
6 Ottobre 2025
7' di lettura
Cattedrale di Nuoro Domenica 28.09.2025 / Liturgia della XXVI domenica Anno C
Ordinazione diaconale di Antonio Nicola Rubanu e Giovanni Sanna
La liturgia della Parola che ci viene donata in questa domenica è un po’ urticante, quasi fastidiosa per tutti noi, perché ci rende consapevoli che Dio non ci fa sconti.
Anche voi, Antonio Nicola e Giovanni, sono certo che dovendo scegliere dei brani biblici, non avreste forse mai scelto, potendolo fare, quelli che oggi ci vengono consegnati dalla Chiesa.
Scendendo nei particolari sono infatti certo che non vi considerate degli spensierati, secondo l’invettiva che il profeta Amos, nella prima lettura, rivolge ai gaudenti del popolo, i quali banchettano e si sentono al sicuro, ignari e soprattutto indifferenti.
Sono anche sicuro che non soffrite di distrazione di fronte a un mondo che, ieri come oggi, produce tanta ingiustizia anche quando, pur non trasgredendo nessuna legge, mostra un modo iniquo di abitare la terra, un modo ateo, senza nessuna paura di Dio. Così come appare l’Epulone senza nome, raccontato nel Vangelo.
Voi invece, cari Antonio Nicola e Giovanni, oggi accettate di diventare vigilanti non solo sul mondo, al quale dovete sempre offrire uno sguardo critico, ma anche su voi stessi.
Le parole di Paolo a Timoteo sono come un programma di vita, che rileggo al plurale: Voi, uomini di Dio, evitate queste cose; tendete invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combattete la buona battaglia della fede.
Siamo felici come Chiesa che voi accettiate questa sfida e lodiamo il Signore per il dono che siete e che sarete, grazie al sacramento del diaconato.

Dalla parola di Dio proclamata oggi, sorgono alcune domande spontanee, anche in conseguenza degli impegni che la Chiesa vi chiede di assumere. Tra esse ne elenco alcune: quale importanza dopo l’ordinazione darete agli altri nella vostra vita? Che considerazioni avrete, in particolare, per i poveri, gli ultimi, i Lazzari della società, i malati?
Siete disponibili ad evitare, in nome del Vangelo, le zone di comfort pastorali, che piacciono talvolta anche a noi ministri di Dio, sottraendovi così alla tentazione tutta mondana di cercare persone e luoghi che vi facciano sentire al sicuro, senza ansia né rischi?
Dio, attraverso la Chiesa, chiede a voi, e a noi, di imparare a non scavare abissi prendendo le distanze dagli altri; vi chiede di non alimentare inferni di solitudine e di estraneità, quindi, diversamente di quanto avviene nel racconto del Vangelo, vi chiede di decidere e condividere la passione per il Vangelo, costruendo amore e solidarietà, indignandovi per ogni ingiustizia.
Quel ricco del Vangelo non si era maiaccorto del povero presente davanti alla sua porta, e dunque mai aveva praticato quella carità che la parola di Dio esigeva.
L’appello surreale di questo ricco che nei tormenti si rivolge ad Abramo perché i suoi fratelli siano avvertiti di cambiare vita, presenta più di un motivo di interesse.
La risposta di Abramo: hanno già tutto per capire cos’è la vita, ci ricorda che nella nostra esistenza può esserci anche un troppo tardi.
Chiediamoci se veramente ne siamo consapevoli, perché può esserci un troppo tardi per capire, un troppo tardi per fare e scegliere, un troppo tardi per convertirsi.
L’eternità nella quale crediamo, inizia nel tempo, si insinua nell’istante, mostrandoci che l’inferno può essere già qui, generato e nutrito in noi dalle nostre scelte senza cuore.
Dobbiamo essere quindi coscienti cheil nostro domani, personale ed ecclesiale, ma anche spirituale e sociale, ce lo giochiamo nell’oggi, in quello che siamo e che facciamo.
C’è sempre gente, ma voi spero non siate così, che pensano che le tappe della vita vadano vissute immaginando solo il punto di arrivo e dimenticando di vivere bene il presente, magari sprecandolo. E per arrivarci, come ci ricorda Amos, c’è anche gente che calpesterebbe chiunque pur di averla vinta.
Voi ad esempio, da seminaristi, avete certamente trovato alcuni che vi chiedevano: quando diventate diaconi? Ora, immagino senza troppa fatica, che già domani, magari anche stasera, qualcuno vi dirà: quando diventerete sacerdoti?
Ma non finirà certo qui, perché dopo un po’ di anni qualche altro, o magari lo stesso, vi dirà: quando vi chiameranno a diventare vescovi? E naturalmente, anche allora – nel caso lo diventiate – non vedranno l’ora di domandarvi: quando cardinali? E per decenza ecclesiale, mi fermo qui!
Sorridiamoci, ma non troppo. A voi dico che non vi sfiori l’idea di non vivere pienamente il dono che ricevete. Il diaconato è il vostro presente, va vissuto pienamente e vi è donato per capire e per convertirvi, perché solo vivendolo autenticamente accetterete altri doni, altri ministeri, altra missione.
Che non ci sia mai, in voi, un troppo tardi per capire chi siete e che cosa siete chiamati a vivere. Non è la morte infatti che ci convertirà, ma la vita.
Quella del Diacono, come sapete, è una vita chiamata a modellarsi su Cristo servo, esemplare di ogni dono.
Antonio Nicola e Giovanni addestratevi al servizio, per farlo mettetevi sempre nei panni soprattutto dei poveri, dei Lazzari di turno, perché solo così capirete perché Cristo ha dato la vita per loro.
Donate tempo ed energie, allenatevi continuamente a fare esercizi di empatia, non cadete mai in una anoressia o in un’anaffettività relazionale. Anche in questo senso, oggi più che mai, la Chiesa ha bisogno di voi, e per questo vi sta incardinando nella sua missione in modo definitivo.
E siate, non domani, ma da oggi, liberi di farlo. Non dovete essere bravi a dire a parole che state rinunciando ad altro o ad altri, ma dovete essere credibili nel dimostrare che state scegliendo Lui!
Per questo, vi prego, non siate di quelli che accentuano le rinunce che fate, come quelle ad esempio ad amare un donna, ad evitare la ricchezza, a non pensare a voi stessi.
La cosa più bella del vostro cammino, e quindi delle vostre scelte, è il suo perché!
Anche l’obbedienza che promettete a me e ai miei successori, testimoniatela come disponibilità ad ascoltare in profondità quanto fa bene alla vita della Chiesa e alla vostra vita, nell’ottica di una corresponsabilità comune, anche quando non tutto si comprende subito; per questo l’obbedienza agli altri dovrà essere sempre accompagnata dall’obbedienza onesta a se stessi.
Carissimi Antonio Nicola e Giovanni, in un tempo nel quale si mette tutto in dubbio voi dite che avete queste certezze!
Non pensate però di essere esentati da dubbi e fragilità. Sappiate che non vi terrete a galla da soli, ma sarà merito dell’efficacia della Grazia di Dio in voi, della comunione della Chiesa, oltre che – non insignificante – della fraternità leale degli altri presbiteri e diaconi.
Non cercate allora amici per confermarvi nei vostri pensieri, ma cercate e trovate coloro che vi aiutano a leggere i vostri pensieri con la parola di Dio. E lo Spirito vi faccia rimanere in compagnia del Signore Gesù.
Riconoscete sempre nella Vergine Maria una Madre che non smette di indicarvi Cristo, suo Figlio, Servo per amore.
