La speranza attesa
Commento al Vangelo di domenica 12 gennaio 2025 - Battesimo del Signore - Anno C
di Federico Bandinu
Perugino, Battesimo di Cristo (1482 ca), Cappella Sistina, Città del Vaticano
4' di lettura
14 Gennaio 2025

La festa del Battesimo del Signore è un momento di passaggio da un tempo che liturgicamente è chiamato forte, a un tempo ordinario. La festa del Battesimo del Signore vuole stringere la nostra vita, spesso disillusa, alla Speranza celebrata nel Natale. Propone al cristiano di vivere e contemplare nell’ordinarietà della vita il Mistero dell’Incarnazione. 

Il popolo è in attesa. Il popolo, immagine dell’umanità, ha tante speranze. Gesù non si sottrae ma si mischia a loro, entra in relazione con il suo popolo nel quotidiano. Condivide le ansie, i turbamenti, le attese, le pretese; condivide tutto eccetto il peccato. È proprio vero, quello che abbiamo sentito nella liturgia del giorno di Natale: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). Tuttavia le attese del popolo erano rivolte, in modo errato, verso Giovanni Battista. Il Precursore compie un atto di umiltà e di Grazia: riconosce di non essere lui il Messia. Non è tanto chi annuncia – il profeta – il fine dell’annuncio, ma il messaggio dato. In altre parole non è tanto il sacerdote che celebra, e che magari ci piace, il fulcro della mia vita spirituale, ma il Cristo, a cui il ministro ha offerto la vita, e che lo annuncia con zelo e umiltà. Facendo così, il Battista, non occupa più il centro dell’attenzione, è solo un mezzo per arrivare a Colui che compie l’attesa. È questo che significa «Non sono degno di slegargli il laccio dei sandali». Non è lui lo sposo. Al centro rimane una speranza, la speranza del popolo che attende un Salvatore. 

Nella liturgia di Natale abbiamo udito che «è nato per voi un Salvatore», ma spesso, tolte le solenni celebrazioni natalizie, lo dimentichiamo. Gesù si fa battezzare. È uno tra tanti. Non c’è nessuna imposizione nell’incontro con il Salvatore; ci sono dati solo alcuni segni: l’acqua, lo Spirito Santo in forma di una colomba e una parola. Solo nella fede è possibile riconoscere in Cristo Colui che compie la speranza del popolo, solo se si da credito a quell’uomo si dà spazio alle meraviglie che Dio vuole compiere nella nostra vita. Il Battesimo nel quale noi siamo stati immersi, forse da bambini, non è il Battesimo semplicemente di conversione nell’acqua della purificazione, ma è un Battesimo di fuoco. Infatti oltre all’acqua, che ha lavato il nostro essere dalla colpa antica, riceviamo il fuoco dello Spirito Santo e una Parola: in altri termini entriamo nella dinamica Trinitaria del Dono. La Parola (Cristo) e lo Spirito Santo sono donate dal Padre – tutta la Trinità – a colui che attende la salvezza. Con il Battesimo siamo uniti, in modo indelebile, al Figlio di Dio diventando anche noi figli di Dio Padre. A noi è concesso di essere parte di quella Parola fatta carne. Se con il peccato ci stacchiamo da Lui, lo Spirito Santo che abita in noi ci spinge a ritrovare la comunione. Il Vangelo di questa domenica contiene un messaggio vivo per noi: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento». È vero che questa rivelazione è fatta dal Padre per il Figlio, ma è fatta anche a noi che attraverso il Battesimo siamo figli nel Figlio. 

Il tutto avviene nella preghiera, il tutto è preghiera. La preghiera rivela non tanto una serie di richieste, pretese e suppliche, ma una relazione viva e vivificante con il Padre. La preghiera-relazione rivela al cristiano che Dio abita la sua vita e quindi colma ogni attesa. Al cristiano riscoprire la Grazia della relazione con il Padre e scoprire che Dio non è lontano ma «più intimo a me di me stesso» (Sant’Agostino).

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