Chircantoni Tola, uomo austero e poeta
Bittese, visse al tempo delle nostre guerre civili per la proprietà delle terre tra fine Settecento e metà Ottocento
di Natalino Piras
Busto di Ciriaco AntonioTola, opera dell’artista Maria MoroTola (fotografiadi Niko Selis)
5' di lettura
13 Novembre 2022

La vicenda umana e poetica di Ciriaco Antonio, Chircantoni Tola (Bitti 11 febbraio 1785 – 21 novembre 1868) si svolge al tempo delle disamistades per la proprietà delle terre, tra Bitti e Orune, una guerra civile costata decine e decine di morti, temporaneamente e illusoriamente interrotta con le paci di San Giovanni, il 5 dicembre 1887. In quella guerra ebbe spicco il rettore di Orune Francesco Salvatore Angelo Satta Musio, personaggio altrimenti tragico, ucciso a ferro freddo in loc. Sos Concheddazzos. Francesco Satta Musio era cugino per via paterna di Chircantoni Tola che ne cantò in versi il ruolo di fondatore del Comitato Agrario di Orune, il fatto che avesse fatto mettere a coltivo 300 piante di olivo e avesse insegnato agli orunesi la coltivazione dell’indaco e del sesamo. Lo stesso Chircantoni Tola «amò molto la campagna, e di un terreno posto di fronte e a brevissima distanza dal paese [Bitti] fece un podere modello: vi piantò anche un gelseto e coltivò l’industria serica». Scrive così Ciriaco Mundanu, sacerdote, autore di una delle versioni de sas grobbes de sa Madonna de su Meraculu, in un ritratto biografico del poeta Tola nel libro Cantones e mutos, pubblicato nel 1914 dalla Casa Editrice “La Fiorita” di Teramo.

Mundanu dice dell’uomo pubblico, Chircantoni Tola figlio del notaio Ciriaco Antonio e di signora Raimonda Carta. Abitava in una casa che tutti i bittesi conoscono, la stessa dove Proto Buffoni, mitico medico di base e pediatra, marito di Carmela Tola, discendente di Chircantoni, fece ambulatorio. L’ingresso dava nell’arco con la teca di Santu Sabustianu, a due passi dalla chiesa di San Giorgio, già Monte Mannu.

Chircantoni Tola «compì gli studi ginnasiali a Sassari». Voleva laurearsi in giurisprudenza. I genitori gli imposero di tornare in paese per dirigere «la ricca azienda paterna». Però lui non abbandonò mai i suoi libri, i classici, Virgilio, Orazio, Cicerone, Dante. Voleva tenere le distanze da quanto e quanti il ruolo gli imponeva ma ebbe sempre incarichi e responsabilità. Un regio decreto lo nominò, il 26 gennaio 1832, «esattore di Bitti», carica che coprì per 23 anni. Essendo stato capitano nelle milizie del regno, gli fu confermato il grado nella seconda compagnia del battaglione miliziano di Nuoro. Molte le traversie e i lutti famigliari tutti sostenuti con animo forte. Aveva una tempra d’acciaio. Austero, dava l’idea di essere altezzoso e superbo. Fu, a sua insaputa, nominato consigliere comunale e sempre per regio decreto fu sindaco del paese per il triennio 1856-60. «Franco nelle parole e nelle azioni aveva in gran disprezzo l’ipocrisia; non voleva lodi anche meritate e detestava gli adulatori».

Ben più in profondità il profilo tracciato sempre nel libro delle Cantones e mutos da Giovanni Antonio Mura, sacerdote e romanziere, parroco di Lula nel 1913. Giovanni Antoni Mura usa il metro della poesia. «Se io dovessi dare un giudizio critico del Tola, me ne sbrigherei in poche parole: egli non è poeta popolare. Cioè: sarebbe stato un ottimo poeta popolare se non gli avessero nociuto la cultura, il tempo nel quale visse, la scuola e le occasioni donde egli trasse la maggior parte – se non la migliore – delle sue ispirazioni». Giovanni Antonio Mura dice che neppure Luca Cubeddu e Paolo Mossa sono poeti popolari. Condizionano il primo «gli inutili guazzabugli derivati dalla mitologia» e sono ostacoli per il secondo la precisione, l’eleganza, la finezza. Per Mura, poeti popolari sono Melchiorre Murenu, Pietro Pisurzi e Diego Mele: «il primo sereno, tragico, cupo, solenne; il secondo agile, spigliato, allegorico; il terzo satirico, pieno di malizie e di spirito; tutti e tre padroni della lingua e conoscitori della vera anima sarda». Chircantoni Tola sta sul versante di padre Luca e Pauliccu Mossa. Rimane persona «di carattere saldo, un animo di ferro, un cuore aperto alle cose belle e buone». Visse in tempi dove «il suo villaggio natio era dilaniato da forti e irriducibili inimicizie, occhio per occhio dente per dente il motto che governava gli animi aspri dei bittesi». Chircantoni Tola, che pure si adoperava per pacificare gli animi, fu vittima di questo odio. Gli bruciarono l’oliveto.

Singolare avventura quella del libro Cantones e mutos. Fatto pubblicare dal figlio di Chircantoni, Sebastiano Tola, fu rieditato nel 1997 da AM&D di Cagliari, con presentazione di Bachisio Bandinu e un’introduzione di Antonangelo Liori. Insieme a loro, presente anche l’editore Stefano Pira, il libro lo presentammo a Bitti, nel giugno 1998.

C’è un passaggio significativo, Pro una rappresentazione, nelle Cantones. Dice di quando nel carnevale del 1847 capitò a Bitti un forestiero. In quei giorni mettevano in scena il Saul di Vittorio Alfieri. Il forestiero assiste alla recita e il paese gli appare come una terra sospesa tra realtà e sogno, tra storia e finzione. Qui si inserisce il narratore-poeta. Nel dialogo tra unu bittichesu e unu furisteri Chircantoni Tola recupera il senso dell’erranza che gli permette di comprendere il proprio tempo e quello a venire. Diventa poeta popolare.

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