12 Luglio 2025
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Nel marzo del 2024 il poeta e paesologo Franco Arminio pubblicava su Doppiozero il testo “L’Italia dei paesi”, una sorta di manifesto delle aree interne da lui ribattezzate aree intense «per indicare che non sono luoghi banali a cui dedicare attenzioni residue, ma devono essere i luoghi da cui partire per le sfide dell’Italia e della politica. Non si tratta di aiutare dei poveretti. Le aree intense sono una grande occasione di pensare alle persone e ai luoghi quando si fanno delle politiche. Pensare alla vita di una partoriente, di un bambino, di un giovane, di un anziano. Pensare alla vita e non al solito baratto: finanziamenti in cambio di consenso elettorale. Questo metodo sta letteralmente uccidendo le aree intense e quindi un patrimonio enorme per l’intero paese
A conti fatti nei paesi italiani abitano ancora 13 milioni di persone e almeno la metà stanno in zone fortemente disagiate. Quindi stiamo parlando di un’emergenza che non riguarda un’esigua minoranza di territorio e di popolazione».
Grazie alla Strategia nazionale Aree interne, scriveva Arminio, «abbiano una visione di come stiamo messi, abbiamo una sceneggiatura, ma è necessario cominciare a girare il film. E bisogna prendere atto che il lavoro di sceneggiatura è stato troppo lungo. E mentre giravano le carte, i ragazzi, cioè gli attori possibili del film, andavano via. Tra l’altro bisogna impedire che la strategia venga eccessivamente regionalizzata diventando un “progetto senza strategia” e abbia come unico obiettivo la spesa delle risorse comunitarie e del Pnrr più che il ripopolamento e la rigenerazione dei luoghi. Non serve solo tenere la gente, serve un ripopolamento cognitivo: arieggiare i paesi con un nuovo slancio, servono abitanti di una comunità ruscello più che di comunità pozzanghera».
L’idea del poeta era quella di «un grande intervento pubblico per mettere a lavoro nelle aree intense ragazzi e ragazze italiane che spesso sono andati via, che spesso stanno all’estero. Possono essere agronomi, biologi, architetti, urbanisti, medici, informatici, artisti. A loro spetta il compito di mettere testa e gambe per chiamare queste aree alla sagra del futuro: la tenuta identitaria non basta, è su un progetto di futuro che si possono davvero ravvivare i paesi».
Il dibattito sulle aree interne è tornato d’attualità dopo la pubblicazione del Piano strategico nazionale delle Aree interne 2021-2027 datata marzo 2025 ma reso noto solo nelle scorse settimane. Come spesso accade nel nostro Paese il dibattito si è polarizzato su una parola, l’aggettivo “irreversibile” utilizzato in riferimento allo spopolamento di alcuni comuni marginalizzati. Su questo ma anche sulla strategia nel suo complesso abbiamo chiesto il parere della presidente dell’Anci e sindaca di Fonni Daniela Falconi oltre che di alcuni sindaci di piccoli paesi del nuorese.
Tornando a Franco Arminio è significativo rileggere un capitolo dal suo Caraluce. Atlante dei paesi invisibili, si intitola Bucagrande e dice così: «Fecero una grande buca e seppellirono questo paese con tutti i suoi abitanti. Fu il primo passo di un progetto intitolato Il cimitero dei paesi. Ne hanno già seppelliti un migliaio. E la cosa è avvenuta senza che nessuno se ne accorgesse. Oggi ci si accorge solo delle cose piccole, delle cose frivole. I drammi passano inosservati se non abbiamo le parole per raccontarli».
Un argine a spopolamento e desertificazione
Il primo commento al Piano strategico nazionale delle aree interne lo abbiamo chiesto a colei che rappresenta tutti i sindaci della Sardegna, Daniela Falconi, presidente di Anci e sindaca di Fonni.

«Più che preoccuparmi un eventuale ridimensionamento – afferma -, mi preoccupa maggiormente il pensiero che ci sta dietro, ovvero che certi territori non meritino considerazione in termini di finanziamenti, di attenzioni politiche perché sono destinati all’estinzione. Al di là poi delle polemiche, questa è una cosa che ciclicamente si ripete e questo da territori dell’interno, ma io credo anche da chi abita nelle città, non può essere accettato: anzitutto perché i territori fanno in gran parte la tradizione, rappresentano le radici di tutte le aree del Paese, poi perché investire sui territori significa salvare non solo le persone che ci abitano ma anche determinate cose che non si potrebbero trovare altrove. Penso ad esempio alla mancata cura dei boschi se tutti i pastori dovessero abbandonare le nostre campagne, penso a cosa succederebbe se non ci si prendesse più cura di strade di montagna, ma anche strade rurali, e tutto restasse in balia del dissesto idrogeologico d’inverno o degli incendi d’estate.
Tutte queste cose secondo me meritano di essere affrontate da politiche non di breve durata ma con un piano strutturato importante. C’è da affrontare quello che è il tema dei temi, che è lo spopolamento e la desertificazione, quest’ultima è anche peggio perché lo spopolamento avviene quando non nascono bambini, la desertificazione invece quando il territorio si abbandona, si chiudono le imprese, quando i giovani vanno fuori a studiare e poi non tornano. A noi serve che non si salvi solo il metodo SNAI (Strategia nazionale Aree interne), un metodo di dialogo con i territori, a noi serve che si mettano insieme tutti questi fondi – SNAI, fondi europei, di coesione, fondi di bilancio statali e regionali – ma soprattutto serve una politica che su queste cose non faccia propaganda. La salvezza dei territori, la lotta allo spopolamento, alla desertificazione che sta interessando anche vaste aree urbane – penso ad esempio ai centri storici cittadini che si stanno trasformando in B&B, con i residenti stanno abbandonando i centri anche di Cagliari e Sassari -, passa da un Piano che guardi oltre l’appartenenza politica e che guardi oltre la fine di una legislatura, che abbia uno sguardo un po’ più lungo. In questo oggi i sindaci e i Comuni sono di fatto gli unici che stanno facendo da presidio sui territori, da argine e da prima interfaccia con i cittadini quando hanno problemi, garantendo servizi, assistenza, trovando soluzioni laddove la politica a volte manca. Non ne farei più un problema di scontro su una frase – conclude Daniela Falconi – ma di quali politiche vogliamo fare contro lo spopolamento, la desertificazione, l’abbandono. Queste risposte ci aspettiamo, ci dobbiamo dare».

Antonello Piras è stato recentemente eletto sindaco di Oniferi.
«Il Comune di Oniferi con l’Unione dei Comuni Barbagia è stato recentemente inserito nelle aree SNAI. È un riconoscimento per l’impegno dell’Unione che è riuscita a superare un vero è proprio sbarramento burocratico per accedere ai fondi per le aree interne. È proprio la burocrazia uno dei problemi principali di queste strategie. Le linee di intervento inerenti i trasporti, la scuola e la salute possono diventare delle leve importanti per lo sviluppo dei territori ed in particolare per arrestare il depauperamento delle comunità locali».
In merito alla nuova versione della Strategia – prosegue Piras – «ho constatato la presa d’atto da parte della politica nazionale dell’irreversibilità contingente dello spopolamento delle aree interne. Ovviamente non possiamo far finta di non vedere che questo fenomeno esiste e sarà globale e non toccherà soltanto i nostri paesi ma interesserà tutto il mondo. Quello che mi preoccupa invece è che si continua a vedere le aree interne come problema senza rendersi conto che il territorio deve ritornare ad essere risorsa e non problema. Questo però necessita di un cambio di paradigma a livello europeo. Infatti è necessario pensare e progettare la sburocratizzazione di determinati meccanismi per consentire alle aree marginali di riacquistare le proprie potenzialità di sviluppo. Il problema infatti non è soltanto la scarsità delle risorse ma più spesso la difficoltà al loro proficuo utilizzo».

Luca Monne è sindaco di Onifai e presidente dell’Unione dei Comuni Valle del cedrino.
«L’avvio della Strategia Nazionale per le Aree Interne nella Valle del Cedrino rappresenta un momento storico per il nostro territorio. Si tratta di un piano di accesso a risorse economiche fondamentali che andranno a soddisfare le esigenze delle nostre comunità.
La Valle del Cedrino, oggi formalmente inclusa tra le 43 nuove aree interne della programmazione 21/27, ha avviato i lavori per la costruzione della propria strategia d’area grazie a un finanziamento già attivato di 370.000 euro che ci permetterà in primis di redigere il piano. Seguiranno oltre 4 milioni di euro per l’attuazione degli interventi.
Per noi è una straordinaria occasione di riscatto, per un territorio che ha tanto potenziale e che ora può finalmente contare su uno strumento concreto per affrontare le sfide dello spopolamento, del calo demografico e della carenza di servizi. La Strategia Nazionale per le Aree Interne punta su interventi decisivi per migliorare servizi essenziali come la scuola, la sanità e i trasporti, rafforzare la coesione sociale, valorizzare le risorse ed imprese locali e stimola una nuova economia in chiave sostenibile e digitale.
Noi stiamo investendo, ad esempio, sul potenziamento dei servizi sanitari territoriali, sulla mobilità intercomunale con navette a servizio dei cittadini, sull’innovazione nei servizi scolastici e sul rafforzamento amministrativo dell’Unione. Finalmente si è presentata l’opportunità di non rincorrere più i problemi, ma di costruire soluzioni e lo faremo insieme ai sindaci, ai cittadini, alle imprese e alle associazioni, in un percorso partecipativo e condiviso.
Come dicevo abbiamo territori straordinari per qualità ambientale, paesaggistica, culturale e produttiva. Il nostro compito ora è collegare queste risorse a servizi migliori, lavoro stabile e nuove opportunità di vita per i giovani e le famiglie».
Come sindaco di Onifai Monne sente «con ancora più forza il valore di questo percorso: per un piccolo comune, questi strumenti possono veramente fare la differenza. E l’Unione, che a parte Orosei conta 4 piccoli comuni, può davvero essere pilastro e camminare più veloce, e da sola, al servizio delle nostre comunità».
Quanto al passaggio sul declino “irreversibile”, Luca Monne afferma: «Queste righe fotografano con crudezza una parte della realtà delle Aree Interne italiane. Comunità fragili, spesso isolate, con dinamiche demografiche che sembrano difficili da invertire. Ma accettare una diagnosi non significa accettare una condanna. Il documento parla anche – e soprattutto – della necessità di non abbandonare i nostri territori. Di accompagnarli, sì, ma con dignità, con servizi, con visione. È una chiamata all’azione, non dobbiamo rassegnarci! Oggi abbiamo gli strumenti per ridare centralità ai nostri piccoli Comuni, non solo per sopravvivere, ma per offrire qualità della vita, lavoro, cultura, senso di comunità. Non sarà di certo semplice. Ma come istituzioni e come cittadini, abbiamo tutta la responsabilità di non trasformare questa fragilità in rinuncia, ma in occasione di riscatto verso un futuro che è più che possibile».

Per il sindaco di Lodine Davide Cualbu l’avvio della SNAI è «una boccata d’ossigeno. Noi dall’Unione dei Comuni ci siamo mossi subito appena abbiamo capito che c’era questa possibilità e qui abbiamo cercato di lavorare sulle tre direttrici principali, trasporti, sanità e istruzione».
Quanto al Piano e al famigerato paragrafo «io l’ho letto e sono rimasto basito. Noi non siamo destinati a sparire. Siamo destinati a resistere. Il sindaco che amministra le nostre zone sa che deve combattere, deve fare di tutto per resistere, per fare in modo che almeno i servizi essenziali non manchino mai».
Certo il dato demografico è innegabile, «non si può non tenerne conto, ma a noi tocca amministrare a partire dalle criticità quotidiane. Il mio pensiero al momento è per il pullman che deve collegare Lodine alle scuole di Nuoro, è giusto che io abbia la preoccupazione che a settembre non ci sia il mezzo?»
Tornando alle tre direttrici del progetto: «Forse è quello che più di tutto è importante nei nostri paesi riguarda i trasporti, sono quelli che ti portano alle scuole o all’ospedale. Avrei investito più su questo perché garantisce anche le altre due direttrici. Dobbiamo fare in modo che il poco che abbiamo, penso all’ospedaletto e alle scuole a Gavoi, alle strutture vicine, debba essere potenziato per fare in modo che i ragazzi, i giovani, gli anziani abbiano una scelta anche qui vicino ai paesi, perché spostarsi non è sempre facile». Lo merita ogni comune a maggior ragione un centro come Lodine che brilla per senso civico: «La gente comprende qual è l’importanza di andare alle urne, se ti arrendi e non fai più neppure quello penso sia la più grande sconfitta». Anche la giovane età del sindaco, padre di famiglia e lavoratore, è un dato significativo: «Vale la pensa resistere», chiude Cualbu.


