Sparire perché rimanga Cristo
Comment al Vangelo di domenica 25 maggio 2025 - VI Domenica di Pasqua - Anno C
di Federico Bandinu
Cristo Pantocratore, Monastero di Santa Caterina, monte Sinai (VI-VII secolo)
4' di lettura
24 Maggio 2025

«Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi». Nel tempo di Pasqua il cristiano riscopre il mistero di Dio, che attraverso lo Spirito Santo è presente e operante nella storia. E allora perché il Signore sembra dimenticarci? Eppure non ci ha abbandonati, è Risorto! È andato al Padre ed Egli lo ha risuscitato perché tornasse a noi, con lo Spirito Santo, avendoci riscattato e permettendo alla nostra umanità piccola di poter essere in comunione con l’immensa divinità del Padre. Il Figlio si è fatto piccolo, divenendo uomo, e ci ha permesso di partecipare alla Vita Vera, che è trasmessa a noi attraverso il dono dello Spirito. Esso compie due azioni: insegna e ricorda. In-segna: segna dentro, lascia una traccia indelebile nell’uomo. Ri-corda: offre nuovamente la vita, ridona vigore al muscolo cardiaco, morto, per un respiro di Vita Nuova. Lascia una traccia nel nostro cuore se entriamo nella dinamica dell’Amore di un Dio che «non ha risparmiato il proprio Figlio» (Rm 8,32) e dona Vita alla nostra esistenza stanca sotto il peso oppressivo della morte e della paura. Lo Spirito Santo permette a Cristo di essere presente in noi. Attraverso il dono dello Spirito Santo Dio abita il cuore dei credenti. Tuttavia ciò non avviene per forza ma “se” – incipit della pericope – amiamo e ascoltiamo il Signore. Amare e prestare ascolto alla Parola, che è Cristo, significa avere fede. Nella fede Dio ci dona, attraverso lo Spirito Santo, la presenza reale di Cristo Risorto. Questo è quello che accade nei sacramenti e si attua nella preghiera della Chiesa. Capiamo allora perché ci promette e dona la pace. «Egli infatti è la nostra pace» (Eb 2,14). Non è una pace mondana fondata su sforzi volontaristici, che basta un nulla per abbatterla, ma su Gesù Risorto, “roccia eterna” (Is 26,4), che tiene salda la casa della nostra vita, dove Dio, se abbiamo fede, vuole abitare. Solo allora non avremo più timore. 

Anche se non riportato dalla lettura liturgica del brano, esso è una risposta alla domanda di Giuda Taddeo: «Signore, com’è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?» (Gv 14,22) Può essere questa la domanda che ci accompagna quando ci confrontiamo con un mondo tanto lontano e tanto sordo alla Parola del Vangelo. Il mondo non riconosce Cristo e non conosce la Pace perché cerca in sé stesso un fondamento che non può trovare. È l’origine di ogni idolatria: cercare in sé stessi ciò che è “Santo” (in ebraico: separato). Non è in-me il principio della Vita (autoreferenzialità) ma è dentro-di-me ma anche altro-da-me (inabitazione trinitaria). «L’inabitazione trinitaria è il massimo a cui si può aspirare in questa vita» (San Giovanni della Croce). La Chiesa, comunità dei discepoli, è un faro che porta al mondo «Cristo Luce delle genti» (LG 1). Tuttavia per essere tale, illuminando il mondo con la luce di Cristo, necessita di essere abitata da Dio; come il faro dalla luce. Come una lanterna ha in sé la luce di una candela così il cristiano dovrebbe far trasparire della luce di Cristo. Il compito di qualsiasi battezzato, e insieme della Chiesa intera, è farsi abitare da Dio, permettendo che Egli, in noi, si manifesti al mondo.  «Cristo non ha mani ha soltanto le nostre mani» (Anonimo fiammingo del XIV secolo). Questa è la vocazione missionaria di tutti i battezzati (Cfr AG 2): «Sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato, spendersi fino in fondo perché a nessuno manchi l’opportunità di conoscerlo e amarlo» (Leone XIV). 


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