Messaggeri di Dio
Commento al Vangelo di domenica 14 dicembre 2025 - III Domenica di Avvento - Anno A
di Antonio Nicola Rubanu e Giovanni Sanna
Giotto, Giovanni Battista in prigione (1330-35), Dresda, Galleria dei dipinti antichi
4' di lettura
13 Dicembre 2025

«Che cosa siete andati a vedere?» è la domanda che, come un ritornello, accompagna il Vangelo odierno; è questo ciò che chiede Gesù alle folle, le quali, incuriosite e al contempo smarrite, cercano risposte dal Messia. Un Vangelo, quello di questa domenica, che continua a parlare di attesa e di ricerca, attraverso le domande che Gesù rivolge al popolo. La scena questa volta parte da Giovanni Battista, «il più grande fra i nati di donna» (Mt 11,11), il messaggero di Dio, che si chiede se sia Cristo l’atteso, o se debba venire qualcun altro. Anche il Battista è scosso dall’identità di Gesù, che per lui sembra capovolta, se non inesistente; quanti dubbi e quante paure ci assalgono talvolta, quando ci viene tolta l’immagine di Dio che ci siamo costruiti. «Da qui deriva il richiamo alla conversione, che è alla base della predicazione sia del Battista sia di Gesù; in particolare, si tratta di convertire l’idea che abbiamo di Dio» (Papa Francesco). Stando a quanto affermato, possiamo chiederci, come all’inizio dell’Avvento: chi attendiamo? cosa vogliamo vedere? chi vogliamo vedere? 

Giovanni Battista, ricordiamo, è colui che proprio in un altro contesto aveva affermato «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!» (Gv 1,29) Egli «sapeva che quello avrebbe offerto a Dio la passione a vantaggio di tutti. Insomma, anche se non credeva che quello era Cristo, non ignorava ciò che lo riguardava. Infatti sapeva bene quanti benefici gli uomini avrebbero avuto grazie a lui» (Teodoro di Mopsuestia). 

Più volte magari ci capita di lasciarci prendere da altri “messia”, da altri “salvatori”, che ci promettono una falsa felicità, o dei benefici illusori, non accorgendoci che con noi è già presente ilSalvatore, Colui che ci dona la vera felicità. La III Domenica d’Avvento, per tradizione, è caratterizzata da un irresistibile invito alla gioia, secondo le parole dell’apostolo «Rallegratevi sempre nel Signore, ve lo ripeto: rallegratevi. Il Signore è vicino!» (Fil 4, 4-5), che ripetiamo all’inizio della stessa liturgia domenicale. Ancora una volta, è Dio stesso che quasi ci trascina verso la letizia, verso la pienezza, e possiamo avere la certezza che questa gioia che offre non è come quella che dura un momento, ma è perenne, interiore e profonda. L’apostolo ci dona quella parola di cui abbiamo bisogno, «il Signore è vicino!», eliminando da noi ogni paura per il domani, riempiendo il nostro cuore di speranza, e svelando l’attesa. Allora è proprio così che ogni debole, ogni misero, trova compimento anche delle proprie ferite; venendo in mezzo a noi, il Signore Gesù, elimina ogni male: «I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano» e via dicendo, finché il Vangelo non arriva dentro il cuore dei poveri. Meglio, il Cristo motiva anche quei mali, ridando senso e quella dignità perduta ad ogni scartato della società. 

Tuttavia, nella gioia che emerge da questa Parola e da tale liturgia, affiora anche la figura di Maria, Colei che ha atteso nella discrezione e nella gioia la venuta del suo Figlio e Maestro. Il periodo d’Avvento, tempo mariano per eccellenza, e la Solennità dell’Immacolata da poco celebrata, ci ricordano ancora che la speranza non muore in chi sa attendere, che il “Sì” a Dio, seppur detto in modo incerto, porta alla grandezza, alla pienezza, e a quella gioia che nessuno può toglierci. Allora non ci resta altro che alzarci e, sull’esempio di Maria e del Battista, essere messaggeri di gioia e di amore, messaggeri di Dio.

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