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L’Ortobene
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di Nuoro n. 35/2017 V.G.
CRON. 107/2017 del 27/01/2017
C.F. 93003930919
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Direttore Responsabile:
Francesco Mariani
Eravamo coetanei. Con Giovanni Farre abbiamo tirato in leva assieme, ultima classe del 1951. Era un freddo novembre e del folto gruppo dei ragazzi bittesi, più di trenta, lui e io fummo gli unici che ci avventurammo a tuffarci nelle acque gelide di Calamosca, le onde forti che si innalzavano a cavalloni.
Altre acque, limacciose, diventate piena di fango, detriti, pietre e alberi sradicati, si sono portate via Giovanni dalla casa nella campagna di Iskiozza, poco più giù di quella che era stata sa Piskina ‘e s’Elike, il 18 novembre 2013, giorno passato alle annales di Bitti e non solo come quello del ciclone Cleopatra.
Giovanni, figlio di Tzesarinu, il migliore comente ‘oche del canto a tenores, nipote di Tottoi, poeta, era la voce solista del coro “Oches de s’Annossata”. Ne era stato fondatore insieme a Bustianu Delai, Bachisio Pira, Francesco Calvisi, Giovanni Calzone, Arcangelo Calvisi e don Giovannino Succu. Nei loro canti c’erano la tradizione religiosa, il sacro, con diverse innovazioni, e il profano, testi impegnati e altri più leggeri. Quei canti li hanno ascoltati in tanti, a Bitti, in molta Sardegna e fuori. In memoria viva di Giovanni, molto di quel patrimonio è stato riproposto nell’evento “Giovanni Farre dieci anni senza te” proprio al Santuario dell’Annunziata, nella valle sotto Mamone, a nemmeno 10 km da Lodè, lunedì 15 maggio, quarto giorno della novena. Nell’ampio spiazzo davanti alla chiesa circondato dalle cumbessias, in un dominio di muri tinti di bianco, il Gruppo Parrocchiale di Bitti “Padre Salvatore Carzedda”, originato proprio dall’antico “Oches de S’Annossata” ha dato vita insieme al Gruppo Parrocchiale di Lodé a una rappresentazione di forte intensità della vicenda umana e artistica di Giovanni Farre, operaio e cantore, una persona a cui tutti quelli che lo hanno conosciuto, in paese, nelle trasferte di lavoro in diverse parti della Sardegna, nei gemellaggi del coro con paesi del Continente, «hanno voluto bene». Per la sua capacità di stare bene con la gente. Lo ha evidenziato Bustianu Delai che davanti a un centinaio di persone, pubblico partecipe, ha condotto l’evento fatto di canti, recita di poesie, ricordi, compresenze, mai assenze. È emersa, si è come fissata in un intervallo del tempo magico della novena, la particolare universalità di Giovanni, in bidda, in Gaddula, in Logudoro, in Trentino. Era conosciuto come John Ferry, lui con quella voce «straordinaria, calda e versatile: unica» sostiene Bustianu Delai. Ha detto il parroco don Totoni Cossu dopo il canto inziale de S’Ave Maria: «Signore, non ti chiediamo perché ce l’hai tolto, ma ti ringraziamo per il tempo che ce l’hai donato!» Con grande emozione, don Totoni ha ricordato del primo incontro con Giovanni, nel 2010, proprio al Santuario de S’Annossata, lui predicatore, parroco il compianto don Francesco Mariani: «Bellissima la sua voce, splendide melodie, sembrava disegnare nella mente e nel cuore, attraverso il suo cantare. Spontanea, naturale la sua battuta, immediata la capacità relazionale che lo caratterizzava». Sono parti dell’universalità di Giovanni. A suo modo apparteneva e appartiene al villaggio locale/globale, come circolarità e estensione, negli accadimenti che non sono mai storie a sé stanti. Giannetta Mannu, presidente del Gruppo “Padre Carzedda” nel suo saluto, incentrando il discorso sulla necessità di una coscienza ecologica diffusa per la salvezza di tutti, richiamata l’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco, ha messo in relazione le due alluvioni che hanno devastato Bitti, quella del 28 novembre 2020, sono morti Salvatore Mannu, Pipineddu Carzedda e Lia Orunesu, con le acque che quel 18, sempre di novembre, di sette anni dopo, hanno travolto Giovanni e il figlio Marco. Il ragazzo si è salvato, di Giovanni non è mai stato ritrovato il corpo. «Ti ho cercato come/ho potuto,/nelcuore/nelle strade impervie/nei calanchi scavati». Così l’attacco di Senza addio, poesia di Antonino Barrasso, amico di Giovanni, uno degli intermezzi. A seguire In su sonnu, i due cori uniti e la magnifica voce solista di Grazia Bella. Necessario l’intervento di Lucia Ferrando che con Giovanni Farre e il canto ha fatto una narrazione di come le «splendide voci bittesi», insieme a Giovanni quelle di Pascaleddu Porcu e Giovanni Calvisi, siano state capaci di «creare momenti di serenità collettiva». Bachisio Pira ha interpretato una poesia di Silvestra Pittalis, in perfetto orunese, dedicata all’amico: «E mi pranghet su coro, ifilujadu/A m’ammentare cussu cantu bellu chi intonavas chin boche genuina».
Un canto che piaceva molto alla gente della Val di Non, di San Romedio gemellata con “Oches de s’Annossata” era ed è Daennos sa manu Segnore interpretato da Giovanni. Lo ha riproposto Bachisio accompagnato dal Coro di Lodè. Era stato rammentato di come don Francesco Mariani direttore di questo giornale, presente nel pubblico, avesse voluto questo canto per accompagnare nell’ora dell’agonia il suo corale amico don Salvatorangelo Chessa. Sul finire la lettura di un’altra poesia di Gaetano Piras di Lodè: «S’arvore ruttu a s’improvvisu/s’oscurat s’aera, su sole est già calatu moribundu».
È che in tutto questo «non abbiamo perso mai la speranza» dice Bustianu Delai. «Giovanni non era una persona triste, Giovanni cantava, era l’artista principale delle nostre serenate». Tre brani a chiusura, Bachisio Pira voce, Giuseppe Ruju a contrasto, sempre Bustianu alla fisarmonica, alla chitarra Mario Bitti: Triste est su coro meu, Caminito, Chitarra vagabonda.
Bitzi tv di Bustianu Cumpostu ha trasmesso in diretta, su FB, l’evento.