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L’Ortobene
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Direttore Responsabile:
Francesco Mariani
Nella preghiera di colletta della Messa di questa prima domenica, la Quaresima è definita «segno sacramentale della nostra conversione». La Quaresima è “segno” perché prodiga di segni: le ceneri, i quaranta giorni caratterizzati dal digiuno, dalle opere di carità e dalla preghiera. Il cristiano è chiamato non solo a vivere alcune settimane in preparazione alla Pasqua, ma a condividere la stessa esperienza di Gesù raccontata nel Vangelo, quella di un tempo che precede l’inizio del suo ministero pubblico.
L’evangelista Marco compendia i quaranta giorni in due versetti: il primo ci ricorda che «Lo Spirito sospinse Gesù nel deserto» (Mc 1,12). Perché questo luogo? Non c’è solo il ricordo degli episodi dell’Antico Testamento, soprattutto del popolo d’Israele in cammino verso la terra promessa. Il deserto è segno della prova e della verifica della propria resistenza. È il luogo dove si può sperimentare il fallimento, la ribellione, l’abbandono di sé stessi. Una scrittrice convertita dal protestantesimo ha detto che nel deserto «l’uomo è posto bruscamente in solitudine davanti al Signore e al proprio peccato». È lo Spirito che spinge nel deserto: nessuno accetta di buon grado di entrare in questa situazione ma è la condizione necessaria per verificarsi e misurare le proprie energie interiori. È il luogo che ci permette di ricordare che non siamo autosufficienti, proprio lì dove la fragilità emerge e dalla quale ci accorgiamo di non poter scappare. La fragilità è un’esperienza umana che imprime alle cose che vengono fatte e alle parole che vengono dette il sigillo dell’accoglienza, dell’ascolto e della comprensione. La fragilità ci consente di sfuggire all’altro deserto senza uscita dell’egoismo, dell’indifferenza e dell’aggressività.
L’evangelista Marco non precisa né il contenuto della tentazione né la reazione di Gesù alla lusinga del tentatore ma ci offre due dettagli particolari: «Stava con le bestie selvatiche» (Mc 1,13) cioè tutto ritorna alle origini del mondo e si preannuncia l’epoca in cui vitello e leoncello, mucca e orsa pascoleranno insieme (cfr. Is 11,6-8). Non a caso l’atto di ammansire animali feroci è diventato un tratto peculiare di molti santi (ad esempio San Francesco e il lupo di Gubbio). Si diventa capaci di relazionarsi sia con chi è più in alto, sia con chi è più in basso di noi nella scala dell’essere. «Gli angeli lo servivano»: mentre siamo tentati in ogni modo, attraverso le subdole suggestioni del maligno, il Signore non ci fa mai mancare il sostegno della grazia ma solo se, uscendo dal nostro individualismo, diventiamo capaci di servizio disinteressato. Così, dopo la lotta interiore, si può uscire rafforzati dal deserto e non subirlo come pena, anche quando supera i quaranta giorni!