2 Marzo 2024
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Oliena - Paco (Francesco) Corrias, classe 1992, è un artista la cui popolarità è cresciuta grazie al suo simpaticissimo personaggio Cia Minnasciedda, l’anziana donna di Oliena alla quale un anno fa fu dedicata la prima pagina de L’Ortobene. In questa intervista ci presenta la sua “nonnina” e lui si racconta ai lettori.
Paco, cosa significa il tuo nome d’arte?
«È il diminutivo del mio nome di battesimo preso dalla lingua spagnola, una scelta personale per distinguermi dai tanti Francesco o Checco di Oliena, il paese dove vivo, e che mi è parso particolarmente adatto per assonanza fonetica accanto al mio cognome».
Come e quando è nata Cia Minnasciedda? Nei tuoi profili social ormai sono quasi 11mila i follower che attendono di leggere le sue più svariate considerazioni su ciò che capita intorno a lei.
«È un’idea di cinque anni fa che ho potuto meglio realizzare nel 2020, approfittando del tanto tempo a disposizione nei mesi del lockdown per contrastare la pandemia. Successivamente ho deciso di far comparire accanto a lei il marito Ciu Lussugliu, figura che mi ha permesso – come accennato nella domanda – di rendere ancora più familiare ogni breve racconto, convinto che tra attualità e scambi di opinioni dentro la coppia ogni ammiratore potesse facilmente rispecchiarsi o ritrovare quelle scene di vita domestica di tutti i giorni».
Però non parliamo di una donna qualsiasi: abiti e dialetto richiamano chiaramente il tuo paese.
«Sì, perché la mia fonte di ispirazione sono stati i miei nonni, preziosissimi punti di riferimento nella mia crescita. In generale, resta comunque un modo per ricordare, in modo ironico, l’importanza degli anziani per la società, custodi del sapere e dei valori. Poi ne ho approfittato per raccontare orgogliosamente le tradizioni della mia terra nell’intento di preservarle, incominciando dal dialetto, violentato dalle tante italianizzazioni che vanno a mischiarsi con il sardo olianese».
Infatti tramite qualche illustrazione anche gli adulti hanno riscoperto parole quasi dimenticate.
«Esatto, come sta quasi per scomparire l’utilizzo dell’abito tradizionale: sa Cia indossa su mucadore, sa hamisa bianca, sa vardetta; e su Ciu è sempre vestito in bigliudu e a bonette».
Sì, è vero… A proposito, ma sono disegni tuoi o del computer? L’elaborazione non fa pensare ad un prodotto artigianale.
«È un lavoro personale: si parte dagli schizzi di base (le matite) che realizzo a mano e che rielaboro digitalmente riportando le tavole su un programma informatico per dare i colori, luci e ombre».
Quindi prima di tutto sei un disegnatore?
«Fin da bambino mi è sempre piaciuto disegnare. Sono infinitamente riconoscente nei confronti di suor Maria Barbara Murru, la mia maestra d’asilo recentemente scomparsa, la quale da subito seppe cogliere un mio particolare talento, invitando i miei genitori a custodire e perfezionare la mia bravura. Grazie a mamma e a papà, che mi hanno insegnato a credere in me stesso, ho iniziato a dipingere all’età di 14 anni: stare davanti alla tela diventava per me uno spazio personale dove sentirmi realizzato».
Dunque non parliamo solo di matite, pastelli o pennarelli… Qua si tratta di pennelli! E come hai potuto imparare le tecniche di pittura? E cosa ti piace raffigurare?
«Come autodidatta, aiutato da riviste o video dedicato alla materia. Faccio soprattutto ritratti e realizzo quadri di natura morta o paesaggi».
Quante opere hai realizzato in questi 15 anni?
«Almeno un migliaio, partecipando a mostre importanti come Arte Irgoli organizzata da Ruggero Mameli e l’ArtExpertise nella Galleria Merlino di Firenze. Ho avuto la fortuna anche di godere della stima di un famoso artista come Eolo Paul Bottaro, il quale possiede un mio dipinto. In più si sommano le tante altre occasioni dentro la mia comunità, come il depliant turistico realizzato tre anni fa su commissione del CNN di Oliena, dove Cia Minnasciedda presenta i luoghi visitabili del paese».