L’Ascensione, non fuga ma presenza totale
Commento al Vangelo di domenica 29 maggio 2022 - Ascensione del Signore - Anno C
di Michele Casula
Pietro Perugino, L’Ascensione di Cristo (1496-1500 ca) Musée des Beaux-Arts, Lione (particolare)
5' di lettura
7 Giugno 2022

Nella sua sapienza la Chiesa, attraverso la liturgia di questi mesi, ci sta facendo vivere momenti speciali della vita di Cristo che ci aiutano a dare senso alla nostra fede.
La festa cristiana non è una ricorrenza o un ricordo, ma è un rivivere nell’oggi ciò che celebriamo. Siamo passati attraverso la passione, la morte e risurrezione di Cristo, abbiamo goduto delle sue apparizioni da risorto e vivo, ci ha guidato attraverso il bellissimo messaggio dell’identità vera del discepolo, «da questo vi riconosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri». In questa domenica viviamo con i discepoli l’esperienza dell’Ascensione al cielo. «Poi condusse i suoi fuori verso Betania». Quante volte i discepoli hanno camminato dietro a Lui, che li guidava come un pastore, sulle strade di Palestina. E ora il viaggio riparte, ogni terra straniera è patria, Egli precede i suoi su tutte le strade.

Poi all’immagine del pastore si sovrappone un’altra: e, alzate le mani, li benedisse.
L’ultima immagine che hanno i suoi discepoli è una benedizione. «Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo». Quella benedizione è il suo testamento ultimo, raggiunge ciascuno di noi, non è più terminata. Rimane tra cielo e terra, si stende sulla storia intera, è tracciata sul nostro male di vivere, discende sulle malattie e sulle delusioni, sull’uomo caduto e sulla vittima, ad assicurare che la vita è più forte delle sue ferite.

L’ultimo messaggio di Gesù per ogni discepolo è questo: tu sei benedetto; c’è del bene in te; c’è molto bene in ogni uomo; questo devi annunciare. Una benedizione ha lasciato il Signore, non un giudizio; non una condanna o un lamento ma una parola bella sul mondo. Altro aspetto importante sta racchiuso nelle ultime parole che Gesù dice prima di allontanarsi: «Così sta scritto». Gli eventi rinchiusi in quel «così sta scritto» sono tre, non due come spesso si pensa: la Passione, la Risurrezione, la predicazione a tutte le genti. La missione, dunque, non è ai margini della storia di Cristo e della Chiesa, ma ne fa intimamente parte. Destinatari dell’annuncio sono tutte le genti, dunque l’universalità più ampia possibile. E l’annuncio deve avvenire nel suo nome, cioè deve poggiare sulla sua autorità. Contenuto dell’annuncio è la conversione e il perdono.

Annunciare il perdono dei peccati è proclamare che l’amore di Dio è più grande del nostro peccato. Di questo voi siete testimoni: i discepoli hanno personalmente visto gli eventi di Gesù e sono perciò in grado di testimoniarli.

Il vocabolo «testimone» ha però un significato più ampio: non più soltanto chi ha constatato di persona un fatto, ma anche chi afferma coraggiosamente una cosa in cui crede profondamente, pronto a dirla anche con la vita. La missione di Gesù, affidata ai suoi, presenta quindi due aspetti. Da un lato, è “testimonianza della vita e della vittoria di Gesù”, testimonianza di fatti e parole, dell’amore che ha predicato, del cammino di servizio tracciato fino alla morte. Ma, in secondo luogo, essere testimone di Gesù significa predicare l’ideale di conversione e il perdono dei peccati.

Quello che Gesù aveva indicato durante la sua vita, adesso è realtà per tutto il mondo: la conversione è possibile, c’è per tutti il perdono, la grazia di un cammino, che conduce fino alla meta di Dio, alla verità di un’autentica riconciliazione tra le persone e con Dio stesso.
Con l’ascensione Gesù non si allontana dai suoi, ma rende più ampia la sua presenza nello spazio e nel tempo.

Durante la sua esperienza terrena, viveva in una nazione e in un’epoca, adesso si fa contemporaneo a ogni persona, in qualunque luogo del mondo. Sarebbe un errore pensare che la Chiesa nasce perché Gesù se ne va o perché non ritorna presto, come per riempire un vuoto.
È la presenza gioiosa, e non l’assenza di Gesù risuscitato, ciò che fa possibile la Chiesa.

L’Ascensione non è la memoria di una partenza, non è una fuga da questo mondo, ma da quel “salire in cielo” Gesù è presente ad ogni uomo e ogni donna, in ogni tempo e in ogni luogo; è il compimento della missione di Cristo in mezzo a noi. Ha condiviso tutto della nostra vita: sudore e sangue, fame e sete. Ha preso sulle sue spalle il peso della sofferenza, lo sfregio doloroso del male, la lacerazione del peccato, fino a morire “per amore”.
Ora, però, vive per sempre e ad ognuno di noi offre un cammino che porta verso la pienezza. Guardiamo allora sempre verso il cielo, ma con i piedi e il cuore ben piantati in terra, perché è qui che iniziamo a “costruire il cielo” per ognuno di noi e per i fratelli.

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