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L’Ortobene
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Direttore Responsabile:
Francesco Mariani

Siamo pellegrini in compagnia del Maestro. Egli istruisce i discepoli con parabole offrendo uno sguardo sapiente. La frenesia odierna ci porta a disprezzare ogni tempo lungo o prolungato; non si è più abituati a sostare e curare in profondità le nostre relazioni. Si è sempre meno abituati a fare incontri o stare in rapporti significativi. Non ci sorprenda allora che la pagina evangelica domenicale ci introduca, oggi, nel tema della preghiera attraverso due espressioni che possono sembrare inusuali: «sempre» e «senza stancarsi». Quanto timore a pronunciare qualcosa di definitivo; la precarietà ormai è proclamata come dogma. Con quanta facilità ci stanchiamo; abituati a ricevere, su tutto, impulsi immediati e non essendo capaci di fare ricerca, di scavare e di conoscersi. A tal proposito, come meditazione su questa pagina evangelica, potrebbe essere stimolante la lettura di un classico dalla spiritualità orientale I racconti del pellegrino russo.
Il Maestro, utilizzando l’esempio paradossale del giudice disonesto, vuole mettere in luce la provvidente presenza del Padre. Il giudice disonesto non teme Dio e non ha riguardi per alcuno, il Giudice Eterno è nel Padre un unico Dio e ha amato tanto gli uomini da dare la Sua vita per noi. Se dunque è capace di bontà a causa dell’insistenza e della persistenza della vedova il giudice disonesto, tanto più lo sarà il Cristo, Giudice giusto, con chi lo invoca. «Il Figlio di Dio è sommo sacerdote delle nostre suppliche e nostro difensore presso il Padre, unendosi a pregare per quelli che pregano e a invocare per quelli che domandano» (Origene).
Attraverso l’unione battesimale, nella fede con Cristo, i discepoli sono resi capaci di una relazione-preghiera con il Padre. È «Cristo il ponte» (Karl Barth) che permette all’uomo, con la sua natura fragile e bisognosa, di accostarsi al Dio infinitamente provvidente. All’uomo è richiesto di abitare quella relazione quale fortezza sicura contro gli attacchi dell’“avversario”. Il discepolo, come la vedova della parabola, è bisognoso di cure e di protezione contro l’Avversario che si nasconde dietro indifferenza, peccato, autosufficienza, cattiveria e tanti altri mali che affaticano il pellegrinaggio dell’uomo.
«Dio non ci trascura» (Martirio). L’immagine della vedova ci aiuta a comprendere come Dio guarda l’uomo. La vedova è nel mondo semitico ai margini della società, in quanto non possiede nulla per sostentarsi, eppure in Dio gode di predilezione: «Non maltratterai la vedova o l’orfano. Se tu lo maltratti, quando invocherà da me l’aiuto, io ascolterò il suo grido, la mia collera si accenderà» (Es 22,21-22). La nostra elezione, presentata anche in questo brano evangelico, è coordinata con la nostra misera condizione di indigenza e povertà. La nostra miseria, spesso più spirituale che materiale, richiede una continua e anelante richiesta a chi la può supplire. È nell’attesa anelante del Datore di ogni dono che trova spazio la domanda del Maestro: «Ma il Figlio dell’uomo quando verrà, troverà la fede sulla terra?». La domanda che ci lascia il Vangelo oggi è profonda: «Di cosa ho bisogno? Di chi ho necessità». La risposta a questa domanda è una scoperta, lenta e profonda, di fede: una relazione intima e personale con Dio. In una canzone Matt Maher, attingendo alle più belle spiritualità, canta «Lord, I Need You» (Signore ho bisogno di te). Questa consapevolezza ci porta a camminare nella Speranza che il Signore, oggi, troverà la fede anche in un mondo dilaniato da guerre e in casi fragili e disperati quali siamo.