A proposito di labirinti
Una immagine universale, vero e proprio archetipo onnicomprensivo, che ricorre in miti e narrazioni.
di IV C Liceo Classico Nuoro
6' di lettura
11 Ottobre 2025

Nel labirinto non ci si perde
Nel labirinto ci si trova
Nel labirinto non si incontra il Minotauro
Nel labirinto si incontra se stessi
H. Kern

Il nostro contributo intende offrire all’attenzione dei lettori una serie di considerazioni legate ad una immagine particolarmente suggestiva che a partire dal mondo classico ancora persiste ed affascina, oltre a suscitare riflessioni critiche utilissime per il nostro presente. Il tema è quello legato al labirinto, immagine universale, vero e proprio archetipo onnicomprensivo, che ricorre in miti e narrazioni. Init labor: già l’anagramma che significativamente allude all’inizio della fatica può utilmente introdurre all’argomento.

L’antico mito greco narra che ogni nove anni Minosse esigeva che a Creta sette giovani fanciulli e sette vergini fossero offerti in pasto al terribile mostro Minotauro rinchiuso nel labirinto ideato da Dedalo.  Teseo, per sciogliere la sua città dal terribile obbligo, si nascose fra loro per introdursi nel labirinto. Arrivato a Creta, Arianna, figlia di Minosse, gli procurò l’espediente decisivo per entrare e uscire dalle infinite vie abitate dal mostro. Teseo infatti tramite un fuso, che lasciò all’entrata, riuscì a raggiungere il Minotauro, ucciderlo e uscire seguendo il filo rosso che aveva srotolato dietro di sé.

Derivante dal termine Labra, che indica una caverna dai molti cunicoli e corridoi, il labirinto appare come una strada complicata, irregolare, con molti passaggi, attraverso o intorno ai quali è difficile trovare la via senza una guida. Un luogo pertanto donde non si trova modo di uscire, sinonimo di imbroglio, intrico, inviluppo, confusione. Il labirinto è da intendersi come simbolo di conoscenza universale, laddove il Minotauro allude all’oscurità interiore, costringe a confrontarsi con le paure, con gli aspetti irrazionali. È necessario allora che vi siano fili simbolici a cui aggrapparsi per comprendere la realtà, con determinazione e perseveranza. L’obiettivo non è solo trovare l’uscita ma scoprire se stessi facendolo. 

Il labirinto è quindi il luogo in cui ci si può perdere e o in cui ci si può ritrovare, luogo complicato, tenebroso in cui è difficile orientarsi. Si tratta di una figura geometrica delimitata, con una piccola apertura e un sentiero che porta al centro, come in un vicolo cieco. Il filo di Arianna rappresenta allora simbolicamente l’aiuto divino in un luogo di oscurità e perdizione, in un vero e proprio paesaggio intricato. Il viaggio conduce all’ orientamento permettendo di ritrovare se stessi, ed assume quasi un valore iniziatico. Assume quindi due significati, uno concreto, l’altro invece simbolico, quello di ricerca interiore per raggiungere la salvezza. Una sfida complessa, così come quella quotidiana dell’uomo. Il disegno del labirinto nelle cattedrali rappresenta una sorta di percorso o cammino proprio verso la salvezza legato ad un travagliato percorso di formazione e di ricerca di consapevolezza. Riprodotto elegantemente in vari giardini acquista un valore quasi ludico di passatempo. 

Particolarmente significativi i richiami letterari. Nell’Orlando furioso di Ludovico Ariosto è rappresentato nell’immagine della selva e nella descrizione del palazzo incantato di Atlante, a simboleggiare luoghi enigmatici, misteriosi, che richiedono di essere decifrati, ma non si sa se si riuscirà a trovare la strada. E quindi il riferimento è alla difficoltà nel cercare di raggiungere gli obiettivi, di realizzare i propri desideri, che spesso si rivelano come illusioni. Il labirinto è il luogo degli inganni inteso anche come mondo che affascina l’uomo e lo spinge ad esplorarlo. In Kafka rappresenta la solitudine in un mondo inteso come prigione. In una realtà in cui l’uomo spesso è spaesato e senza punti di riferimento, diviene simbolo della vita tante volte tortuosa. Borges lo definisce infinito, legato all’idea di molteplicità ed enigmatico. E ancora il labirinto è anche metafora dei pensieri, che possono affollare la nostra mente entro meandri insondabili.

I versi della poetessa polacca Wislawa Szymborska ci aiutano a comprendere la complessità di tale immagine:

E ora qualche passo
da parete a parete,
su per questi gradini
o giù per quelli,
e poi un po’ a sinistra,
se non a destra,
dal muro in fondo al muro
fino alla settima soglia,
da ovunque, verso ovunque
fino al crocevia,
dove convergono,
per poi disperdersi
le tue speranze, errori, dolori,
sforzi, propositi e nuove speranze.

Una via dopo l’altra,
ma senza ritorno.
Accessibile soltanto
ciò che sta davanti a te,
e laggiù, a mo’ di conforto,
curva dopo curva,
e stupore su stupore,
e veduta su veduta.
Puoi decidere
dove essere o non essere,
saltare, svoltare
pur di non farti sfuggire.
Quindi di qui o di qua
magari per di lì,
per istinto, intuizione,
per ragione, di sbieco,
alla cieca,
per scorciatoie intricate.
Attraverso infilate di file
di corridoi, di portoni,
in fretta, perché nel tempo
hai poco tempo,
da luogo a luogo,
fino a molti ancora aperti,
dove c’è buio ed incertezza
ma insieme chiarore, incanto
dove c’è gioia, benché il dolore
sia pressoché lì accanto
e altrove, qua e là,
in un altro luogo e ovunque
felicità nell’infelicità
come parentesi dentro parentesi,
e così sia
e d’improvviso un dirupo,
un dirupo, ma un ponticello,
un ponticello, ma traballante,
traballante, ma solo quello,
perché un altro non c’è.

Deve pur esserci un’uscita,
è più che certo.
Ma non tu la cerchi,
è lei che ti cerca,
e lei fin dall’inizio
che ti insegue,
e il labirinto
altro non è
se non la tua, finché è possibile,
la tua, finché è tua
fuga, fuga.

E il senso della ricerca è anche nei versi dedicati al labirinto di Josè Saramago:

Nei giri e nei giri che m’adombrano,
nell’andare a tentoni a occhi aperti,
qual è del labirinto l’ampia porta,
dove il raggio di sole, i passi certi?
In me ti perdo, insisto, in me ti sfuggo,
in me fonde il cristallo e si frantuma,
ma quando il corpo cede alla stanchezza
in te mi vinco e salvo, in te mi trovo.

Un tema, quello del labirinto, che ci interpella in una età come la nostra in cui, perduti gli antichi punti di riferimento, siamo impegnati nella ricerca del “centro”, di un approdo sicuro in cui sia possibile ritrovare il senso profondo del nostro essere.


A cura degli alunni della classe IV C del Liceo Classico “G. Asproni” di Nuoro: Giulia Baltolu, Margherita Baragliu, Claudia Beccu, Rosalia Bruno, Eleonora Cottu, Sofia Cucca, Giada Deiana, Maria Deiana, Francesco Paffi, Daniele Pisanu, Mariantonia Podda, Greta Vitzizzai. 

Coordinamento didattico: Venturella Frogheri

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