Vaticano, 2 aprile 2025: partecipanti alla Seconda Assemblea Sinodale della Chiesa Italiana (photo by Siciliani-Gennari/Sir)
Una bella pagina di vita ecclesiale per un nuovo cammino insieme
di Monsignor Antonello Mura

10 Aprile 2025

4' di lettura

La Seconda Assemblea sinodale della Chiesa italiana è già nella storia. Convocata dal 31 marzo al 3 aprile, viene oggi interpretata con una bella pagina di vita ecclesiale, oppure – soprattutto da chi non era presente – come la sconfitta di un percorso e di una metodologia. Avendo vissuto in prima persona tutte le fasi del Cammino sinodale, non solo di quello italiano, mi sento più rappresentato da tutti coloro, credo la maggioranza, che hanno fatto esperienza di un evento, forse inaspettato, ma certamente fecondo.

Come Chiesa abbiamo sperimentato la bellezza, mai scontata, non solo di dire parole, ma anche di dare parola ai presenti, senza paura né vincoli tematici. Un ascolto franco, talvolta anche disorganico, ma sempre sinceramente appassionato. Un coinvolgimento sinodale che è inscritto nelle fondamenta del camminare insieme – già promosso e vissuto in questi anni, non senza fatica e con diverse obiezioni – ma in sintonia all’antica regola che non esclude nessuno dalle questioni che riguardano tutti. E cosa è avvenuto? Fremiti di partecipazione hanno attraversato l’Assemblea, come anche brividi carichi di interrogativi. Temi ribaltati, e qualche interpretazione a piacimento, si sono alternati con proposte e suggerimenti affettuosi, carichi di intenti costruttivi. La discussione ha rafforzato il metodo sinodale, ma non ha portato alla deriva né i temi né i protagonisti, perché i contenuti delle cinquanta proposizioni da votare sono ritenute per tutti delle priorità. Anche i gruppi di studio, presentando emendamenti e rimodulando le prospettive, quindi discutendo e approvando, hanno rafforzato il cammino sinodale, non certamente demolito. 

La decisione di riprendere ora in mano il testo finale – che in verità non abbiamo mai considerato come un hortus conclusus – e di rimandare al 25 ottobre la sua approvazione nella terza Assemblea, è apparsa la decisione più corretta e opportuna. Senza polemiche. Come emerge dal lungo applauso che i presenti hanno manifestato alla comunicazione del cardinale presidente, Matteo Zuppi.

Cosa avverrà ora? La mozione d’ordine, approvata, affida alla presidenza del cammino sinodale, al suo comitato e ai facilitatori dell’ultima Assemblea la revisione delle proposizioni, ampliandone però l’orizzonte, recuperandone il percorso e non dimenticando la ricchezza di quei contenuti che parlano del futuro proprio perché provengono dal lavoro svolto nelle Diocesi e nei gruppi sinodali.

Nessuna bocciatura, nessun ridimensionamento. Piuttosto il dono di un cammino prolungato, anche in concordanza con quanto previsto dal Sinodo universale dei vescovi. In questo senso, rimandare la conferenza episcopale italiana da maggio a novembre è un atto di fiducia più che, semplicemente, un atto dovuto. I vescovi, accogliendo il testo che verrà approvato ad ottobre dall’Assemblea, oltre a riconoscerlo, dovranno anche indicare per le Chiese in Italia il percorso successivo, la fase attuativa di quanto è necessario e gli strumenti da innestare.

La fase profetica inizierà in quel momento, e avrà bisogno non solo delle idee ma di itinerari e di persone che li guidino. Per farlo, dovremo riprendere in mano la Bibbia, dire parole di Vangelo in questo tempo angosciato e angosciante. Sarà necessario abbandonare una profezia di sventura, sterile e inutile, assumendo con coraggio l’impegno di trasmettere la fede, e camminando nel tempo che ci è stato donato di vivere, senza nostalgie per quello che eravamo.  

Ci guideranno i nostri vescovi che, anche in questo caso, hanno scelto – vedi il Consiglio episcopale permanente – di mettersi in gioco con la propria gente, guidandola dopo averla ascoltata, senza remore, accentando di cambiare programmi perché hanno letto quanto è avvenuto con fede in Dio e fiducia nelle persone.

I vescovi, facendo le guide, non saranno mai d’intralcio. Spesso, quando sento giustamente elogiare il Concilio Vaticano II, vorrei ricordare a coloro che lo richiamano per andare “contro” i pastori, che esso fu fatto proprio dai vescovi. La comunione gerarchica, nella quale crediamo, farà crescere, anche stavolta, la comunione ecclesiale. E sarà un nuovo e rinnovato camminare insieme.

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