Un incontro che trasforma
Commento al Vangelo di domenica 9 febbraio 2025 - V Domenica del Tempo Ordinario - Anno C
di Federico Bandinu
Jacopo Bassano, La pesca miracolosa (1545), National Gallery of Art, Washington
4' di lettura
8 Febbraio 2025

Lungo il lago di Genesaret Gesù, ormai famoso per i prodigi compiuti, insegna al popolo. Le folle sono intorno a Lui per ascoltarlo, eppure, Colui che ci insegna ogni missionarietà, guarda oltre e osserva in profondità. Riesce a scorgere, oltre la folla, dei pescatori che non erano di quelli che lo seguivano. Riconosce che sono uomini profondamente sfiduciati che hanno sperimentato il fallimento. In questo brano del Vangelo Gesù, riconosciuto come Maestro, sale sulla barca di questi pescatori, parla alle folle per poi fare una cosa più importante: parlare personalmente con Simone. «Quando ci sembra che tutti ci ignorino, che nessuno sia interessato a ciò che ci accade, che non siamo importanti per nessuno, Lui è attento a noi» (DN 40). Gesù conosce le preoccupazioni che stava sperimentando, conosceva la sua morte. Decide di scendere al livello del pescatore ed immergersi nel suo mondo, entra nella sua morte. Gesù parla la sua lingua, dalla folla scende verso il suo (mio) cuore ferito. Gli propone di imitarlo. Chiede di guardare oltre il fallimento, l’orgoglio ferito e la sua esperienza; ma anche di andare lontano: verso il mare aperto, nella profondità di sé stesso e nella novità di un incontro. Simone si fida e, dopo aver preso il largo, sulla Sua Parola getta le reti. I frutti sono dati, per fede, nella relazione con Cristo. 

Il miracolo più grande non è la pesca miracolosa ma il fatto che Simone, attraverso l’incontro con il Maestro, è trasformato, la sua morte è vinta. «Colui che crede, nell’accettare il dono della fede, è trasformato in una creatura nuova» (LF 19). Simone è Simon Pietro, per lui il Maestro (erano tanti in Israele) diventa il Signore (unico Messia atteso), i quattro pescatori diventano discepoli e il capo diventerà pescatore di uomini. Che il centro sia la relazione, e non il frutto della pesca prodigiosa, è testimoniato dal fatto che appena toccano terra lasciano tutto – compreso l’abbondante pescato – e lo seguono. È questione di priorità. «Quando Gesù non parla al cuore, non c’è consolazione che tenga; ma se Gesù dice anche soltanto una parola, tutto si risolve in un grande sollievo» (Imitazione di Cristo II,8,1). Pietro ha capito che quell’uomo, che magari di pesca non ne capiva molto, era il Dio che voleva amare la sua umanità peccatrice. 

L’incontro con Gesù è un misto tra stupore e timore. Lo stupore di vedere le meraviglie compiute dall’Amore di Dio. Il timore di riconoscerlo santo (separato) rispetto alla nostra vita spesso piena di contraddizioni e peccato. Pietro, riconoscendolo Signore, riconosce di essere indegno di un dono così grande. Volendo allontanare Gesù, è come noi quando abbiamo timore di chiedere il perdono. Ma il Signore guarda oltre. «Non temere – dice Gesù a Simon Pietro – d’ora in poi sarai pescatore di uomini». Gesù scende, non solo a parlare la lingua del pescatore, ma ama il peccatore. Da pescatore (in proprio) di pesci, diventerà pescatore (dipendente) di uomini. C’è una bella differenza: il pesce quando viene tirato fuori dal mare muore, l’uomo tirato fuori dall’acqua è salvato. Pietro (trasformato dall’incontro pasquale) con la sua barca (la Chiesa), attraverso le reti (parola e sacramenti), raccoglie una moltitudine di genti (umanità) dall’acqua mortifera (del peccato) all’aria libera (della vita nuova in Cristo). «Infatti essa [la Chiesa] è la nave che suole non dare la morte, ma la vita a quelli che sono stati sollevati dai turbini del mondo come da flutti» (Massimo da Torino). 


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