
19 Luglio 2025
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La Sardegna risulta al terzo posto per superficie complessiva bruciata dopo Sicilia e Calabria, contribuendo al 66% delle aree colpite da gravi incendi e ad oltre il 16% della superficie forestale bruciata in Italia. La provincia di Nuoro nello scorso anno è stata la più colpita della Regione, con i suoi 794 ettari distrutti. Come riportano i dati dell’Ispra la tipologia forestale più colpita in Sardegna è quella delle Latifoglie decidue, tipico paesaggio dell’entroterra a ridosso di aree agricole e pascolative, maggiormente esposte a rischio.
Per presentare la nuova campagna antincendio abbiamo invitato per un forum nella nostra redazione il Direttore del Servizio territoriale Forestas di Nuoro, dottor Salvatore Mele, e il responsabile del Servizio antincendio (Forestas Nuoro) dottor Paolo Poggiu.
Forestas, la fanteria del sistema antincendio
«Quest’anno la Regione prende tutte le precauzioni necessarie e dispone la campagna antincendio con anticipo, in seguito all’aumento delle temperature e quindi del cambiamento climatico – afferma Salvatore Mele -, partita il primo giugno, terminerà il 31 di ottobre. Possiamo affermare che il nostro sistema sia abbastanza rodato, poiché la Sardegna rispetto ad altre parti d’Europa vive tale condizione da secoli. Già nella Carta de Logu scritta nel quattordicesimo Secolo erano previste delle punizioni abbastanza aspre per i responsabili di abbruciamenti, e durante la dominazione spagnola quando partivano incendi da proprietà private i responsabili erano tenuti secondo sa Leze de su fuegu a risarcire i vicini che venivano danneggiati, a dimostrarci come quello degli incendi sia un problema storicizzato nell’Isola.
Il personale. «Nuoro paga lo scotto di non avere una distribuzione omogenea dei cantieri nel territorio – spiega Mele -, come nell’asse della 131 dcn che va da Macomer a Nuoro, di fatto debole. Questo fatto, unito alla presenza di maestrale da nord ovest, spiega la ricorrenza di grossi incendi nel luogo. Ad ogni modo noi abbiamo una struttura rodata che in genere non impiega più di 20 minuti per arrivare sull’incendio, Forestas rappresenta un po’ la fanteria del sistema antincendio».

Un altro aspetto condizionante da non sottovalutare è l’invecchiamento del personale e lo scarso ricambio generazionale che lede la qualità degli interventi.
«Nelle pubbliche amministrazioni l’età media è di circa 59-60 anni – dichiara Mele -, chiaramente questo implica indebolimento nella capacità di intervento. Basta pensare al corpo di Stato dei Vigili del fuoco, che a 62 anni non mandano più in azione il personale, destinandolo ad attività burocratiche».
Tale sistema implica che la distribuzione delle squadre nel territorio, risulti di fatto scarna.
«Rispetto all’anno scorso il numero del personale non risulta assolutamente indebolito – prosegue Paolo Poggiu – anzi, grazie all’intervento della nostra direzione quest’anno possediamo solo in provincia di Nuoro 33 mezzi nuovi, per cui possiamo affermare di avere uno schieramento quasi ottimale rispetto alle mancanze del passato. Abbiamo studiato la situazione e creato degli accorpamenti, tenendo conto dell’età degli operatori e in base a situazioni e necessità. Tale novità comporta maggior sicurezza e capacità di intervento per gli operatori che andranno ad intervenire nelle zone più vulnerabili, potenziati da un nucleo di personale maggiore. L’organico schierato nel nuorese quotidianamente corrisponde a 39 squadre e 122 operatori al giorno, ovvero 250 operatori di squadre di lotta in generale, allo stesso tempo 35 vedette con circa 80-90 operatori che turnano durante la stagione. Siamo pronti ad affrontale le situazioni affrontabili».
L’esercitazione Modex. Ricordando l’esercitazione avvenuta nell’aprile scorso, il responsabile del RAIB racconta:«Ci siamo confrontati con l’Europa e abbiamo dimostrato di avere una preparazione elevatissima. Abbiamo ricevuto numerosi complimenti da tutte le persone che sono venute al seguito della Modex, cioè certificatori dell’Ue e organizzatori che hanno riconosciuto in noi, capacità di intervento e di studio dell’incendio degne di lode».
«Nei Modex tra le sette nazioni presenti vi erano la squadra della Romania e della Bulgaria, certificate per poter intervenire al di fuori dei loro territori nazionali – commenta Mele -. Negli scorsi giorni queste ultime sono intervenute rispettivamente negli incendi di Marsiglia e Creta.
Quindi effettivamente l’esercitazione serve a formare delle squadre che si spostino da un territorio nazionale all’altro. La speranza è che anche la regione Sardegna formi e costituisca un gruppo di intervento al difuori del territorio nazionale».

Un lavoro in sinergia
«Abbiamo da sempre collaborato con il personale del corpo forestale – racconta il Direttore del Servizio territoriale -. Come amministrazione fino al 1999 facevamo parte del Corpo Forestale di Vigilanza ambientale, poi ci fu la scelta politica di separare un organismo tecnico da uno di controllo. Noi facciamo parte della Regione autonoma per cui abbiamo un’impostazione diversa da quella dello Stato, tra l’altro l’Azienda Foreste demaniali in Sardegna viene istituita come corpo regionale nel 1956, mentre il Corpo forestale viene regionalizzato negli anni ‘70. Quindi vi è un’amministrazione regionale in prima fila nello spegnimento degli incendi, sommata al ruolo maggioritario che la Regione ha dato alla Protezione civile sulla falsariga delle direttive comunitarie e gli organi dello Stato, ovvero i Vigili del fuoco. Alla base della differenza il fatto che mentre le strutture regionali intervengono nello spegnimento degli incendi forestali, i Vigili del fuoco operano negli incendi di interfaccia, quindi in caso di rogo in zone industriali e periferiche. Possiamo affermare che c’è sinergia tra le strutture regionali, quindi agenzia Forestas, erede dell’azienda Foreste demaniali dell’Ente Foreste, il Corpo Forestale di Vigilanza ambientale e la Protezione civile. Il Piano regionale antincendio viene redatto da queste tre forze riunite, ha una durata triennale e viene rinnovato annualmente».
Il fronte della prevenzione
«Il Piano antincendio si rivolge anche agli agricoltori con le precauzioni che devono essere prese, ad esempio in caso di abbruciamenti in agricoltura e a difesa delle strutture che sono esposte agli incendi boschivi – spiega Mele -. L’Agenzia Forestas ogni anno programma la manutenzione delle fasce parafuoco fatta sia manualmente che con l’utilizzo di mezzi meccanici.
L’attenzione da parte della cittadinanza e la sensibilizzazione degli enti pubblici è fondamentale. Il 60% degli incendi hanno origine colposa e possono essere dovuti a inattenzioni dei cittadini, che anche inconsapevolmente – ma con leggerezza -, tramite l’utilizzo di mole, motoseghe e barbecue hanno determinato lo sviluppo di incendi.
Col cambio climatico bisognerà valutare il fatto che uno dei nostri grossi problemi è l’accumulo eccessivo di vegetazione, per cui l’ideale è alleggerire il bosco senza chiaramente pregiudicarne esistenza e funzionalità».
L’indice di incendio boschivo in Sardegna è del 52%, di cui gran parte dovuto all’abbandono delle campagne. Tale fenomeno concede al bosco di conquistare sempre più terreni, i quali “sporchi” saranno benzina per il rogo che spinto dal vento, diventerà inarrestabile.
La stagione attuale. «Nonostante l’inizio della stagione con l’evento di Dualchi che ha interessato circa 300 ettari – afferma Poggiu -, la reazione è stata buona e non abbiamo avuto altri episodi preoccupanti. È troppo presto per tracciare bilanci, statisticamente il periodo più critico parte da adesso fino al 10 agosto circa».
L’aggravante dello spopolamento
«In passato, durante un intervento, ad aiutare erano le zone adibite all’agricoltura – spiega Paolo Poggiu -. In una stagione come questa, con molte piogge primaverili, troviamo una percentuale di combustibile pronto, fino e veloce. L’intervento diventa molto più complesso poiché queste zone spesso si trovano nell’interfaccia, nei pressi di abitazioni, aziende o Comuni, di conseguenza subentrano anche capacità e modalità di intervento differenti, che in caso di incolumità pubblica ci permettono e ci costringono a lavorare in maniera diversa».
Tirando le somme il problema dello spopolamento grava e mette a rischio ormai quasi ogni ambito, tra cui la salvaguardia del territorio e della sua fauna.
«Servirebbero interventi come la modifica che è stata fatta recentemente dalla Legge sulla montagna, con degli sgravi fiscali che consentono alle popolazioni di continuare ad abitare in questi centri – commenta Mele -, un piccolo passo avanti importante. La Pac dovrebbe finanziare interventi in agricoltura, in zone dove l’obiettivo è preservare il paesaggio agricolo senza distinzione tra agricoltura intensiva ed estensiva».
Dare contributi per incentivare la coltivazione e il pascolo – tecnica di selvicoltura indispensabile – dei terreni, garantendo la salvaguardia del paesaggio tradizionale agricolo, significa far sì che l’agricoltore/allevatore diventi un operatore, un agente ambientale che salvaguarda l’ambiente.

