Era motivo di scandalo
Commento al Vangelo di domenica 7 luglio 2024 - XIV Domenica del Tempo Ordinario - Anno B
di Andrea Biancu
Gerbrand van den Eeckhout, Cristo nella sinagoga di Nazareth (1658), National Gallery of Ireland
3' di lettura
7 Luglio 2024

La liturgia di questa domenica ci presenta i primi versetti del capitolo 6, nei quali l’evangelista Marco annota il rientro di Gesù a Nazareth, «nella sua patria» (Mc 6, 1). Sarà la sua prima e unica visita registrata in questo Vangelo: dopo aver vissuto in quella comunità per circa trent’anni, aveva iniziato la sua missione predicando in altre località. Tornare a casa dovrebbe rappresentare il ritrovarsi in un luogo sicuro, dove si ha la speranza di essere bene accolti e accettati. Di sabato entra nella sinagoga e inizia ad esporre il suo pensiero, dato che ormai è considerato un maestro ed è accompagnato da un gruppo di discepoli.

«Molti, ascoltando, rimanevano stupiti» (Mc 6, 2): lo stupore è un forte e veloce convergere l’attenzione verso qualcosa di nuovo ed inatteso, la condizione di colui che di fronte ad un evento sorprendente resta immobile, come attonito dinanzi a ciò che infrange l’esperienza ed emana una forza insolita. Questa è stata la sensazione vissuta dall’uditorio dentro la sinagoga. 

Dallo stupore nasce il dubbio, manifestato attraverso una serie di interrogativi, cinque domande che possono essere divise in due gruppi. «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani?» (Mc 6, 2): queste sono domande vere, che non hanno una risposta chiara, manifestano un certo interesse sull’origine di questo insegnamento e sulla sapienza di Gesù. «Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?» (Mc 6, 3): queste domande successive sono retoriche, si basano sulla loro precomprensione, manifestando la presunzione di conoscere Gesù. Gli abitanti di Nazareth si bloccano sulla soglia della loro esperienza, esprimono l’incapacità di fare un’indagine perché sono sicuri di avere già chiara la sua “carta d’identità”: ecco perché «era per loro motivo di scandalo».

«Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua» (Mc 6, 4): è il commento amaro di Gesù, divenuto successivamente un proverbio. Coloro che sono vicini spesso si dimostrano refrattari a un cambiamento di opinione, rimangono prigionieri del loro passato e delle loro conoscenze. Dove regna il pregiudizio e si resta chiusi nei propri schemi non ci possono essere miracoli, non ci sono le condizioni per un’apertura alla novità: «lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità» (Mc 6, 5-6). Il testo si conclude con un contrasto: coloro che sono entrati di sabato nella sinagoga per vivere un momento di crescita nella fede non fanno nessun passo avanti, preferiscono restare immobili nelle loro convinzioni. Anche noi, nel nostro cammino di fede, possiamo essere come i compaesani di Gesù: stupiti ma con un cuore chiuso, sorpresi da qualcosa di nuovo ma incapaci di lasciare ciò che è vecchio.

Condividi
Titolo del podcast in esecuzione
-:--
-:--