«Sorrido e vivo»
di Franco Colomo

7 Febbraio 2022

7' di lettura

La prima cosa che incontri di lei è il sorriso. Prima ancora di sentirla parlare. Sorridono gli occhi dietro agli occhiali, sorride il viso luminoso incorniciato da una selva di ricci, sorride Stefania perché «la vita è bella», dice. Solo dopo ti accorgi del suo deambulatore, è poco più di un dettaglio perché, come lei insegna, una persona innanzitutto è. Poi viene quello che ha. Nel suo caso la compagna di strada è la Sclerosi multipla che le è stata diagnosticata a 19 anni. Oggi che di anni ne ha 45 Stefania Calvisi, nuorese, dipendente del Cup, si racconta con naturalezza. Durante il lockdown ha aperto un blog www.nonsclerosorridoevivo.it. Per capirla meglio bisogna familiarizzare con il suo vocabolario: la malattia è semplicemente “Lei”, mentre i “colleghi” sono le persone che soffrono di Sclerosi multipla. A loro, ma non solo, si rivolge dalle pagine del blog e anche sui suoi canali social diventati una sorta di oasi nella quale dissetarsi di gioia e positività, pur nelle difficoltà. «Il blog – racconta Stefania – è nato dall’idea di un amico, mi vedeva sempre allegra, mi diceva “devi cercare di trasmettere questa positività agli altri”, perché tanti colleghi questa positività purtroppo non ce l’hanno. Dicevo no fino a quando un giorno non mi ha mandato l’immagine della prima pagina già pronta: “Ora dovrai scrivere”, mi disse. Inaspettatamente ho trovato subito tantissime persone che entravano, che mi scrivevano. All’inizio non ero pronta e invece adesso a quasi due anni di distanza sono felicissima. Ho trovato tanti che quando stanno male dicono che aprono la pagina e sorridono, alla fine è ciò che volevo». Ma questo sorriso non è fine a sestesso, non è una maschera, non è finzione. Nasce da un percorso. «Quando mi è stata diagnosticata – racconta – i medici parlavano solo con i miei genitori, per me non esisteva se non la tristezza negli occhi della mia famiglia. Fu un fulmine a ciel sereno, chiesi “quanto mi rimane”, “non si muore” mi risposero. Bene allora, alla morte non c’è rimedio ma il resto si aggiusta, pensai, e ad oggi, dopo 26 anni, non ho ancora cambiato la mia visione». Ma specie nei primi anni è stata molto difficile. Tanti anni duri, perché Lei si è fatta sentire in maniera forte, e le terapie dovevano esserlo altrettanto. All’età di 31 anni i segni hanno iniziato ad essere evidenti, è stato necessario un ricovero e un chemioterapico. «Sono riusciti a scongiurare la sedia a rotelle ma una cura così forte presenta il conto, ho deciso di parlare con uno psicologo e mi si è aperto un mondo». La natura positiva di Stefania prende di nuovo il sopravvento: «Dopo tanti anni ho scoperto come il male si possa combattere con il bene, come un sorriso possa essere più forte di un chemioterapico, come una risata possa fermare il dolore. Oggi piangi, domani ridi – racconta ancora –. Ho conosciuto persone che hanno problemi molto più gravi del mio. Bisogna imparare a conviverci e la forza la trovi in te. Il problema è e che molti non la hanno, e per loro la vita è finita con la diagnosi della malattia. Non dimenticherò mai una ragazza che entrava in ospedale, si copriva e piangeva. Un giorno mi disse, “ho fatto la visita dallo psicologo e gli ho detto che voglio essere come te”. Quando eravamo insieme cercavo di ridere, scherzare, parlare d’altro. Non puoi parlare sempre di Lei, io non mi informo, faccio quello che mi dicono. La vita è troppo importante, Lei non te la toglie. Sono arrivata a pensare questo dopo anni, non è sempre stato così semplice.Devi prendere i tuoi tempi, anche io piango poi mi rialzo perché la vita è altro. Certo chi nonprova le cose personalmente non può capire. Non faccio colpe, però devo dire che questa malattia la ringrazio anche perché mi ha cambiato, ha cambiato il mio modo di essere, di rapportarmi agli altri. Cambi approccio in tutto, nel lavoro, con gli amici e alla fine impari a star bene con te stesso. Credo sia la cosa più importante, se perdi te stesso sei fregato». Di fronte a storie di malattia c’è sempre il rischio della commiserazione, dello sguardo pietoso: «Questo mi infastidisce e no – dice Stefania –, cerco di non fermarmi a vedere te che mi vedi così… Se non riesco a fare una cosa te lo dico io, non me lo devi dire tu. Purtroppo questo l’ho riscontrato in molti familiari che hanno deciso per i loro cari e ora questi sono in una situazione senza stimoli, senza aiuti. Io ho la fortuna di avere un marito che è un santo, sdrammatizza ed è molto importante. Ma la forza prima di tutto deve essere in te. La sensibilità non è da tutti. Chi non capisce pazienza, non ne faccio una colpa né una tragedia». Nei momenti più difficili e dolorosi cosa sostiene Stefania? «Devo essere da sola, non vedere nessuno per elaborare. Succede che mi butti giù però poi quando vedo il mio viso allo specchio dico “devi rinascere”, penso a mio marito, ai miei, “almeno per loro lo devi fare, ti devi alzare” e lo faccio. Non so cosa mi sostenga, il fatto di avere una persona accanto mi dà tanta forza. Con gli anni ho trovato una grande famiglia anche nell’Aism di Nuoro di cui sono socia e che frequento con regolarità». Il tempo della pandemia non è stato semplice, «perché si è bloccato tutto, niente visite né controlli. Io non sono una che va in ospedale alla prima avvisaglia, ci vado se sto male. Ho imparato a gestirmi, dopo quasi 30 anni, ma è stato difficile. Ultimamente sono stata male, farò una risonanza ma tra un mese. Prima avevamo le risonanze dedicate, era importante essere tempestivi, se passa tanto tempo è impossibile che si veda qualcosa. Mi rifiuto di andare a pagamento, non vado fuori se non per mia scelta. Dovrebbe essere così per tutti». Intanto è arrivata la terapia parallela della scrittura: «Quando scrivo sono contenta, mi piace e ho trovato un grande aiuto». E il riscontro è più che positivo, anche oltre i confini dell’Isola. Quando alla fine del nostro incontro chiediamo a Stefania se sia felice lei risponde: «Sì, sono felice. Non ho mai pensato “perché a me”. Ognuno ha il suo dolore, il mio non è più grave del tuo che combatti. Non ho mai detto né pensato “ho più di te”. Il discorso è come lo affronti. Oggi posso dire di avere tutto: un marito, una famiglia, gli amici, un lavoro, la casa. Godi di ciò che hai e vivi al meglio con ciò che hai e capirai che vivi bene. Faccio tutto quello che fai tu – conclude – lo riadatto, certo non vado a ballare ma non fa niente. Ciò che voglio fare lo faccio, ciò che mi metto in testa di fare lo faccio quindi va bene così». Sorride Stefania. La vita è bella. © riproduzione riservata

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