Camminare verso la meta
Commento al Vangelo di domenica 23 marzo 2025 - III Domenica di Quaresima - Anno C
di Federico Bandinu
James Tissot, Il viticoltore e il fico (1894 ca), Brooklyn Museum, New York
4' di lettura
22 Marzo 2025

Siamo in cammino verso Gerusalemme. Gesù, con noi, cammina verso la sua passione e Pasqua. Siamo dei pellegrini che procedono verso il sepolcro vuoto. Siamo, però, davanti a una scelta: da una parte potremo essere spettatori, come turisti, incantati e affascinati dalla bellezza artistica, naturalistica o storica di ciò che incontriamo; dall’altra potremo, come veri pellegrini, attraverso il dono di quei luoghi e di quei momenti, scavare nelle profondità del cuore per vivere e gustare con autenticità quel viaggio. È l’esperienza fatta da quei Galilei che riportano a Gesù le notizie tragiche di Gerusalemme e Siloe. In un mondo che corre alla velocità dei messaggi WhatsApp, il Signore ci chiede di rallentare. Da un mondo proiettato in uno schermo da sette pollici all’ampiezza di un cuore bisognoso di essere curato e amato. Il Signore davanti al nostro essere spettatori dell’esistenza ci chiede di scendere in campo e di vivere da protagonisti la vita. «Giochiamo, non limitiamoci a guardar giocare gli altri» (Baden Powell). Siamo invitati – senza la superficialità di chi racconta dei drammi come se fossero indifferenti alla sofferenza umana e privi del giudizio che, in una mentalità redistributiva ebraica (più grande la disgrazia = più grave il peccato che hai commesso), porta ad essere tribunale di una realtà da cui estraniarsi arbitrariamente e abusivamente – ad essere umili pellegrini per le strade del mondo. La nostra vita è la storia di un pellegrino che, con le difficoltà della vita, cerca di andare verso la meta. 

Gesù ci affida un atteggiamento fondamentale: afferma, per due volte, l’esigenza di conversione. Convertirsi significa: cambiare rotta, riassestare la bussola della nostra vita verso Cristo, lasciare che il nostro oggi sia guidato dallo Spirito. Senza eliminare la dimensione morale del Vangelo (secondaria), riscopriamo che la Parola di Dio è, anzitutto, il tentativo di Dio di farsi vicino con la sua Misericordia e di renderci capaci, nella misura in cui ci lasciamo toccare da Lei, della Vita Eterna (meta del nostro peregrinare). 

In quest’anno giubilare sono incalzanti le parole della parabola che compone la seconda parte della pericope evangelica. Spesso siamo tentati di dire “a domani”. Siamo portati a rimandare tutto ciò che richiede impegno e riflessione. Davanti al Signore che ci chiama alla conversione siamo come quegli studenti che rimandano gli esami fino a quando… non si sa. Oggi il Signore ci presenta l’immagine di un fico che non porta frutto; è la nostra vita. Cirillo di Alessandria ci invita a entrare nella parabola contemplando il vignaiolo (Figlio) che intercede presso il padrone della vigna (Padre). Quest’ultimo osserva la sterilità della pianta posta in centro alle sue attenzioni: non da frutto. È la nostra vita scarica, inaridita dal peccato, consumata dall’indifferenza. Il proprietario della vigna vorrebbe fare giustizia ma il vignaiolo acquista (con l’offerta di sé) agli occhi del padrone un altro anno; un tempo perché il fico porti frutti. È dato a noi un anno di Grazia: è Giubileo. È Cristo che zapperà, metterà il concime perché dia frutto. La conversione è lasciare che il Cristo curi e custodisca l’albero della nostra vita. Lui zappa attorno perché l’abbondanza Parola di Dio possa nutrirci. Il Salvatore rimette concime della sua misericordia sopra i nostri peccati perché, dall’esperienza della nostra morte, possiamo vivere, in Lui, l’esperienza viva e vivificante della Pasqua. 

Camminiamo come pellegrini di Speranza verso la Pasqua; la nostra Pasqua da vivi a viventi in Cristo. 


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