica di una lingua morta fosse lo strumento più adatto di qualsiasi lingua viva alla formazione mentale di un alunno». Il movimento di opinione capeggiato dal Marchesi contribuì a far lasciare l’insegnamento del latino anche nella nuova scuola media avviata nel 1962, purtroppo poi abolito nel 1977. La progressiva attuale decadenza delle competenze linguistiche dei nostri alunni ha provocato una qualche nostalgia dei tempi in cui il latino faceva parte integrante del curriculum scolastico. Da ultimo il ministro dell’Istruzione Bianchi, Gabinetto Draghi, ne auspicava il ritorno.
Dopo le dichiarazioni di Valditara molti sono stati i contributi al dibattito sulla reintroduzione del latino. Il più autorevole quello di Eva Cantarella, già docente di Diritto Romano che plaude all’intendimento del Ministro ma si preoccupa della sua introduzione facoltativa piuttosto che obbligatoria. «Io credo sia importante collegare lo studio della lingua latina con quello della letteratura, partendo dai testi più facili. L’importante che non diventi qualcosa che favorisce solo alcuni studenti mentre per altri diventa solo una complicazione in più. Se viene introdotto il latino deve essere per tutti e di tutti. Se si lascia la scelta alle famiglie si finisce per discriminare alcuni alunni, quelli meno favoriti. Ma così si commetterebbe una ingiustizia sociale», afferma la professoressa Cantarella. Unanime l’ulteriore non inutile considerazione secondo cui attualmente la scuola secondaria di primo grado non ha docenti che possano insegnare il latino. Molte questioni che verranno chiarite nel documento ufficiale che il Ministro annuncia per marzo.