Il tempo della perseveranza
Commento al Vangelo di domenica 16 novembre 2025 - XXXIII Domenica del Tempo Ordinario - Anno C
di Federico Bandinu
Francesco Hayez, La distruzione del tempio di Gerusalemme (1867), Accademia di Belle Arti, Venezia
4' di lettura
15 Novembre 2025

Stiamo per giungere al termine dell’anno liturgico e tornano, insieme ai temi della vigilanza, i toni apocalittici ed escatologici dell’insegnamento del Maestro. Quasi a non volerci far perdere in un orizzontalismo dell’esistenza, che smarrirebbe la sua essenza e sapienza, Cristo propone di andare oltre: offre un orizzonte a cui tendere, indica la meta della speranza. 

Spesso, come in questa pagina evangelica, il mondo sembra a un passo dal baratro: dalla crisi climatica alle guerre, dall’emergenza educativa all’iperdigitalizzazione della esistenza umana. Il cristiano è l’uomo della realtà non dell’illusione: «la realtà è superiore all’idea» (EG 217). Il credente è chiamato, vedendo la realtà, a non illudersi di appartenere a un mondo senza croce e sofferenza, a non rassegnarsi a spazi ristretti che, come oasi, estranino da un mondo desertificato di valori e riferimenti, a non rifugiarsi in nostalgie sterili di tempi e modalità che non sono più. La contemporaneità, più di altre epoche storiche, offre con drammatica crudezza la violenza, l’ingiustizia e le catastrofi; c’è il rischio che dinnanzi a tanto dolore, come per proteggerci, chiudiamo gli occhi nell’indifferenza oppure restiamo incantati dalla bellezza e la maestosità del tempio quale monumento da ammirare piuttosto che comunità da vivere. Nel tempo dei social e dell’iperconnessione tutti hanno risposte facili, troppi propongono scorciatoie fuorvianti, alcuni tentano di vendere il ricettacolo delle soluzioni scontate ai problemi quotidiani che costano fatica e sofferenza. Il cristiano ha, in questo tempo e contesto, un ruolo profetico: «Avrete allora occasione di dare testimonianza». «Non temiamo per l’avvenire, anche quando esso ci può apparire a tinte fosche, perché il Dio di Gesù Cristo, che ha assunto la storia per aprirla al suo compimento trascendente, ne è l’alfa e l’omega, il principio e la fine» (Benedetto XVI). 

Il mondo ricco e secolare, che abitiamo, sembra non essere più attratto dall’esperienza religiosa, appare disinteressato – arma più potente che mai – alla testimonianza dei cristiani: è questo il tempo della perseveranza. «Prima che il nostro Salvatore Cristo venga dai cieli, altri falsi cristi e altri falsi profeti appariranno giungendo prima di Lui» (Cirillo di Alessandria). L’idolatria, errore dell’Antico Testamento, è la tentazione di sempre e quindi anche dell’oggi. Porre la speranza umana verso un obbiettivo sbagliato è peccare. L’uomo, dimenticando superbamente la sua fragilità e piccolezza, crede di essere Dio e con le sue misere ricchezze governare l’universo. «Gli idoli delle genti sono argento e oro, opera delle mani dell’uomo. Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono» (Sal 144,4-5). Percorrere vie peccaminose, non è tanto obbedire o meno a un ricettacolo di norme artificiose – accusa dei sofisti di ogni tempo – ma andare incontro alla meta sbagliata. Cristo è la meta del nostro andare, la direzione del nostro vivere. Abbiamo «un buon motivo per vivere» (The Sun) e «non siamo tristi come gli altri che non hanno Speranza» (Leone XIV). Come credenti e viventi in Cristo, attraverso il Battesimo, siamo chiamati ad essere sale (Mt 5,13) per un mondo che perde sapore, luce (Mt 5,14) per un tempo che brancola nel buio e lievito (1 Cor 5,6) per relazioni incapaci di generare vita. «Per fortuna nell’odierna pagina di Vangelo questi ammonimenti così ardui e incresciosi sono compensati della promessa più bella: Io vi darò lingua e sapienza; cioè sarò sempre con voi e ispirerò le vostre parole» (Cardinale Biffi).


  • Ascolta il podcast

Condividi
Titolo del podcast in esecuzione
-:--
-:--