Vedere con gli occhi di Dio
Commento al Vangelo di domenica 16 febbraio 2025 - VI Domenica del Tempo Ordinario - Anno C
di Federico Bandinu
Henrik Olrik, Particolare della Pala d’altare della Sankt Matthæus Kirke, Copenhagen
4' di lettura
14 Febbraio 2025

La pericope evangelica domenicale inizia con un cambiamento spaziale: dalla montagna dove pregò e scelse i dodici, alla pianura dove c’erano le folle. Gesù non rimane solo in pianura (rapporto con gli altri) e non rimane solo in montagna (rapporto con Dio). Gesù compie l’uno nell’altro: umanizza il rapporto con Dio e divinizza, con la Sua presenza, il rapporto tra gli uomini. Prima di parlare alza gli occhi al cielo indicando quale sia il punto di partenza e la destinazione. Il testo continua con il discorso inaugurale del Maestro che si compone, nella versione lucana, di quattro beatitudini e quattro ammonizioni. Beati voiGuai a voi. La distinzione tra gli uni (beati) e gli altri (ammoniti) sta nella dipendenza stretta con gli occhi, rivolti verso l’alto, di Gesù. Il Vangelo ci propone un orizzonte in cui, in Cristo, umano e divino si intrecciano per far germogliare la vita nuova.
Possiamo cogliere nella pericope una dimensione escatologica e una morale. Esse non sono indipendenti l’una dall’altra ma si completano. Il cristiano vive (vita morale) con lo sguardo verso il cielo (tensione escatologica). La prima senza la seconda sarebbe impossibile o addirittura folle! Umanamente saremo portati a provare pena di chi è povero, ha fame, piange e manca della libertà, eppure il Maestro ci propone una via di beatitudine che nasce nell’indigenza, nella fame, nel pianto e nella persecuzione. 

Secondo San Paolo VI, il perno attraverso cui si comprende l’esigente prospettiva evangelica, è la Speranza. In un mondo che non sa più ammirare l’orizzonte, ci ritroviamo spesso immersi nella narcolettica dipendenza di gratificazioni. Dobbiamo avere, dobbiamo essere riconosciuti, dobbiamo provare tutto, dobbiamo fare quello che nel momento ci sentiamo… Sotto la bandiera di una pseudo-libertà siamo schiavi di un oggi senza futuro. Viviamo l’ansia frenetica di chi teme che finisca tutto qui. Siamo senza Speranza. 

La sfida che questo Vangelo ci lancia è quella di essere veri profeti: vedere con gli occhi di Dio. Non un Dio magico che esaudisce qualsiasi stimolo momentaneo, ma il Dio che in Gesù si auto-rivela Amore-crocifisso incondizionato per l’uomo. 

Le beatitudini, ancora una volta, mettono l’accento sulla necessità di scoprirsi filialmente dipendenti da Dio. Il povero ha bisogno di un’eredità, l’affamato ha bisogno di nutrirsi, chi piange ha bisogno di sentirsi amato, chi è perseguitato ha bisogno di pace. «Se in lui [cristiano] alberga integra la speranza nella risurrezione e nei beni futuri, tutte le offese, tutte le frustate, tutte le persecuzioni e tutte le altre sofferenze inclusa la crocefissione sono una fonte di orgoglio e di riposo e garanzia dei beni celesti» (Gregorio di Nissa). 

Cristo Risorto è la nostra Speranza. Spesso le strade più facili, sono quelle che ci privano della libertà di essere umani. La discesa è più semplice della salita. D’altra parte la salita, attraverso le vie del Vangelo, ci porta, in compagnia di Gesù, alla beatitudine eterna in cui il povero potrà dire «Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita. Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi, è magnifica la mia eredità» (Sal 16,5-6); l’affamato scoprire che «Egli si dà a voi, non solo perché possiate vederlo, ma anche per essere il vostro cibo e il vostro nutrimento» (Giovanni Crisostomo); chi piange vivere come a Betania l’esperienza della consolazione (CfrGv 11,17-37); chi è perseguitato trovare «la pace che Cristo ci offre» (Ef 2.13).


  • Ascolta il podcast

Condividi
Titolo del podcast in esecuzione
-:--
-:--