Dati societari
L’Ortobene
Piazza Vittorio Emanuele 8
08100 Nuoro
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Autorizzazione del Tribunale
di Nuoro n. 35/2017 V.G.
CRON. 107/2017 del 27/01/2017
C.F. 93003930919
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Direttore Responsabile:
Francesco Mariani

Come pellegrini abbiamo percorso, in quest’anno giubilare, il cammino verso «Gesù Cristo nostra Speranza» (1Tm 1,1). In quest’ultima domenica il nostro incedere arriva alla sua meta: «La passione di Cristo [che] contiene il mistero della nostra salvezza» (Leone Magno). In tale unico evento salvifico sono presentate, attraverso il corpo crocifisso e sofferente di Cristo, le effigi regali del nostro Salvatore. La vittoria della Vita Vera fiorisce nel camposanto della nostra esistenza; dalle nostre morti e peccati, unite alla morte di Cristo, sgorga la Vita Nuova. «Adamo cadde a causa del legno, tu sarai introdotto in Paradiso per mezzo del legno» (Cirillo di Gerusalemme). Davanti a tale regalità possiamo avere un duplice atteggiamento: quello del mondo, incapace di comprendere la potenza salvifica della Vita offerta gratuitamente per Amore, che, con i soldati, deride una scelta rivoluzionaria e paradossale e con il primo ladrone si dispera e soccombe al peso della sofferenza e della sfiducia; oppure l’atteggiamento del malfattore pentito il quale riconosce che «la Vita è stare con Cristo, perché dov’è Cristo là è il Regno» (Ambrogio). Il pellegrinaggio della Vita dovrebbe portarci a riconoscere che è essenziale solo stare con Cristo per partecipare con Lui alla sua eredità perché «se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con Lui» (Rm 6,8). La scelta fondamentale per la nostra vita è camminare con Lui. «Il buon ladrone è sulla croce come Gesù, ma soprattutto è sulla croce con Gesù» (Benedetto XVI).
Proclamare e festeggiare la regalità del nostro Redentore è abbandonarsi, nella fede, alla Sua provvidente presenza accanto ad ogni nostro debole passo. All’uomo riconoscerne la regalità nella quotidianità delle scelte; soprattutto quelle che, come avvenuto per i due ladroni, scaturiscono dalle membra inchiodate – sofferenti – alle croci. La croce oggetto della maledizione (Cfr Dt 21,23) è il peccato: il dimenticarci la nostra natura o sentendoci dei o considerandoci spazzatura dimenticata, l’incapacità di accogliere o dare amore; il non ricordare che siamo creature (AT) redente (NT). Cristo ha trasformato la Croce «da mezzo di morte a strumento di vita, insegnandoci che niente può separarci da Lui e che la Sua carità è più grande del nostro stesso peccato» (Leone XIV). Sin dalle origini la fede della Chiesa proclama che: «La Sua azione aveva tolto la maledizione che era su di noi. Noi siamo benedetti con Lui e grazie a Lui» (Cirillo di Alessandria). Solo in questa adesione comprendiamo il trionfalismo di tale solennità; stando con Lui scopriamo che «La Croce di Cristo è la chiave del Paradiso, la Croce di Cristo ha aperto il Paradiso» (Girolamo). Egli dischiudendo le porte del Paradiso al buon ladrone consente l’accesso ad ogni peccatore pentito che, desideroso della comunione con Cristo, si sottomette alla sua «salvatrice potestà» (Giovanni Paolo II) manifestata nell’offerta della Croce e perpetuata a noi, per mezzo dello Spirito Santo, nell’Eucarestia e nei sacramenti della Chiesa. «Gesù è divenuto il Re dei secoli, il Signore della storia: con la sola onnipotenza dell’amore, che è la natura di Dio, la sua stessa vita, che non avrà mai fine» (Francesco). La morte in Croce di Gesù porta con sé una promessa per ciascuno che, riconoscendosi umilmente fragile e mancante, trova in Cristo «la Via e la Verità e la Vita» (Gv 14,6). Il pellegrinaggio finisce? No, ogni giorno camminiamo con Cristo, in Cristo e verso «Gesù Cristo, nostra comune speranza» (Ignazio di Antiochia) nelle strade tortuose o piane della vita.